Il regista haitiano Raoul Peck (“I’m Not Your Negro”) firma un ritratto storico documentato, ma non ingessato e a tratti divertente, degli anni che portarono i due teorici delle lotte operaie a guidare il movimento popolare europeo fino alla pubblicazione nel 1848 del “Manifesto del Partito Comunista”. Nel cast August Diehl (“Bastardi senza gloria”) e Vicky Krips, la brava protagonista di “Il filo nascosto”
Una doppia ispirazione anima Il giovane Karl Marx, progetto assai complesso che ha impegnato a lungo il regista e sceneggiatore haitiano, ma da molti anni cittadino parigino Raoul Peck, autore anni fa di un bel ritratto del leader storico congolese Patrick Lumumba, e che lo scorso anno è arrivato alla nomination all’Oscar per il miglior documentario grazie a I’m not your negro, ricognizione ricca e colta sul pensiero politico e sociale nero, da Malcolm X a Martin Luther King, realizzata sulla base dell’importante pamphlet dello scrittore James Baldwin Remember this house.
Stavolta l’idea di fondo era dar voce e vita alle fondamentali idee filosofiche, politiche ed economiche di uno dei massimi teorici della società degli ultimi due secoli, che ha sempre legato la sua elaborazione all’attuazione pratica, a volte perfino immediata, delle sue ipotesi. E tutto questo riuscendo a conservare al tempo stesso la forza del personaggio Marx nei suoi aspetti relazionali e collettivi, a partire dalla straordinaria amicizia con Friedrich Engels (nel film lo interpreta Stefan Konarske), che diventerà quasi da subito il suo inseparabile compagno di elaborazioni e lotte, e in quelli più intimi, innanzitutto il legame con la moglie Jenny (Vicky Krips, la bravissima protagonista, accanto a Daniel Day Lewis di Il filo nascosto) in molti modi attiva e partecipe delle sue battaglie. Comprese quelle contro la fame e le persecuzioni delle polizie di mezza Europa. Del Marx padre poco si parla perché il film, che copre appena sei anni di Storia e di storie individuali, termina con i moti europei del 1848, come è noto accompagnati e ispirati anche dalla pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista. Karl aveva allora appena 29 anni.
In un mondo che affronta continue crisi finanziarie e rivolgimenti sociali, in cui paesi immensi come Cina e India faticosamente stanno uscendo da millenarie povertà mentre fasce sempre più vaste di popolazione, nelle nazioni i più ricche, scivolano ai limiti della sopravvivenza (in Italia siamo intorno al 10%), l’interesse, la popolarità di Marx, a duecento anni esatti dalla sua nascita, sono cresciuti moltissimo: riviste come Time, Newsweek, Financial Times, Der Spiegel ne hanno di recente fatto il loro personaggio di copertina, nel 1999 un sondaggio della BBC lo ha collocato in vetta a una classifica dei pensatori più importanti e influenti del 800-900, con Albert Einstein al secondo posto, e nel 2014, l’economista francese Thomas Piketty ha venduto mezzo milioni di copie solo negli Usa del suo Il Capitale nel XXI secolo, rianalizzando le teorie di Karl Marx.
A fronte di un personaggio di questa portata, la prima domanda che Peck e il suo sceneggiatore Pascal Bonitzer si sono posti è stata come trasformarli in protagonisti accettabili di un film: “Abbiamo deciso di ritrarre il giovane Karl Marx, di rappresentare la “sorgente” di tutta la sua opera monumentale. E l’amicizia con l’altrettanto giovane Friedrich Engels. Volevamo che il linguaggio filmico fosse dinamico e fresco, come i suoi protagonisti, un ritratto storico e una riflessione, lontana da polemiche e ideologie, sul reale contributo politico e scientifico apportato da questi personaggi, le cui capacità analitiche, aspirazioni umanistiche e preoccupazioni per la distribuzione della ricchezza, il lavoro minorile, l’uguaglianza tra uomini e donne, sono fonte d’ispirazione per affrontare anche i problemi attuali nel mondo. Prima di compiere trent’anni, Marx e Engels avevano già rivoluzionato il mondo in cui vivevano, e in sintesi il film parla di due temi: la giovinezza e il potere rivoluzionario delle idee”.
