La sala della Civica Raccolta di stampe Achille Bertarelli al Castello Sforzesco è animata da presenze insolite. Ci sono il Ginetto dell’Idroscalo della Strana famiglia e…
La sala della Civica Raccolta di stampe Achille Bertarelli al Castello Sforzesco è animata da presenze insolite. Ci sono il Ginetto dell’Idroscalo della Strana famiglia e il madonnaro della Ballata del pittore. Ci sono i protagonisti di Vengo anch’io, no tu no e quelli dei Soliti accordi. Ci sono insomma i personaggi di Enzo Jannacci. L’occasione è la mostra Gente d’altri tempi. Enzo Jannacci, nuove canzoni a colori, seconda tappa di un progetto nato nel 2013 (la prima, allo Spazio Fumetto, si intitolava La mia gente: fu un successo). Questa l’idea: più di cinquanta tra i maggiori disegnatori e illustratori italiani hanno scelto una canzone del repertorio del cantautore milanese (ma cantautore è riduttivo; qualsiasi etichetta lo è, per Jannacci) e ne hanno tratto ispirazione per realizzare una tavola a colori di grandi dimensioni. Il 1 febbraio, i disegni saranno battuti all’asta presso Porro; il ricavato è destinato a Scarp de tenis (legata alla Caritas Ambsoriana), rivista di ispirazione jannacciana che è insieme rivista e progetto sociale: i venditori del giornale sono infatti persone senza dimora, regolarmente retribuite e poi accompagnate nel cammino per ricostruirsi una casa, un lavoro, un buono stato di salute, una capacità di risparmio, relazioni con la famiglia e il territorio. La mostra è insomma, insieme, un modo per far conoscere il patrimonio delle canzoni di Jannacci e un’iniziativa solidale. Ne abbiamo parlato con Sandro Paté che, insieme a Davide Barzi (scrittore, saggista, sceneggiatore di fumetti), ha ideato e curato l’iniziativa.
Come nasce l’idea di Gente d’altri tempi. Enzo Jannacci, nuove canzoni a colori?
È nata il 29 Marzo 2013. Il giorno della morte di Enzo Jannacci. In una bettolaccia fuori Milano. Un posto – chi lo sa – che sarebbe piaciuto anche a lui. Di fronte a salame e vino rosso ci siamo chiesti cosa potevano fare per ricordare il nostro maestro, una persona speciale con un modo di fare non comune che avevamo avuto il privilegio di conoscere e frequentare. Abbiamo sospeso i lavori che avevamo in corso d’opera su di lui, una biografia poi uscita per LOG Edizioni e andata esaurita in un anno e una serie di fumetti ispirata alle sue canzoni. L’idea era quella di trovare uno spunto, un motivo o un evento che sarebbe piaciuto anche a lui. Enzo aveva la fissa dell’altruismo, nel periodo in cui si stava insieme ci ripeteva ossessivamente che a prescindere dal nostro lavoro futuro avremmo dovuto riservare un po’ di aiuto a chi da solo non ce la fa. Siamo certi che sapendo delle nostre mostre di fumetti e illustrazioni, “La mia gente” prima e “Gente d’altri tempi” poi, studiate per far conoscere le sue tantissime canzoni e allo stesso tempo raccogliere fondi per aiutare la rivista della Caritas Ambrosiana Scarp de’ tenis, tutto ciò gli avrebbe strappato un sorriso.
Come è andata l’assegnazione delle canzoni ai disegnatori? Ci sono state canzoni più gettonate (e conseguenti liti all’ultimo sangue per dirimere le sovrapposizioni)? Tu quale canzoni avreste scelto e perché?
