Anselm Kiefer: pittura e identità nazionale

In Arte

Chi sabato mattina ha acquistato il “Corriere della Sera” si è trovato davanti ad Anselm Kiefer. Per festeggiare i propri centoquarant’anni, infatti, il quotidiano di…

Chi sabato mattina ha acquistato il “Corriere della Sera” si è trovato davanti ad Anselm Kiefer. Per festeggiare i propri centoquarant’anni, infatti, il quotidiano di via Solferino è uscito in edicola con una sovra-copertina realizzata ad hoc dall’artista tedesco: l’immagine di una stanza abbandonata in tutta fretta, il nome di Velimir Chlebnikov – poeta futurista russo, sodale di Majakovskij, ossessionato dalla ciclicità dei conflitti e dalla loro inevitabilità nella storia umana– e una scritta in tedesco: «Destini dei popoli. Il nuovo insegnamento dalla guerra». Inevitabili i cortocircuiti con quanto i titoli di giornata raccontavano, appena una pagina più in là, di tutte le Libie e le Sirie del mondo.

È una immagine che racconta molto di Kiefer: il gusto per le scritte all’interno dell’immagine, per esempio, è a tutti gli effetti un marchio di fabbrica; o il dialogo privilegiato con il mondo della poesia (Paul Celan e Ingeborg Bachmann tra gli autori prediletti); o la profondità storica come strumento ineludibile per chiarificare il presente (e le proprie ragioni esistenziali, nel presente). In definitiva, l’attitudine a costruire immagini complesse, stratificate, dense di contenuti e rimandi, spesso impossibili da decifrare senza un adeguato apparato critico che identifichi i riferimenti necessari. (La stessa complessità, tra Antico Testamento, filosofia e pittura romantica, dei Sette Palazzi celesti, recentemente riallestiti all’Hangar Bicocca: ne abbiamo parlato qui).

Anselm-Kiefer-15_Lilith
Anselm Kiefer, Lilith, 1987-1990

Ma le immagini di Kiefer non si riducono mai alla sola dimensione concettuale: la riflessione si risolve sempre in materia scolpita e dipinta con formidabile perizia tecnica; la più complessa elaborazione teorica si sostanzia in un serrato corpo a corpo – spesso violento, spesso titanico – con la tela, con gli strumenti propri del fare artistico. Chi avesse occasione di passare da Parigi può farsene un’idea, percorrendo le sale della bellissima retrospettiva Anselm Kiefer, in scena (fino al 18 aprile) all’ultimo piano del Centre Pompidou. La mostra – la prima retrospettiva in terra di Francia – appare un doveroso omaggio a uno dei massimi artisti viventi (celebrato di recente anche alla Royal Academy di Londra): più di quarant’anni di lavori, quasi duecento opere pescate anche in aree poco note della sterminata produzione di Kiefer: incantano, per esempio, gli acquarelli di soggetto erotico realizzati negli anni Duemila.

Sala dopo sala, le tele enormi saturano di pittura le pareti e sembrano sfidare lo spettatore con una magniloquenza che non teme rischio di retorica: hanno la coscienza a posto di chi è sicuro dei propri mezzi, di chi ha conquistato con competenza ed esercizio il diritto di parlare a voce alta. Sala dopo sala i materiali si accumulano sulle tele obbedendo alla regia di un demiurgo che tutto sembra poter utilizzare e organizzare in raffigurazione pittorica. Sala dopo sala i fili della riflessione dell’artista si inseguono e riannodano, decennio dopo decennio, come le gesta dei paladini di Ariosto, in un caleidoscopio di riferimenti: dalla mitologia ebraica a quella germanica, dai Nibelunghi alla Cabala, dall’architettura neoclassica all’alchimia, dalla storia romana a quella contemporanea.

Anselm Kiefer,Parsifal III, 1973
Anselm Kiefer,Parsifal III, 1973

Prendiamo un tema soltanto, tra i tanti che si possono inseguire in mostra. La riflessione sulla storia e l’identità nazionale tedesca. È un filo che emerge fin da subito nei lavori di Kiefer e che ancora si sviluppa negli ultimi lavori (fino a Mme de Staël: de l’Allemagne, realizzato per l’esposizione parigina): per un ragazzo nato nel 1945, in un paese distrutto dalla guerra, significa, in primo luogo, fare i conti con il recente passato nazista. Nascono le Occupazioni, saggio di fine corso alla scuola d’arte di Karlsruhe, anno di grazia 1969: Kiefer indossa l’uniforme Wehrmacht del padre e si fotografa in varie città europee nella posa del saluto hitleriano. Il giovane artista prende di petto il rimosso di un paese che non riesce a fare i conti con la propria storia; seguono notorietà e inevitabili diffidenze in patria. Ma le provocatorie Occupazioni sono solo la partenza. Primo passo: rielaborare con gli strumenti della pittura quelle fotografie. E basta lo scarto prospettico tra un paesaggio così imponente (con Friedrich sempre a un passo) e un omuncolo così insignificante, per trasformare il saluto romano nel gesto di una ridicola marionetta chapliniana.

HeroischesSinnbild3_600
Anselm Kiefer, Heroisches Sinnbild, 1970-1971

Ma Kiefer non si accontenta: come nasce il mito dell’identità nazionale tedesca? E allora Sigfridi e Brunildi e Parsifal a non finire popolano soffitte bohemiennes, i nomi di Fichte e Schelling e Holderlin si affollano sulle tele. Si tenta di ricostruire una precisa genealogia intellettuale (i romantici sì, gli illuministi no, gli idealisti forse) per decostruire la mitologia autorappresentativa dell’identità tedesca fino alle sue più profonde origini. Da Tacito in poi, la foresta è il luogo fondativo dell’immaginario germanico e in una foresta è ambientato Varus.

tumblr_mys7ifQ9o61rjkhnco1_1280
Anselm Kiefer, Varus, 1976

L’episodio evocato è la Battaglia di Teutoburgo, 9 d.C.: le truppe romane di Varo sono sbaragliate dalle tribù germaniche guidate da Arminio. Sui tronchi e sui rami della foresta stanno i nomi di quanti (letterati, artisti, pensatori) avrebbero nei secoli rielaborato questo episodio fino a farne l’atto fondativo di una mitologia guerresca dei popoli di Germania che, ramo dopo ramo, ha condotto fino al nazismo; ha condotto fino a quelle uniformi che il giovane Kiefer indossava con l’irriverenza dei vent’anni e che ora, attraverso la pittura, riesce forse  a comprendere un poco di più.

 

Anselm Kiefer, a cura di Jean-Michel Bouhours, Centre Pompidou, Parigi, fino al 18 aprile.

Immagine di copertina: Anselm Kiefer, Die Orden der Nacht, 1996

(Visited 1 times, 1 visits today)