Il Gabbiano di Čechov rivive al teatro Litta nella messinscena di Antonio Sixty, che accentua i rapporti del dramma alla nostra contemporaneità
≪Il mio Gabbiano è tutto il contrario delle ambientazioni strehleriane a cui siamo abituati dal Giardino dei Ciliegi. Il mio Čechov non è rarefatto o impalpabile. È brutale≫.
Antonio Syxty in scena al teatro Litta presenta il suo nuovo lavoro: una messa in scena di Čechov non Čechoviana.
La scena è spoglia, le sedie punteggiano l’ambiente bianco, e appeso a mo’ di vela un tulle su cui sono proiettate le sagome capovolte degli attori. ≪Il mondo di Kostia è un mondo al contrario≫ spiega Syxty ≪Dove tutto è sbagliato e il sogno è costantemente soffocato dalla grettezza≫. Le ombre, allora, altro non sono che riflessi, proiezioni che i personaggi fanno di loro stessi nel testo che per eccellenza riflette sulla dicotomia lacerante del teatro e della vita.
Ne Il Gabbiano si sfiorano e collidono il mondo degli adulti, e il mondo dei ragazzi: uno scontro generazionale dove tutti sono feriti e tutti hanno qualcosa da riscuotere dalla vita. ≪Tutti i personaggi sono fortemente egoisti e infantili, ma non hanno colpa della loro esistenza, tutti, di fatto si sono trovati a vivere una vita che non hanno voluto≫.
Lo stesso scrittore, Guglielmo Menconi, irrestitibile Trigorin vestito come Micheal Stype confessa alla sua Nina, Caterina Bajetta, nei suoi abiti leggeri, di essere poco più che un fallito: a lui piace pescare. Poco gli importa del suo mestiere di scrittore. Insomma un intellettuale postmoderno che ha già fatto la sua recusatio e si è adagiato tra le braccia di Arkadina, Valentina Capone, madre esaurita, amante devota.
Nella costellazione dei fallimenti si muove anche Kostia, – Livio Remuzzi, nella prima parte il più debole fra gli attori – ossessionato dalla ricerca di nuove forme per il suo mediocre teatro. ≪Il palcoscenico che Kostia vuole è privo di orpelli e si apre sull’orizzonte≫, commenta Syxty. Ma al giovane neanche questo basta: egli è ≪un estremista, destinato però a iscriversi dentro una maquette: prigioniero della forma che rigetta≫.
Per tutto lo spettacolo i temi dei maledetti shakespeariani sono sottesi alla vita dei personaggi: non più solo incastrati nel dramma borghese, ma eroi e antieroi di loro stessi a un tempo. E poi la bruciante contemporaneità dei protagonisti: newyorkesi o milanesi stanchi, dove anche le anime pure sono costrette ad affrontare lo spettro dell’insuccesso. Quando uno scrittore compone un destino.
Il gabbiano, regia di Antonio Syxty, al teatro Litta fino al 22 febbraio