L’ex cantante degli Articolo 31, reduce dalla trionfale tre giorni all’Alcatraz, infine, si toglie il cappello: ecco tutto ciò che vi è sotto
Il bello della storia discografica di J-Ax (il suo ultimo album Il bello d’esser brutti è pubblicato da Newtopia, creatura sua e dell’amico Fedez) è che, indipendentemente dal successo riscosso, non ha mai perso la voglia di cambiare, di mostrarci qualcosa di nuovo. E la parte ancora più bella, sin dai tempi degli Articolo 31 col mitico Dj Jad, è che ad ogni svolta creativa sarebbe dovuta corrispondere la sua disfatta artistica.
Quando con gli Articolo passò dal puro hip hop a una vena decisamente più rock (vedi Domani smetto e Italiano medio) ci fu quasi una ribellione dei fan della prima ora. Per non parlare di quando si separò da Dj Jad, sciogliendo definitivamente gli Articolo 31. Altre critiche, e un’altra volta il cantante milanese fu dato per discograficamente finito.
Ebbene, dal 17 al 19 marzo J-Ax è tornato in concerto nella sua Milano all’Alcatraz, appunto con Il bello di esser brutti. Tre date sold out, Disco di platino dopo appena due settimane dalla pubblicazione, e fan ancora una volta ai suoi piedi. Direi che, nonostante tutto, J-Ax ce l’ha fatta ancora.
Il bello di esser brutti è un album brillante e ironico, con sonorità rock e versi di puro hip hop. I testi sono variegati, si passa con disinvoltura da temi sociali a storie di vita vissuta.
Ma qualsiasi sia l’argomento trattato, il minimo comune denominatore è l’ironia tipica di J-Ax, sempre dissacrante e paradossale («odio essere un cantante impegnato, ogni mattina mi sveglio e devo pensare: ma quale t-shirt esprime al meglio il mio punto di vista sul dramma palestinese…»). Anche nelle tracce più intime (senti Intro) non rinuncia a farci sorridere, riuscendo comunque a mostrare le sue diverse anime: quella più matura e consapevole, e quella che (per fortuna) non crescerà mai.
Da sottolineare le tante partecipazioni, tra le quali quelle di Fedez, Club Dogo e Nina Zilli. Strana la scelta come singolo di Uno di quei giorni, cantata proprio con Nina Zilli, e a mio parere una delle tracce più tiepide. Davvero emozionante la già citata Intro («e per la strada tutti mi chiamano zio, è Philadelphia e io sono Rocky ,sarà che al posto di un bambino, Dio mi ha dato due milioni di nipoti”»), spicca per ironia Santoro e peyote, ma soprattutto L’uomo col cappello e Il bello d’esser brutti.
J-Ax, Il bello d’esser brutti (Newtopia)