Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Matteo Tripepi sul suo primo romanzo “Imperfetti”, strano giallo dalle sfumature fantascientifiche che emula il prosimetro.
Il primo libro ha sempre il suo fascino. Ti fa assomigliare a quei colossi della letteratura nei quali ti rispecchiavi tanto e, a lavor concluso, ti lascia una di quelle soddisfazioni che resta difficile descrivere.
È questo il caso di Matteo Tripepi, giovane neo-scrittore melzese, che ha da poco pubblicato il suo primo libro con la casa editrice GiovaneHolden, dal titolo Imperfetti.
Si tratta di un romanzo giallo, con delle “sfumature fantascientifiche” a detta dell’autore e si sviluppa su due vicende parallele, apparentemente disconnesse tra loro. Una lirica precede ogni coppia di capitoli e due storie, raccontate simulatanemante, si intrecciano per tutto il romanzo.
La prima delle due strade è incentrata sull’omicidio di Ashley Boots e Luke Kirsten, avvenuto in una piccola cittadina, e a indagare è chiamato il commissario Hoffman che sarà affiancato da una squadra volenterosa ma inesperta.
La seconda vicenda vede il delinearsi del vero e proprio protagonista, il giovane Jeff Kavrak, che si risveglia una mattina sporco di sangue e rimasto senza memoria riguardo all’accaduto.
Consapevole del problema imputabile all’amnesia, Jeff tenta di ritornare a vivere in maniera normale con l’aiuto di Christopher Horn, un anziano professore screditato da tutti e ritenuto pazzo, e con l’aiuto dei suoi amici con i quali aveva formato una band da alcuni anni.
Due strade che si incrociano dunque e che lasciano presagire un collegamento che spetta al lettore scoprire; la componente misteriosa e a tratti soprannaturale agisce e pregna il romanzo di suspence, intrecciato con una punta di poesia, riscontrabile nei testi che aprono svariati capitoli.
Senza dilungarci oltre, incorrendo magari in “spoiler” non intenzionali, abbiamo fatto qualche domanda all’autore del romanzo, Matteo, per comprendere meglio la genesi e la volontà di questo libro, e per aiutarci ad entrare nella mente dello scrittore.
Ogni autore quando scrive ha sempre in mente, consciamente o inconsciamente, dei modelli a cui rifarsi, delle correnti letterarie a cui si ispira, testi che ama o che lo hanno colpito. Quali sono i tuoi?
Domanda tortuosa questa; dire che mi ispiro ad un’unica corrente letteraria è un’assurdità, perché ogni romanzo presenta dei “collage” di quelle che sono idee e spunti presi da generi letterari differenti. Si può dire che mi ispiro al giallo mistery, ai limiti tra la fantascienza e il romanzo di formazione.
Se dovessi citare degli autori in particolare dai quali ho tratto molta ispirazione, nominerei sicuramente Fitzek e Henning Mankell, ossia colui che ha partorito tutta la saga sul Commissario Wallander, per quanto riguarda la componente nordica del mio romanzo; dal punto di vista interpretativo e riguardo a ciò che voglio far arrivare al lettore, mi rivedo molto invece in Murakami.
Ovviamente molti sono gli spunti anche in riferimento ad altri autori, ma elencarli tutti sarebbe un’impresa alquanto titanica.
È interessante come ogni coppia di capitoli, sia preceduta da una lirica, ossia da un testo da te scritto. Come mai questa volontà di aprire i capitoli in questo modo così inconsueto, ma non per questo meno interessante?
Qui si può fare un discorso ampissimo. Io sono molto dell’idea che il concetto di “arte” comprenda un po’ tutto, dalla letteratura, alla poesia, passando per la musica e il disegno.
