La vita dolceamara di Cluzet, un medico che ama i pazienti e la campagna

In Cinema

Thomas Lilti, che il dottore di base l’ha fatto davvero, gira una delicata storia di eroismo quotidiano. In cui il generoso protagonista, gravemente malato, deve accettare accanto a sè un’assistente inesperta e orgogliosa. Ma piena di ottime intenzioni. Con lei girerà fattorie e contrade fangose, scoprendo che può regalare anche ad altri il suo umanissimo “metodo” di cura. E forse qualche sentimento in più

Chi vive in città, oggi tende spesso ad aver un’immagine romantica della campagna, un luogo dove regnano pace e armonia. Tale visione, tuttavia, trascura tutte le difficoltà che questa vita comporta, soprattutto per chi non vi è nato. È questo uno dei principali argomenti trattati da Il medico di campagna, l’ultimo film di Thomas Lilti. Jean-Pierre Werner (Francois Cluzet), medico molto legato al paese rurale in cui vive, dà sempre il massimo per i suoi pazienti; questo fino al giorno in cui gli viene diagnosticato un tumore, dal quale ha poche possibilità di guarire. A seguito di ciò, un amico dall’ospedale dalla città gli manda una assistente, Nathalie Delezia (Marianne Denicourt), che all’inizio fa molto fatica ad abituarsi allo stile di vita della campagna. Jean-Pierre, da principio molto rigido nei suoi confronti, comincerà gradualmente ad aprirsi e a instaurare con lei un rapporto che va oltre quello professionale.

Trovandosi in un piccolo paese, Nathalie entra a contatto con un mondo pieno di sfaccettature per lei inedite, e si deve confrontare con tante persone diverse, ognuna coi suoi problemi: come l’anziano Sorlin (Guy Faucher), che Werner non vuole far ricoverare per paura che muoia solo e senza i suoi cari intorno; o come la giovane Ninon (Margaux Fabre), che vorrebbe avere un bambino ma non riesce ad averlo a causa di problemi di cui non riesce a parlare; o come il buon Alexis (Yohann Goetzmann), ragazzo con problemi psichici ma dotato di una grande memoria. In tutti questi casi, Nathalie imparerà da Werner che la prima regola per capire il problema è ascoltare il paziente: un’idea che, in Italia, è stata sostenuta più volte da scienziati importanti, come Maria Montessori e Umberto Veronesi.

Altro tema forte del film è il rapporto tra uomo e natura: abituato a vedere ogni giorno persone che soffrono, Werner si è convinto che la natura in fondo è crudele, e il compito del medico è “aggiustarne gli errori”. Forse anche per questo, egli rimane comunque legato alla sua comunità, nella quale è stimato da tutti.

Francois Cluzet si alza con successo dalla sedia a rotelle che usava in Quasi amici per ritrovarsi malato di cancro, ma appare sempre in forma come attore (e pure come medico). E anche Marianne Denicourt, che in qualche modo potremmo vedere come una “sostituta” del badante Omar Sy, dimostra di essere all’altezza della parte. In ogni scena del film è sempre presente almeno uno dei due: quasi volessero invitarci a esplorare con loro questo microcosmo.

La trama di Il medico di campagna, a prima vista, ha la struttura di tante commedie già viste, con la tensione iniziale tra i due protagonisti che lascia il posto a un progressivo miglioramento di rapporti, seguito da un evento inaspettato che li fa litigare, ma dopo il quale si riavvicinano. Tuttavia, nel film c’è molto più; infatti, il regista/sceneggiatore Thomas Lilti, ha una carriera come medico di base alle spalle, e riesce a delineare con successo le difficoltà che deve affrontare chi fa questo mestiere, alternando scene tristi e battute divertenti. Come se l’umorismo fosse una specie di miele utile per addolcire una medicina amara.

Il medico di campagna, di Thomas Lilti, con Francois Cluzet, Marianne Denicourt, Guy Faucher, Margaux Fabre, Yohann Goetzmann

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