Il graphic novel “Il porto proibito” si apre col buio, il buio di una morte. Un ragazzino sprofonda dentro le acque e viene dal mare risputato. Perché ogni morte è, in fondo, una rinascita.
Ebbene, signori,
vi dico come si diceva un tempo ai pellegrini:
sciogliete i calzari e deponete il bordone.
Siete arrivati alla meta.
Da anni aspettavo qua gente come voi
Per far vivere altri fantasmi che ho in mente.
LUIGI PIRANDELLO, I giganti della montagna
È con questa citazione che inizia la graphic novel di Teresa Radice e Stefano Turconi: Il porto proibito, citazione che sembra l’invito della stessa Teresa Radice a seguirla dentro la storia che ha covato per anni e che ha infine creato grazie alle immagini del compagno Stefano Turconi.
Il libro pensato, scritto e disegnato tra Portsmouth, Plymouth, Chatam e la Casa senza Nord tra il 2013 e il 2015, edito da Bao edizioni, è un bel tomo blu che nell’aspetto ricorda un diario di bordo, con un’immagine centrale incastonata in una cornice in rilievo. Traccia con disegni delicati e intensi la storia del naufrago Abel, ritrovato senza memoria sulla riva di una spiaggia e del suo percorso fra porti e mari profondi alla ricerca della propria identità.
Come descrivere la bellezza di questo libro?
Ho tentato fin qui di mantenere un tono distaccato e preciso. Ma non ci riesco. Perché questo libro, semplicemente, è entusiasmante. Ha il sapore dei grandi romanzi dell’Ottocento e io vi consiglio di comprarlo, di accarezzarne la copertina e di aprirla religiosamente. Vi accoglierà una mappa, che non vi servirà a nulla, perché nel mare ognuno deve trovare i propri riferimenti. O, forse, abbandonarli. La matita di Stefano Turconi, già noto alla Disney e la fantasia di Teresa Radice, che abbiamo trovato anche in “Viola Giramondo” sono pronte.
Il libro si apre col buio, il buio di una morte. Un ragazzino sprofonda dentro le acque e viene dal mare risputato. Perché ogni morte è, in fondo, una rinascita.
Lo scorgerà il primo ufficiale William Rogers che lo porterà sulla sua nave ma, preparatevi, perché il vascello sta per salpare. L’arrivo è già una partenza e ogni viaggio in mare non è tale senza i pirati.
Da dove viene Abel?, ci chiediamo. Perché il capitano della nave su cui è stato accolto è fuggito dopo essersi comportato in modo infame? È davvero innocente e di ritorno come credono le sue figlie? E perché Abel è in grado di scorgere un isolotto che nessun altro vede?
Sarà l’amicizia con una romantica prostituta amante della poesia a fornirgli nuove domande che lo traghetteranno verso una nuova partenza. Abel è determinato a sapere. Anche se è difficile lasciare gli affetti appena nati, un’altra nave lo aspetta in mezzo ad altri pericoli.
In questo libro, di cui non vi voglio rivelare di più, se per non raccomandarvi alla ricchezza dei personaggi (dalle ragazze della locanda all’enorme e tenero capitano McLeod, alla rossa, elegante Rebecca) e alla moltitudine dei luoghi, permeati dal mistero e dalla nostalgia, ogni cosa è collegata da un filo e si dipana da un evento all’altro, come accade nella vita. In effetti, questo libro è un’esperienza multisensoriale. Leggetelo ascoltando le musiche che vi si citano, dai canti marinareschi ai concerti per violino di Mozart e scioglietevi nelle poesie che aprono i capitoli (qui sono Atti, come in una rappresentazione teatrale) di Lord Byron, Edgar Lee Masters, Antonia Pozzi e di Stevenson. E quando avrete finito di leggere, ascoltate il libro come una canzone, osservatelo come un disegno e poi rileggetelo. Perché ogni fine è un inizio e ogni storia non resta mai identica a se stessa.