L’uomo che sa tutto di fumetto è Davide Barzi quindi io mi sono totalmente fidato della sua vastissima conoscenza non solo dell’arte in sè, ma anche dei disegnatori: quelli nuovi, quelli già affermati, le vere e proprie star e chi è in rampa di lancio. Io mi sono limitato a coinvolgere qualche disegnatore disneyano perché in Disney lavoro da qualche anno. In più ci tenevo a offrire agli artisti, di volta in volta, più di una canzone di Enzo tra le tantissime che ho scoperto studiando la sua vita. Volevo lasciare più di un’alternativa da cui farsi ispirare. Vi assicuro che in alcuni casi non è semplice ritrovarsi in mezzo a un brano di Jannacci. Si ascoltano queste strane avventure che vengono dal passato e di colpo ci si trova in mezzo a viette di Milano, immersi nella nebbia di fronte a gente che parla da sola, tram che sferragliano e, a volte, un dialetto che ti taglia fuori. Se sapessi disegnare avrei scelto “Vita e bottoni”, un brano quasi sconosciuto che per me rimane uno dei più belli e malinconici, anche se il suo co-autore, Riccardo Piferi, mi rivelò nacque in pochi minuti per riempire il retro di un disco. Anche questo era Enzo.
Qual è il primo ricordo che hai di Jannacci?
Ho scritto una tesi di laurea su Enzo Jannacci prima e una biografia sulle sue tante vite poi. Il primo ricordo che emerge pensando a lui è quando, dopo mesi di ricerche e interviste nella sua casa di viale Romagna, ho discusso il mio lavoro infinito davanti a una commissione di laurea. Avevo passato dei bellissimi pomeriggi nel salotto di casa Jannacci, con la Pupa, la moglie di Enzo, che ogni tanto veniva a mettere ordine nei ricordi di Enzo con foto o articoli di giornale. Lui le diceva “Poi quando li abbiamo tutti gli articoli che parlano di me… li buttiamo via tutti insieme!”. Alla discussione in Università arrivò con quattro ore di ritardo e alla fine mi disse: “Hai fatto un ottimo lavoro… Peccato l’argomento”. La sua battuta è diventata il titolo del mio libro biografico su di lui.
Se Jannacci fosse un personaggio a fumetti…
Sono stato un grande lettore di fumetti. Ora ne leggo pochissimi e cerco di farmi dare delle dritte da Davide che invece li legge tutti. Io mi immagino delle strisce, il tipo di fumetti che a me piace di più, simili a Calvin e Hobbes per dare un titolo. Delle brevi avventure, fulminanti come le sue piccole grandi opere, in cui Enzo Jannacci è vestito da medico quando su un palco di cabaret improvvisa canzoni che parlano di operai, innamorati, barboni, tossicodipendenti, squattrinati vari e che invece è vestito come un saltimbanco quando ha a che fare direttamente con loro facendoli sorridere, sfogare e aiutandoli solo con un po’ di attenzione. Enzo Jannacci, per decenni medico di base, diceva: “Ho visto guarire più persone grazie alla compagnia di un gatto di quanto non abbiano fatto tonnellate di medicine”.
Un visitatore della mostra non conosce Jannacci: da dove si comincia a raccontare?
Si parte da un omaggio di Paolo Conte, poi un’illustrazione che Sergio Gerasi ha pensato per la cover del catalogo, una versione del brano che dà il titolo alla rivista Scarp de’ tenis, una bellissima immagine di “El portava i scarp del tennis” disegnata da Silver e poi si riparte da capo. Si guardano, si leggono e si cerca di ricordare canzoni di Enzo Jannacci a partire dalla fine degli anni ‘50 quando si esibiva con l’amico Giorgio Gaber, i primi singoli incisi da solo, per passare alle canzoni che nascevano con il suo maestro Dario Fo, altre che scriveva con i cabarettisti che passavano dal mitico Derby Club via via fino ad alcune tavole ispirate a brani recenti incisi grazie ad Ala Bianca, una geniale etichetta che ha lanciato sul “mercato sottostante” due dischi capolavoro fatti da Enzo e Paolo Jannacci: Come gli aeroplani e L’uomo a metà. Un mix di stili, tecniche e colori per questo “spettacolo d’arte varia”, per citare Paolo Conte, che era poi il mood surreale e la creatività furibonda di Enzo Jannacci.
Gente d’altri tempi. Enzo Jannacci, nuove canzoni a colori, a cura di Davide Barzi e Sandro Paté, Castello Sforzesco, Civica Raccolta di stampe Achille Bertarelli, fino al 15 gennaio
Immagine di copertina: Sergio Staino, Un amore da 50 lire.