Dal musical di Douglas J. Cohen, Gianluca Guidi dirige e interpreta – con Giampiero Ingrassia – uno spettacolo gradevole e orgogliosamente dotato, per un pubblico che a teatro cerca legittimamente di divertirsi
Più che di Serial Killer per signora, il musical di Douglas J. Cohen (ispirato a un racconto di William Goldman) diretto da Gianluca Guidi e in scena a Milano, sarebbe lecito riflettere un attimo sulla tipologia di pubblico che va a vedere questi spettacoli.
Basta guardarsi attorno: per un musical del genere, con due professionisti di razza come Guidi e Giampiero Ingrassia, si muovono soprattutto personaggi vicini o immersi nella terza età. Indossano maglioni confortanti, pantaloni di classe, parlano con eleganza. I profumi sprigionati dai loro corpi sanno di buono, di igienico, un po’ come i loro pensieri.
Ma ecco la notizia del giorno: non sono i soli. Platea e galleria del Manzoni, il teatro milanese che ospita lo spettacolo, sono riempite anche di millennials, che ridono sguaiatamente – buon per loro! – alle battute dell’opera.
Forse è vero che questa tipologia di teatro – invero classica, simpaticamente polverosa e abbastanza datata – sia quella che non tradisce mai. Forse è vero che, tra il teatro di ricerca e le grandi produzioni intellettual-raffinate, rinchiusa in una conca, c’è una parte aurea che è quella del “teatro della domenica”, quello che non ha troppe pretese, che viene eseguito con estremo professionismo – permettendo a chi ne fruisce di perdersi completamente dentro una storia dai contorni definiti. È una riflessione mai vecchia e mai nuova, ma tant’è.
Lo spettacolo, di per sé, funziona. Va da sé: non si tratta certo di teatro esaltante. Le canzoni (tradotte da Giorgio Calabrese) non sono particolarmente memorabili, e il testo è un po’ troppo schematico per risultare accattivante. Ha un pregio: quello di “incrociare” due reietti (un detective e un serial killer con il complesso al contrario di Oreste) e proiettarli sullo sfondo di una commedia un po’ noir e un po’ gialla, dal ritmo incalzante e dai vaghi contorni misogini.
Il detective frustrato ha una madre anziana e opprimente, l’omicida – a sua volta – non riesce a tagliare il cordone ombelicale con il fantasma di una genitrice diva di Broadway che ispira ansia di prestazione e tanto disagio. E che, peraltro, è bella che stecchita.
Una girandola di femmine, dunque, è il motore delle azioni dei due protagonisti: uno le uccide per ottenere la gloria che ha sempre sognato, l’altro tenta di difenderle – ma in fondo sa di essere tartassato dalla loro presenza, siano esse madri o future fidanzate.
Grazie a Gianluca Guidi, che aveva già diretto la pièce nel 2001, in occasione del suo debutto alla regia (all’epoca non aveva recitato, oggi fa l’assassino…), la confezione è garantita, il ritmo e il divertimento pure. Funziona, e non poteva essere altrimenti, l’interazione con Giampiero Ingrassia, che si conferma ancora una volta (dopo i successi con la Rancia) ottimo cantante, attore versatile e presenza ricca, piacevolissima: i due sul palco si divertono, prendendosi anche qualche libera variazione del tempo e concedendo spazio ai goofs e a momenti d’improvvisazione di alto livello.
Al loro fianco, furoreggiano la versatile e multi-ruolo Alice Mistroni e Teresa “Emma Stone” Federico, che rappresentano – in diversi modi – il femminino sacro, in alternanza ai due protagonisti e alle loro sacrosante frustrazioni.
(foto di Igino Ceremegna)
Serial killer per signora, fino al 09 aprile al Teatro Manzoni