Film d’apertura a Cannes 2023, “Jeanne du Barry” scritto, diretto e interpretato dalla coraggiosa, appassionata Maiwenne, è la biografia della cortigiana più famosa di Luigi XV. Che ne fece quasi la regina del paese. Di umili origini ma piena di curiosità, fu subito invisa alle figlie del monarca (Johnny Depp) e a quasi tutto il suo entourage. E fu cacciata appena possibile. Nemmeno la Rivoluzione, scoppiata di lì a pochi anni, le risparmiò la vita. Eccellenti comprimari Richard, Poupard, Lavernhe
“Ricordati che rimarrai pur sempre una puttana ignorante”. Nel mezzo di una scena di terribile violenza fisica a piscologica il conte du Barry, futuro sposo (per convenienza) della giovane Jeanne, plebea della Meuse che sta per introdurre a corte, crede di riuscire a inchiodare la futura favorita di re Luigi XV alle sue modeste origini sociali e culturali. Non stupisce che Maïwenne, attrice con all’attivo quasi trenta film e qui alla sua sesta regia, cresciuta nella banlieue di Saint-Denis in una famiglia di artisti e oggi autrice celebrata, abbia scelto di portare sullo schermo in Jeanne du Barry – La favorita del re, questa sua quasi sorella, vissuta poco meno di tre secoli fa.
E nel film che le ha fatte incontrare, nel segno di un protagonismo indiscusso che ne connota i pregi (molti) e qualche difetto (di misura), lei ci ha messo tutto il suo talento di regista, sceneggiatrice (con Teddy Lussi-Modeste e Nicolas Livecchi), primattrice, forse un po’ wellesianamente larger than life, ma sicuramente seducente ed efficace nell’immedesimazione estrema, nella voglia di riscatto e ribellione, nell’impegno senza riserve che si può apprezzare nelle scene madri come nelle sottigliezze sentimentali.
Jeanne nasce poverissima, la cacciano quasi subito da un convento e finisce per esercitare il “mestiere”. Finché du Barry, forse un po’ innamorato di lei o che magari, più egoisticamente, l’ha scelta per conquistare benemerenze regali, ne promuove l’ascesa fino al ruolo di concubina numero uno del monarca. Prima occulta, poi sempre più esibita, per la disperazione della corte, in primis delle quattro figlie di sua maestà, esempi di conformismo e ottusità elargiti a piene mani dallo script. Un lustro di splendore, quello di Jeanne, che si concluderà con un, tutto sommato, buen retiro in un maniero avuto in dono dal suo amato, nel frattempo morto di vaiolo. Al quale presta il volto Johnny Depp, con una malinconica sobrietà che di recente sembrava avere irrimediabilmente perduto.
Venti milioni di euro per un film storico e in costume sono un bell’azzardo in epoca di strapotere tecnologico e fantasy, ma stavolta l’hanno avuta vinta – con il ruolo nobile di film di apertura all’ultimo del Festival di Cannes – la maturità e il coraggio di Maiwenne, 47 anni, sangue vietnamita e algerino nelle vene che le consente un distacco prossimo allo sberleffo verso la grandeur regale francese. Che oltretutto qui vediamo ormai prossima al tragico destino della ghigliottina (nel film si affacciano Luigi XVI e Maria Antonietta, odiosa), cui non sfuggirà la stessa Jeanne du Barry, perché comunque interna e complice dell’ancient régime, nonostante le sue umili origini e il rifiuto di tante cerimonie, regole e costrizioni di quel mondo storicamente al rettilineo finale.
Ed è curioso ricordare qui, per il carattere assolutamente opposto all’operazione di Maiwenne concepita giusto un secolo dopo, che nel 1919 l’allora giovane regista tedesco Ernst Lubitsch, il quale poi diventerà, da espatriato, uno dei più inventivi e spiritosi padri della commedia hollywoodiana, girò in un muto e classico bianconero Madame du Barry (ebbe il volto di Pola Negri, a sua volta poi star in terra americana), velenosa biografia di una cortigiana che finirà odiata, prima ancora che dalla corte, dal popolo, vittima delle sue costosissime (per le casse dello stato) richieste coniugali al re. Un film che probabilmente risentiva della guerra appena persa dalla Germania e dei sentimenti anti-francesi diffusi da quelle parti
Tornando all’oggi, all’attivo del film ci sono, nei ruoli di immediato contorno, un eccellente Conte di Richelieu impersonato da Pierre Richard, da giovane spalla comica di Depardieu allora in fase di lancio e qui sornione volto bonario di un mondo ormai finito, il cinico du Barry (Melvil Poupard) che forse più di tutti rappresenta l’eterno opportunismo di chi deve fronteggiare gli imprevedibili rovesci dell’esistenza, mentre in controtendenza attoriale del film, tutta a togliere, si apprezza la prova di Benjamin Lavernhe, flemmatico valletto del re di naturale eleganza, arguzia, e disarmante intelligenza personale e politica.
Jeanne du Barry, di e con Maiwenne e Johnny Depp, Pierre Richard, Melvill Poupard, Benjamin Lavernhe, Pascal Greggory, Noemie Lvovsky