“Il dubbio”, premiato alla Mostra di Venezia 2017, rivela Vahid Jalilvand, 42enne regista iraniano che va aggiungersi all’ormai nutrita pattuglia di valenti cineasti concittadini guidata da Kiarostami e Farhadi. Un medico investe un bambino, che muore il giorno dopo, all’apparenza per altre cause: ma il rovello interiore del dottore lo indurrà a riaprire il caso, arrivando infine ad auto-accusarsi del decesso
Con il film Il dubbio – Un caso di coscienza il regista Vahid Jalilvand, si inserisce nella tradizione iraniana di cinema d’essai (accanto a registi come Abbas Kiarostami, Asghar Farhadi e altri) raccontando una storia in cui un fatto apparentemente privo di importanza innesca una catena devastante di eventi. Nei primi secondi del film lo spettatore viene catapultato nell’avvenimento cardine della vicenda: siamo in una strada periferica di Teheran, di notte e un brusco incidente coinvolge una moto, su cui viaggia un’intera famiglia. Il distinto medico Kaveh Naviman (Amir Aghaee) che è alla guida della sua auto, dopo aver prestato i primi soccorsi invita il padre a portare il ragazzino di otto 8 anni, l’unico rimasto leggermente ferito, all’ospedale più vicino per un controllo. Il padre del bambino (Navid Mohammadzadeh) però rifiuta l’offerta, accettando soltanto del denaro per i danni derivanti alla moto dallo scontro.
Pochi giorni dopo, nell’obitorio nel quale lavora come patologo legale, il dottore si trova di fronte proprio al corpo di quel bambino. L’autopsia, eseguita dalla compagna di Kaveh (Hediyeh Tehrani,) ha stabilito che la causa della morte sia da imputare al botulino, ma il dubbio che l’incidente possa in qualche modo essere tra le cause del decesso tormenta il medico fino a spingerlo a confessare i suoi sensi di colpa, prima a sua moglie, poi al padre del bambino, infine in un’audizione presso il tribunale che potrà portarlo anche a un’incriminazione.
Ma anche il padre del piccolo si sente responsabile di questa morte per aver forse dato da mangiare al figlio carne di pollo avariata, acquistata in una fabbrica che pratica sconti talmente alti da risultare sospetti. La sua furiosa visita alla fabbrica di polli, e il confronto violento con l’uomo che glieli ha venduti, il quale avrà la peggio morendo però forse accidentalmente, si trasforma in una delle scene più drammatiche ed efficaci del film.
Già documentarista ed attore, il 42enne Vahid Jalilvand, nato a Teheran, ha lavorato anche al montaggio, serrato e chirurgico, che rende il film ancora più teso. Questa è la sua seconda opera dopo Un mercoledì di maggio (2015) dove la qualità morale di un uomo e i dubbi di coscienza, al centro anche di questo film, risultavano avere un peso specifico come tematiche care al regista, oltre al tema del confronto, a volte del conflitto, tra classi sociali ed economiche lontane, qui rappresentate dal medico benestante e dal povero padre costretto a far rischiare la vita alla famiglia pur di darle da mangiare.
Il dubbio, che è valso a Jalilvand il premio Orizzonti per la miglior regia all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, si compone di eleganti immagini prevalentemente in bianco e nero, in cui alcuni elementi particolari sono evidenziati da deboli tracce di colore. I set e le location, curati da Mohsen Nasrollahi, abbinati al sottile commento musicale di Peyman Yazdanian, sono un perfetto palcoscenico per un dramma che è psicologico e interiore, ma ben ancorato anche alla realtà sociale iraniana.
Il dubbio – Un caso di coscienza, di Vahid Jalilvand, con Amir Aghaee, Navid Mohammadzadeh, Hediyeh Tehrani, Zakieh Behbahani, Saeed Dakh, Alireza Ostadi