Stéphane Brizè affronta di nuovo, dopo l’ottimo “La legge del mercato” (e con lo stesso protagonista, Lindon: i due sono al quarto film insieme) il dramma della fine del lavoro e la condizione operaia nei nostri anni. Licenziati da una fabbrica che pure è in attivo, i dipendenti trattano e lottano, si dividono e si scontrano con la polizia, guidati dal sindacalista Laurent e dalla sua braccio destro Mélanie Rover. Il film racconta tutto questo dosando e fondendo molto bene cronaca, pathos e indignazione politica
Quello della perdita del lavoro è un tema molto sentito oggi; un tema che può distruggere famiglie, rovinare amicizie, portare padri e madri alla disperazione. Cosa siamo disposti a fare perché non accada proprio a noi? Riusciremmo a restare uniti o litigheremmo pur trovandoci sulla stessa barca? A questi quesiti cerca umilmente di dare risposte il film francese In guerra, diretto da Stéphane Brizé. Nonostante i profitti siano aumentati nell’ultimo anno, i dirigenti delle Perrin Industries decidono comunque di chiudere una fabbrica e licenziarne i 1100 dipendenti per alzare i profitti. Il personale, che per due anni ha accettato di farsi ridurre lo stipendio pur di conservare il posto, decide di scioperare sotto la guida del sindacalista Laurent Amédéo (Vincent Lindon), il quale è disposto a tutto pur di non perdere il lavoro e farlo perdere ai suoi compagni.
Fin dall’inizio del film, sono due le peculiarità che emergono nel modo in cui viene narrata la storia. La prima consiste nel fatto che, quando i sindacalisti e i “padroni” si scontrano, entrambi cercano di usare al meglio le parole, esponendo argomentazioni solide alla base delle loro posizioni; è chiaro tuttavia che nel modo in cui vengono poste le cose, lo spettatore tende comunque a simpatizzare di più per gli operai che rischiano di perdere tutto piuttosto che per chi pensa solo a far felici gli azionisti. Un altro aspetto particolare è che i fatti vengono più volte narrati attraverso i telegiornali con le riprese delle manifestazioni degli operai. Tuttavia questi aspetti non devono far pensare che il film sia noioso e monotono, tutt’altro: quando vediamo i lavoratori scendere in piazza e tenere testa alla polizia, la colonna sonora crea un’atmosfera talmente carica di tensione che lo spettatore sente quasi di trovarsi lì in prima persona.
Ma anche quando li vediamo litigare con i capi o tra di loro ci troviamo di fronte a uno spaccato di umanità molto variegato al suo interno: emergono spesso divisioni tra chi deve affrontare grosse difficoltà economiche nell’immediato, ed è disposto a rinunciare alla lotta in cambio di un assegno, e chi invece cerca di ragionare sul lungo termine, e vuole battersi fino alla fine e tra chi cerca di protestare usando la testa e chi si lascia andare alla rabbia perdendo il controllo. Tra chi pensa soprattutto ai soldi e chi al diritto di lavorare.
Alla sua quarta interpretazione in un film di Brizé, Lindon dimostra ancora una volta un grande talento recitativo, che ricorda in parte il personaggio da lui interpretato in La legge del mercato, di cui questo film costituisce quasi un prequel, perché lì interpretava un uomo licenziato da una fabbrica delocalizzata. Anche il resto del cast, composto prevalentemente da attori non professionisti, si dimostra molto convincente, in particolare Melanié Rover, che interpreta una sindacalista che è un po’ il braccio destro di Amédéo. Brizé dimostra infine ancora una volta di saper narrare in modo originale problemi sociali di grande attualità, non solo in Francia.
In guerra, di Stéphane Brizé conVincent Lindon, Mélanie Rover, Jacques Borderie, David Rey, Olivier Lemaire, Isabelle Rufin, Bruno Bourthol, Sébastien Vamelle, Valérie Lamond, Guillaume Daret, Jean Grosset, Frédéric Lacomare, Anthony Pitalier, Séverine Charrie