Una nuova edizione per i racconti gotici di Robert W. Chambers, fonte di ispirazione per Nic Pizzolatto, creatore della serie HBO “True detective”
Impossibile parlare della nuova edizione del Re giallo di Robert W. Chambers senza parlare di True detective, che di questa riedizione è la causa diretta. La serie HBO si nutre senza farne mistero di innumerevoli riferimenti letterari, che poi sono le letture horror e weird preferite di Nic Pizzolatto, creatore della serie: Laird Barron, John Langan, Simon Strantzas e Thomas Ligotti. Poi naturalmente c’è Chambers, evocato qua e là da riferimenti e citazioni misteriose: la figura enigmatica del Re giallo (the Yellow King), la città di Carcosa, i versi scarabocchiati sul diario di Dora Lange, la prima vittima. Tanto è bastato per catapultare una raccolta di racconti gotici del 1895 – un classico del genere, certo, ma un classico di nicchia – in cima alle classifiche di vendita Amazon. E questo ci porta alla nuova edizione di Vallardi, che esce in libreria con un titolo leggermente diverso dall’originale: Il re giallo invece de Il re in giallo, come ulteriore richiamo alla serie HBO.
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Robert Chambers era innanzitutto un pittore – studiò belle arti a Parigi – e quando decise di dedicarsi alla scrittura, riversò tutta la sua esperienza di artista decadente e bohémienne nel suo primo romanzo, In the Quarter, come nella sua opera più famosa, la raccolta di dieci racconti The King in Yellow. In particolare è il secondo gruppo di racconti – dal sesto in poi – che si rifà a un’atmosfera romantica da fin de siècle: giovani artisti – magari ingenui e innamorati – che si muovono fra realtà e follia, fra il visibile e l’ineffabile.
I primi quattro racconti invece – dall’atmosfera più macabra e soprannaturale – sono collegati da un sottile filo rosso: la fantomatica (e fittizia) opera teatrale in due atti – Il re in giallo, appunto – che avrebbe il potere di condurre alla follia e addirittura al suicidio l’incauto lettore (o spettatore della pièce): un testo «proibito qui, sequestrato là, denunciato dalla stampa e dalla Chiesa, censurato perfino dai più estremisti dei letterati anarchici».
Alcune battute tratte dal primo atto – quello, per così dire, innocuo – sono riportate come citazioni in esergo ai vari racconti, ed è proprio con una di queste – quella che apre il racconto La maschera – che viene “omaggiato” colui che, a buon diritto, può essere chiamato in causa come il primo riferimento di Chambers: il grande Edgar Allan Poe e la sua Maschera della morte rossa.
Come la peste nel racconto di Poe, la fantomatica opera teatrale di Chambers è foriera di contagio maligno (il vecchio topos dell’opera d’arte maledetta!) e il racconto in cui i suoi effetti nefasti si mostrano più evidenti è probabilmente il primo, Il riparatore di reputazioni, che costituisce un esempio brillante della tecnica del “narratore inaffidabile”.
A qualcuno verrà in mente senz’altro H.P. Lovecraft e un altro famigerato testo immaginario: il Necronomicon, che proprio dal Re giallo di Chambers trae ispirazione. D’altra parte Lovecraft ammirava molto il lavoro di Chambers e qua e là nei suoi racconti è possibili scorgere piccoli omaggi e riferimenti onomastici, soprattutto nei Miti di Cthulhu, dove compaiono il nome Hastur e un culto noto come Fratellanza del Segno Giallo.
“Hastur” è un nome dai molti significati: è un luogo, un essere immaginario, una divinità. C’è una sorta di topografia infernale che viene prefigurata nel Re giallo – la costellazione delle Iadi, la misteriosa città di Carcosa, Hastur e il lago di Hali – tutti spunti fertili proprio in virtù di una vaghezza che conferisce loro duttilità, destinati a porre le basi per l’immaginario della successiva letteratura weird. D’altra parte alcuni di questi nomi suggestivi non sono nemmeno farina del sacco di Chambers, che a sua volta trasse ispirazione dallo scrittore e giornalista Ambrose Bierce e dal suo Un abitante di Carcosa, racconto breve del 1886. In questo gioco perpetuo di rimandi e citazioni, Chambers ha finito per creare non solo un universo letterario comune per i suoi racconti, ma una sorta di repertorio condiviso a cui ogni scrittore può rifarsi e sviluppare a suo piacimento.
Questo genere di letteratura fantastica costituisce, insomma, una sorta di piccolo universo mitologico da cui attingere a piene mani, una cartografia letteraria dell’ignoto ricca di spunti da far rivivere in altri tempi e forme, e perché no, anche in una serie tv.
“Il re giallo” di Robert W. Chambers (Vallardi, pp. 256, 12,90 euro)