Il regista del premiatissimo “The Tree of Life” riunisce in “Knight of Cups” un supercast che va da Cate Blanchett a Natalie Portman, da Antonio Banderas a Frieda Pinto. Deve dare unità alle storie d’amore sparpagliate di uno sceneggiatore donnaiolo, incapace di fedeltà nella vita e nel lavoro, e alle riprese variegate del regista, tra splendidi deserti silenti e party hollywoodiani tutti sesso e droga
Il virus del peccato colpisce tutti, “come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca”, secondo Fabrizio De Andrè. Per Terrence Malick invece colpisce solo le donne soggette al fascino dell’artista maledetto. Nella canzone si trattava di una bocca di rosa che turbava la pace e l’ordine del paesino di Sant’Ilario, in Knight of Cups , l’ultimo film del regista di The Tree of Life, si tratta di un Fante di Cuori che scompiglia e seduce le comari di Hollywood, in giro da una festa all’altra. La sua è la storia di un cavaliere solitario che cerca di salvarsi in una società fatta di vizi e virtù, amori e tradimenti, e l’autore la racconta passando senza soluzione di continuità da lunghe inquadrature sul silenzio del deserto a cocktail di sesso e droghe nei festini dell’industria cinematografica.
Malick ci ha spesso abituato a questo genere di film, ricchi di suggestioni ma difficili da sintetizzare. Procede a zig-zag, libero da qualunque vincolo narrativo. Le sue storie non hanno un inizio e non hanno una fine, non ci sono buoni e cattivi, né vincitori o vinti. Ci sono semmai i diversi personaggi che interagiscono tra loro, come tante mine vaganti pronte ad esplodere. E molto spesso è anche difficile “tifare” per il protagonista, o per la storia d’amore, come è difficile distinguere tra sogno e realtà. Quel che è certo, è che sono film fuori dagli schemi.
Il Fante di Cuori salta dunque da una relazione a un’altra, da una sceneggiatura a un’altra, da un problema a un altro senza seguire alcun vero percorso. Il nostro eroe questa volta è uno sceneggiatore donnaiolo, incapace di trarre soddisfazione dal lavoro e logorato dalla sua stessa incapacità di giurare fedeltà a una sola donna. Decide di darsi al sesso sfrenato e poi torna dalla moglie, sceglie di sacrificarsi al mito della carriera e poi rinuncia al lavoro per stare coi suoi cari.
Le donne entrano nella sua vita senza preavviso, le diverse relazioni si susseguono nella vita di Rick disordinatamente, come fossero carte dei tarocchi. Così, per esempio, è Elisabeth, tutta baci e carezze, che tradisce il marito per il tenebroso artista e rimane di lui incinta. Il fattaccio è annunciato dalla Morte, la carta che più di ogni altra simboleggia il cambiamento, la fine di un ciclo di vita e l’inizio di un altro. Ma lui non è pronto e sceglie di non affrontare il problema, si tuffa in mare, scappa. Continua a vagare senza meta.
In questo film Malick ha preferito puntare molto sul cast. Ma la scelta di affidare a Christian Bale il multiforme personaggio di Rick, un po’ anti eroe e un po’ figliol prodigo, non sembra in effetti molto azzeccata. Se come difensore degli oppressi ci ha più volte regalato ottime interpretazioni, per un ruolo così delicato, con poca azione e molte voci nella testa, era necessaria forse una recitazione più controllata. Intorno a lui ruota però una serie di personaggi femminili meravigliosi. C’è Cate Blanchett, una superba Papessa sempre pronta ad accoglierlo e proteggerlo, Freida Pinto che come il sole d’oriente illumina il suo cammino, ma soprattutto la bravissima Natalie Portman, che entra nella sua esistenza come lampo di felicità e ne esce da oscuro presagio di morte.
Nonostante le ottime interpretazioni però, le donne di Rick sono poco più di semplici macchiette: una moglie custode del focolare, un’amante frutto della passione, un’amica capace solo di assecondarlo nei suoi vizi e una schiera di modelle e spogliarelliste a mo’ di figlie del peccato. Le varie declinazioni della figura femminile, invece che far da contraltare al genio maledetto di Bale, o da angelo custode che lo guida verso la redenzione, finiscono per esser più che altro bambole usa e getta, tutt’al più delle spalle su cui piangere. Un ritratto un po’ datato per l’America di oggi.
Considerazioni sociologiche a parte, finisci di vedere Knight of Cups un po’ con l’amaro in bocca, con uno strano senso di incompiutezza, di discorso lasciato a metà. Quando ti chiedono se ti è piaciuto, non sai davvero dire se è un collage di pezzi messi assieme senza un perchè o se invece tra una scena e l’altra si nasconde un significato che richiede del tempo per essere compreso fino in fondo. Tutto dipende forse, dalla risposta di una carta.
Knight of Cups di Terrence Malick, con Christian Bale, Natalie Portman, Cate Blanchett, Brian Dennehy, Antonio Banderas, Frieda Pinto, Teresa Palmer, Wes Bentley, Isabel Lucas