C’è un Kingsman al pub (di South London)

In Cinema

Il film di Matthew Vaughn diverte a patto di lasciar da parte ogni verosimiglianza. E di considerarlo un affettuoso omaggio al primo James Bond. Ma sarà così?

Forse ha ragione Anthony Lane sul New Yorker quando scrive che la prima scena clou di Kingsman di Matthew Vaughn, in cui il raffinato gentleman inglese Colin Firth, in realtà spia supersegreta e multinazionale anche se british oriented, si trova ad affrontare, in doppiopetto grigio e ombrello di ordinanza (con successo, è ovvio) una banda di teppistelli di South London in un bar da quattro soldi, è la vera metafora del film e del suo protagonista: ovvero, com’è che io, che ho interpretato Darcy e vinto l’Oscar come balbuziente re d’Inghilterra, sono finito in un actionner per teenager a scazzottarmi con quattro ragazzotti, di trent’anni più giovani di me, che neanche immaginano chi sono? E tutto questo per difendere il mio allievo Taron Egerton, orfano di un agente appena morto in servizio, che mostra grandi talenti spionistici inconsapevoli ma è così grezzo…

Per una volta, però, smettendo i panni più o meno arcigni del critico puro, credo sia onesto dire che questo film, nel complesso godibile e divertente, in qualche modo la sua scommessa (forse anche inconscia) l’ha vinta.

Mettere insieme per il pubblico un racconto dal ritmo efficace, che funziona a patto di mettere da parte ogni verosimiglianza (ma anche 007 l’ha sempre fatto), giocando ironicamente su spunti di attualità seri, come la sovrappopolazione globale o l’onnipotenza dei cellulari, ma affidando l’azione a caratteri decisamente bizzarri: come l’adorabile miliardario pazzo Samuel L. Jackson, parodia in nero di Bill Gates, ideologo di una forma di decimazione inevitabile e benefica della popolazione (del resto, anche Lars Von Trier in Dogville sostiene che l’umanità si educa sterminandola, no?) o il suo omologo Michael Caine, guida dei Kingsman (nome che viene in parti uguali dagli “uomini del re”, Lancillotto e Galahan, trasformati in agenti segreti contemporanei e da quello della sartoria esclusiva in Savile Row dove si riuniscono e si vestono), citazione vivente e di rinnovato lustro di un altro spy-cinema e di un’altra spy-society, quella della Guerra Fredda post bellica.

L’ultima atout di Vaughn, produttore-regista della fortunata serie Kick-Ass, è il rimando costante, esplicito fino nei dialoghi, ai primi film di Bond, di cui si ribadisce la superiorità proprio in quanto mix di azione e commedia, secondo la lezione di Fleming: cosa che non interesserà forse i ragazzi che vanno a vedere Kingsman considerandolo l’ennesimo fumetto dall’estetica videoclippara, soprattutto nei gadget e  nelle sequenze di combattimento, ma certo coinvolge i protagonisti della vicenda.

Che si lasciano, con una certa consapevolezza di sé, così: “Dimmi una bella battuta da primi film di 007”. “Sorry, ma questo è un altro tipo di film”. “Ottima battuta, Sir”.

Kingsman – Secret Service, di Matthew Vaughn, con Colin Firth, Michael Caine, Taron Egerton, Mark Strong, Sofia Boutella

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