“Film parlato” di Némirovsky è una raccolta di nouvelles (per la precisione dodici di lunghezza variabile, da un paio a una cinquantina di pagine) affascinante, impegnativa e non soffocante, ma anzi di ampio respiro e grandi orizzonti.
J’ai été heureuse. Sono stata felice, scrive Némirovsky poco prima di essere deportata. Ho avuto una vita normale, nonostante tutto dichiara con convinzione nel 1934. Irène ha la decenza di aggiungere un nonostante tutto. I “nonostante” sono nell’ordine: i pogrom in Russia, la rivoluzione del 1917, l’esilio, il suicidio della balia, il disastroso rapporto con la madre e le persecuzioni naziste culminate nella morte ad Auschwitz. Una classica, tranquilla vie en rose.
Cos’è, una provocazione? Un’affermazione ironica? No, non credo. Credo anzi che sia una riflessione sorprendentemente innocente e priva di ironia. Si escludano anche impeti di amore esistenziale dovuti all’imminente dipartita, di cui Némirovsky era ben consapevole. La questione è che Irène la ama tutta, la vita, e la vuole tutta, anche quando si rivela indecente e insopportabile. Lo afferma per bocca di Camille in Le vergini, il racconto che chiude Film parlato. Per amore Camille è finita in miseria, ma in passato è stata ricca sul serio. Questo conta, e va bene così. Amore, per Némirovsky, è il filo rosso che ricama e riscalda le vite dei suoi personaggi, Anne e Luc, Marie-Louise e René, Anita e Rodolphe e sopra tutti Camille ed Henri, le tre vergini e tanti altri; dà un senso a vite raffazzonate, pezze esistenziali tenute insieme da un destino già segnato.
Al di là di questo profondo senso che forse ricuciva la vita di Némirovsky tanto da poterla definire felice, le storture dell’esistenza e le «maglie saltate» di una sorte ostile non passano inosservate nella prosa di una scrittrice le cui biografia e passioni letterarie (in primis Čechov) rimangono sempre sullo sfondo. Irène e i suoi personaggi lo sanno, che cattivo sangue non mente, che è quasi impossibile cambiare le trame del destino, ma non importa: ci provano e agiscono. Nella narrazione lo spazio riservato all’agire è ampio: Anita controlla i tarocchi e cerca di cambiare una sorte che si prospetta negativa, Marcelle tenta di dimostrare che anche lei è una ladra, come sua madre. I personaggi di Nèmirosvky agiscono perché agire è umano: da marionette, attraverso l’azione, diventano Uomini e Donne.
Non è il caso, comunque, di far risultare troppo gravose o impegnative le considerazioni esistenziali che nei racconti vengono sempre affrontate in controluce, e smorzate dalle magiche atmosfere della Parigi anni ’20, o dalla tranquillità della campagna francese, che quasi vorresti essere lì a goderti il profumo di maggio. Film Parlato si presta a più livelli di lettura, da quello filosofico a quello puramente narrativo, emergendo in ogni caso piacevole. Valore aggiunto, forse un po’ meno per il lettore moderno, la tecnica cinematografica che Némirovsky utilizza per costruire alcuni racconti, tra cui proprio quello che dà il titolo italiano all’antologia.
Film parlato è una raccolta di nouvelles (per la precisione dodici di lunghezza variabile, da un paio a una cinquantina di pagine) affascinante, impegnativa e non soffocante, ma anzi di ampio respiro e grandi orizzonti. Decisamente consigliato a chi non si accontenta di una lettura di banale intrattenimento ma desidera riflettere sul passato, sul presente, e sulla quotidianità immerso in un universo suggestivo.