L’ottimo documentarista polacco Martin Koszalka esordisce nel film di finzione con “Il ragno rosso”, ambientato in una cupa Cracovia anni ’60. Dove un giovane e promettente sportivo si fa sedurre dalle imprese criminali di un “ordinario” assassino, finendo per essere incolpato dei suoi delitti. Un noir efficace e complesso che arricchisce la carriera di Koszalka, attratto spesso da personaggi “neri”
Il 46enne regista polacco Marcin Koszalka, autore di un gran numero di documentari di eco internazionale, dall’esordio nel 1999 con Such a Nice Boy I Gave Birth to al recente The Lust Killer, esordisce ora in una pellicola di finzione Il ragno rosso, presentato in concorso alla 27esima edizione del Trieste Film Festival. Thriller psicologico, ricco e un po’ ostico per la complessità dei personaggi, conferma l’ossessione noir del regista, già conclamata nei precedenti lavori in cui tratta tematiche quali morte e omicidi, ambientandole a volte anche in obitori e crematori. E in questo caso il cinema ha assolto una sorta di funzione terapeutica per l’autore, che sublima il suo macabro interesse nella creazione del giovane protagonista.
Cracovia 1967, un serial killer chiamato red spider dalla polizia e dai giornali si aggira nelle strade della città uccidendo indisturbato con un semplice martello, arnese di uso quotidiano. Karol Kremer (Filip Plawiak), figlio di un medico e destinato ad intraprendere il mestiere paterno, è un giovane tuffatore di livello agonistico che fa parte di una squadra militare. Durante una fiera cittadina trova per caso il cadavere di un giovane adolescente che è appena stato ucciso; di fronte al corpo di una vittima di omicidio, il ragazzo sembra non provare nessun tipo di emozione, e questa non-reazione, fredda e spietata, segna l’inizio della vicenda vera e propria. Pur intuendo l’identità del serial killer (Adam Woronowicz), Karol non lo denuncia alla polizia ma ne segue le tracce per poi avvicinarlo e iniziare con lui una relazione maestro-discepolo. Il desiderio e al tempo stesso la paura di conoscere la morte e di poterla controllare affascinano il ragazzo, sedotto dai dettagli che l’assassino gli rivela, intenzionato a trasmettere all’apprendista la sua sete omicida.
I due personaggi principali si muovono nella Polonia degli anni ’60, nel pieno di un regime comunista avviato al tramonto, e lo sfondo storico sembra essere il terzo protagonista del film. Durante la visione si respira l’ideologia del blocco sovietico, attraverso le relazioni sociali, e i diversi media come la radio, che nella prima parte del film sostituisce un’ipotetica colonna sonora, o la televisione, che proietta la tappa a Varsavia del tour dei Rolling Stone, emblema dell’Occidente antagonista. In questo contesto socio-culturale, Karol cerca di trovare una sua strada per uscire dall’anonimato, mosso dal desiderio di distaccarsi dalla condizione di uomo comune, e non facendo affidamento sulle sue doti sportive ma lasciandosi attrarre da una strana ossessione legata alla morte. Con ciò arrivando a rasentare il limite tra l’umano e il mostruoso.
Il contrasto tra il serial killer, un omuncolo apparentemente innocuo che lavora come veterinario, e il ragazzo, giovane promessa dello sport, rende la trama complessa a causa della psicologia spesso nascosta dei personaggi, difficile da interpretare se non alla fine della storia. Solo arrivando alla risoluzione della vicenda, lo spettatore può iniziare a capire come il giovane Karol riesca, a modo suo, a sconfiggere l’assassino e addirittura a ridicolizzarlo: il ghigno finale della tela che lo ritrae, esposta anni dopo in una mostra, ne è la degna testimonianza.
Il ragno rosso, di Marcin Koszalka, con Filip Plawiak, Adam Woronowicz, Julia Kijowska, Malgorzata Foremniak, Marek Kalita