Marx (interpretato da August Diehl, già visto in Bastardi senza gloria e Operazione Bernhard, Oscar al miglior film straniero 2008, e fresco protagonista di Redegung, il nuovo film di Terrence Malick) era figlio di un avvocato illuminista ebreo e della futura zia (nemesi storica!) di due dei fondatori della Philips: incontrò Engels, figlio di un industriale di Manchester, che aveva appreso lavorando da contabile nella fabbrica di famiglia la spietatezza del nascente capitalismo tessile inglese, nel suo esilio francese segnato dalla frequentazione con un gran numero di altri pensatori socialisti, primo fra tutti e più importante l‘utopista Pierre-Joseph Proudhon, ma anche l’anarchico Mikail Bakunin. Fra questi ultimi e la coppia dei due giovani materialisti, che all’afflato umanitario e di redenzione morale di molte teorie rivoluzionarie del tempo volevano abbinare lo studio della concretezza dei meccanismi di funzionamento del nascente capitalismo europeo, fu subito scontro di idee e di pratiche. Un conflitto che durerà anni e si concluderà, almeno parzialmente, con la trasformazione della storica e gloriosa Lega dei Giusti in Lega dei Comunisti, in un congresso, vinto soprattutto grazie alla determinazione di Engels, che sancirà il superamento dello slogan generalista “Tutti gli uomini sono fratelli” in favore del ben più mirato “Proletari di tutto il mondo, unitevi”.
Nel raccontare tutto questo Il giovane Karl Marx si propone come un docufiction classico, ispirato a fatti e personaggi veri, raccontati al 90% sulla base delle loro azioni, scontri, spostamenti, relazioni, con quella percentuale accettabile di fiction che consente di evitare l’effetto bigino scolastico. Prima di tutto, comunque, Peck ne fa la storia di un’amicizia tra due scavezzacollo inclini alla bevuta e alla risata, che rivoltarono il mondo. Ma che curiosamente, forse per l’anti-comunismo imperante per anni nella società americana, e in versione più ridotta anche a Hollywood, in più di un secolo di cinema quasi mai hanno avuto un posto di rilievo sullo schermo, tra fiction e documentari, eccezion fatta per due film del tedesco Alexander Kluge e del sovietico Grigorij Roshal.
Marx e Engels sono qui trasfigurati nel Giano Bifronte della sinistra: da una parte la faccia creativa, passionale, bohémienne, dall’altra quella solidamente borghese, oggi diremmo radical chic, che finanzia e sostiene la prima condividendone le idee e le pratiche. Quella raccontata in Il giovane Karl Marx è comunque un’epoca in cui fare politica non era una carriera ma un percorso fatto di slancio e passione, ricerca di risposte a domande urgenti, elaborazione di ideali necessari. E chi vi si dedicava anima e corpo rischiava la vita e la galera, la povertà o la solitudine. Una politica che è davvero discorso della polis, della comunità, ma anche un sistema di pensiero che inizia a ragionare sulle classi sociali e non su un generico riferimento agli esseri umani: e in cui gioca un ruolo chiave quell’internazionalismo che è pure il motore di questo film, frutto del lavoro collettivo di haitiani, francesi, tedeschi, belgi, inglesi in una co-produzione che diventa cooperazione. Un ambito ideale per esaltare, fra l’altro, la dialettica tra le lingue allora “in lotta” per il predominio d’Europa, per esempio il forbito tedesco di Jenny, la moglie aristocratica e libertaria di Marx e lo slang britannico/ irlandese di Mary Burns, l’irriverente e “spiritosa compagna di vita di Engels, che nel film ha il volto convincente di Hannah Steele.
Peck si permette in chiusura una fuga in avanti nel tempo, sulle meravigliose note di Like a Rolling Stone di Bob Dylan, allineando in un rapido montaggio un resoconto di due secoli di lotte contro l’oppressione del capitalismo e di disfacimenti della società. Per ricordare che finché lo stato delle cose sarà quello esistente, oggi come a metà Ottocento, non si potrà far a meno della filosofia marxiana. E questo nonostante gli insuccessi di molti stati che su quelle basi hanno costruito nel Novecento nuovi sistemi di governo e gestione della società.
Il giovane Karl Marx, di Raoul Peck, con August Diehl, Stefan Konarske, Vicky Krips, Hannah Steele, Olivier Gourmet, Eric Godon, Rolf Kanies, Stephen Hogan, Niels-Bruno Schmidt, Ulrich Brandhoff, Denis Lyons