I testi in apertura ai capitoli appartengono alla band che c’è all’interno del romanzo, i Cowards, ossia “i Codardi”, dove Jeff, il protagonista di una delle due storie, è il cantante; posso dire dunque che la figura dello scrittore e del paroliere si mischiano nel mio caso, proprio perché la prima cosa che è stata scritta, prima ancora di iniziare a delineare una trama della storia in sé, sono stati proprio i testi. Ho voluto dunque che fossero proprio i testi a dare uno sviluppo al romanzo, piuttosto che il contrario.
Per ricollegarmi al concetto di arte come filo conduttore, molti di questi testi sono stati sviluppati partendo da alcuni disegni che io stesso ho realizzato: secondo dunque un processo di concatenazione, dall’immaginazione al disegno e dal disegno alle parole.
Voglio ricordare inoltre che sono stati realizzati altri disegni da delle ragazze molto brave, tra cui Art for Art’s sake (Giulia Verde e Eugenia Buarnè), Berenice Gisele Micci, le quali dopo la lettura di “Imperfetti” hanno deciso di esprimere su carta le immagini che il mio romanzo ha suscitato in loro.
Le linee guida per la comprensione del romanzo passano dai testi; dunque che interpretazione può dare il lettore al testo? Univoca o molteplice? Che messaggio ne ricava?
È importante dire che i testi esprimono non tanto il punto di vista del protagonista quanto il mood del protagonista. Non sono essenziali per la comprensione del libro, ma creano quell’atmosfera che corona la comprensione piena del romanzo.
Il messaggio del romanzo giallo c’è, ma io lascio un’interpretazione libera; ossia, la storia è di base, ma cambia l’interpretazione rispetto a chi lo legge, ogni lettore ne da un’interpretazione diversa. C’è una diversa visione delle cose, seppur la finalità è sempre la stessa, e ognuno può figurarsi i personaggi dal punto di vista caratteriale e interpretativo secondo la propria prospettiva. Tornando ai testi, potrei fare lo stesso discorso: ognuno può interpretarli come vuole, sono molto criptici, ma non per questo riflettono solo il pensiero dell’autore, ma ognuno ne da una sua interpretazione, diversamente da quella che potrebbe essere una parafrasi volta a capire solo il pensiero di colui che le ha scritte, ossia io stesso. Dall’oggettività alla soggettività in un certo senso.
Io so che il romanzo è stato scritto due anni fa. Come mai la scelta di pubblicarlo ora?
È stata una scelta dettata dall’immobilismo in realtà, e soprattutto una non volontà di farlo leggere agli altri in un primo momento. Nel frattempo ho partecipato a concorsi con alcune mie poesie e scritti, senza però aver ancora presentato un libro, e il discreto successo che ho riscontrato in queste manifestazioni ha accresciuto in me il coraggio per poter intraprendere la pubblicazione del romanzo, che per ora ha riscontrato un discreto successo.
Di recente ho anche partecipato al Pisa Book Festival, un festival di editoria indipendente, e il 12 Gennaio presenterò “Imperfetti” alla “Strada” in Via Patellani 4 e il 20 Gennaio in “Santeria Paladini 8” a Milano, assieme a “Orfeo” e “Whites” per musicare le canzoni, con l’attore Riccardo Vicardi all’interpretazione di alcuni estratti.
Uno stile nuovo, diverso, ricercato in un contesto come la letteratura italiana odierna, che merita di essere riconosciuto, se non per altro, per la volontà di tentare possibili strade non battute per un genere letterario che ha visto declinazioni innumerevoli.
Inoltre la componente poetica presente coi testi, ci fornisce quei momenti di dispersione cosmica e leggiadria tramite i quali il lettore si stacca per un momento dal romanzo, senza però perderne il filo conduttore.
Insomma: per essere un primo romanzo non sfocia per nulla nella banalità, semmai suscita l’interesse del lettore a volerne leggere ancora e poi ancora.
Nella nostra conversazione Matteo lascia trapelare infatti qualche indiscrezione su di un possibile sequel/nuovo progetto, al quale starebbe lavorando in questo periodo, ma lasciamo che sia il lettore a figurarselo per un po’, affinché l’attesa non lasci per nulla spento il desiderio.