È uscito “The Main Thing”, quinto album dei Real Estate, la band indie pop originaria del New jersey. Linee di basso arrotondate, leggerezza delle melodie vocali. Una musica piacevole e rilassante, perfetta in questi giorni inquieti
I Real Estate, la band originaria di Ridgewood, cittadina del New Jersey, capitanata da Martin Courtney e composta da Alex Bleeker al basso, Jackson Pollis alla batteria, Matt Kalman alle tastiere e Julian Lynch alla chitarra, puntano su un disco nuovo: The Main Thing.
Già nel 2009 col cd d’esordio, (titolo: Real Estate), il quintetto suscitò un’ondata di recensioni entusiastiche da parte delle riviste di settore oltreoceano e non solo.
A distanza di 10 anni abbondanti il gruppo, che intanto ha attraversato il Lincoln tunnel e si è stanziato a Brooklyn, è diventato una delle band di riferimento del pop psichedelico post 2000.
Con l’entrata nella seconda decade del millennio i Real Estate danno alla luce il quinto disco, The Main Thing prodotto da Kevin Macmahon (My Brightest Diamond, Titus Andronicus, The Walkmen).
Bastano pochi ascolti per capire che l’album è uno dei loro lavori più compiuti. Contiene alcune delle loro canzoni più belle. Dopo vari cambi di line-up (inclusa la partenza del fedele chitarrista Matt Mondanile nel 2016), i cinque hanno sperimentato ruoli diversi e, per la prima volta, hanno collaborato con un musicista esterno, Sylvan Esso.
Le linee di basso arrotondate che si intrecciano a quelle aggraziate delle chitarre e alla leggerezza delle melodie vocali rendono il disco azzeccato non solo nel timing di uscita.
The Main Thing ha un’atmosfera da jam band. Lo scambio tra i musicisti li fa sembrare più un ensemble che una band indie rock. La traccia del titolo — con i suoi vuoti e pieni sonori e il piccolo brano di chitarra ispirato alla jazz fusion — si concentra sugli assoli, piuttosto che fondersi in armonie nebulose e poco comprensibili.
Nell’intero lavoro troviamo una sottile linea malinconica. E si avverte una forte volontà di migliorarsi come singoli e come parti di una comunità.
Un lavoro di levigatura e sovrapposizione delle linee melodiche. Nonostante nuove collaborazioni e una ricca schiera di strumenti aggiuntivi, i loro schemi di base – accordi aperti, voce cadenzata – pongono The Main Thing in un contesto familiare e riconoscibile dello stile stesso della band.
Personalmente apprezzo questa identità di band difficile da trovare oggi, che però si associa a una costante evoluzione compositiva ed espressiva.
I momenti memorabili arrivano con il folle e delizioso accompagnamento di piano in November, i violini pizzicati che si trasformano in un crescendo in Falling Down, i ritmi di batteria programmati che fondono l’outro di Sting in Silent World. La band manifesta l’intenzione di lasciare un’impronta, di far sentire necessario il nuovo disco.
I quattro ascolti consigliati sono Friday (con un inizio sognante che ricorda Moon Safari degli Air), Silent World, Also a But e November.
Un disco da ascoltare e riascoltare evocando o facendo una passeggiata all’aperto.
Immagine d copertina © Jake Michaels