è ispirato a una storia vera il film di Sèrgio Machado, che racconta la parabola professionale ed esistenziale del solista Laerte: malamente finita la sua carriera nell’Orchestra di San Paolo, si mette a insegnare musica in una scuola superiore nei bassifondi Heliopolis, tra studenti con problemi di droga, bande dilaganti e famiglie impoverite. Il difficile incontro gli regalerà però una lezione di vita. Un bel film che parte in salita ma conquista una sua aspra verità, lontano da melodramma e pietismo
I racconti di insegnanti ispiratori sono da sempre un punto di riferimento cinematografico e Il maestro di violino percorre questo sentiero già ben tracciato, e riesce a farlo con smalto e sincerità. Ispirato alla vera storia dell’Istituto Baccarelli e alla commedia Acorda Brasil di Antonio Ermirio de Moraes, la pellicola si concentra su Laerte (Làzaro Ramos), violinista in difficoltà. Dopo una disastrosa audizione per l’orchestra di San Paolo, che ha fatto derargliare la sua carriera, è costretto dalle proprie condizioni economiche a tenere un corso di musica in una scuola superiore dei bassifondi di Heliòpolis, in Brasile. Le prime lezioni di Laerte si svolgono all’aperto, in un campo da basket e l’impegno degli studenti per la musica è compromesso dalle congiunture delle famiglie, dal richiamo delle bande locali e da una serie di problemi quali la droga, la povertà o una gravidanza in età adolescenziale.
Il protagonista è inizialmente soprannominato “Obama Jr” dai suoi allievi e non fa nulla per mascherare il giudizio frettoloso su di loro, ma poi diventa un personaggio più caldo e comprensivo grazie agli stessi studenti, che riescono a risvegliare la sua umanità. Vincere su degli allievi apatici non è abbastanza: Laerte si ritrova a confrontarsi con i propri limiti come musicista e persino a negoziare con un boss criminale, quando alcuni studenti prendono alcune decisioni sbagliate.
Sappiamo come va questo genere di film, e lo sa anche il regista Sèrgio Machado, che si accontenta di seguire le battute richieste per la maggior parte della prima ora, mentre Ramos fa del proprio meglio per renderci partecipi dei conflitti e della frustazione del suo personaggio. Così per la prima metà “Il maestro di violino” sembra scontato come il suo titolo, ma poi Machado ci ricorda che siamo nel Brasile attuale e non in un film della Disney: e la location fa la differenza. Le tensioni tra la polizia e i cittadini di Heliòpolis esplodono, spingendo la prefabbricata parte narrativa in direzione di uno sviluppo di reale immediatezza e dolore. La pellicola riesce così a eludere con arguzia la facile trappola di un banale melodramma, del sentimentalismo strappalacrime, a favore di un’emozione onesta e di uno storytelling ben confezionato e coinvolgente.
Il maestro di violino è un film di contrasti, nel quale Laerte scambia il sognato universo delle sale da concerto e dei privilegi con un territorio pieno di criminalità e povertà. Il suo viaggio quotidiano verso la scuola attraversa i due mondi di San Paolo che raramente si incontrano, ma il cineasta riesce a catturare alcune immagini elegantemente attraenti delle “due città”. I problemi sociali di Heliòpolis o il modo in cui la morte si annida in ogni ombra delle favelas non viene addolcito, però il messaggio di fondo del film risulta positivo: il potere della musica e della cultura può essere una spinta emotiva al cambiamento, anche nelle situazioni più estreme.
La brillante interpretazione di Làzaro Ramos è in perfetta sintonia con lo spirito di un film che spicca per la capacità di rapprentare l’universalità dell’espressione umana attraverso la musica, che continua a prosperare e sopravvivere nonostante la tossica umanità che la circonda.
Il maestro di violino, di Sérgio Machado, con Graca Andrade, Lázaro Ramos, Kaique de Jesus, Elzio Vieira, Sandra Corveloni, Fernanda de Freitas.