Il cinemascope di Utagawa Kuniyoshi

In Arte

Scheletri, principesse, rospi gigante, carpe, mostri, gattini, samurai, geishe: le immaginifiche creazioni del visionario Kuniyoshi in mostra alla Permanente, per la prima volta in Italia.

E’ un piacere che la Permante di Milano riprenda la sua attività con una mostra così bella, così sorprendente, dedicata a Utagawa Kuniyoshi, un maestro delle stampe giapponesi della prima metà dell’Ottocento, visionario, barocco, entusiasmante.

Forse perché il suo gesto violento, i suoi grandangoli audaci, le campiture di colori violenti, le lotte con mostri e fantasmi giganteschi, terrificanti, gli eroi tatuati con animali fantastici sono gli stessi che vivono oggi nei fumetti, nei manga, nella pubblicità: nell’immaginario contemporaneo.

L’universo femminile-Teppozu Serie: Luoghi famosi di Edo (Tōto meisho), 1852, Masao Takashima Collection

Per fare un esempio non tanto convenzionale, ma molto vicino al nostro mondo, prendiamo l’eredità di farsi tatuare, che ci è stranamente passata come moda, come ossessione, come espressione di sè.

Ebbene, uno dei maestri tatuatori del Novecento, Aka Horihide, che esercitava nell’area portuale di Yokosuka, famosa base militare americana dal dopoguerra, ha continuato fino alla sua morte, avvenuta pochi mesi fa, nell’aprile del 2017, a ottantotto anni, a tatuare i corpi dei suoi clienti, soprattutto baldi marines, riprendendo le immagini di Hokusai e Kuniyoshi.

Aka Horibe sosteneva che “ se uno vuol diventare un bravo horishi (maestro tatuatore) non può che esercitarsi e studiare l’opera di questi maestri’. Quel che intendo dire è che le stampe di Kuniyoshi ci colpiscono perché è come vedere gli antenati esotici del nostro immaginario fantastico.

Rōri Hakuchō Chōjun(Rōri Hakuchō Chōjun) Serie: Uno dei 108 eroi del popolare Suikoden(Ts”zoku Suikoden gōketsu hyakuhachinin no hitori), circa 1828-1829, Masao Takashima Collection

Ed è proprio questa dimensione mostruosa, orrorifica, esagerata, insieme a un meticoloso realismo nei particolari anatomici o materici, derivato senz’altro dall’influenza delle stampe occidentali, che rende Kuniyoshi (1797-1861) diverso da Hokusai (1760-1849) e da Hiroshige (1797-1858), gli altri grandi maestri del suoi tempo,

Ed è forse per questo che in Europa non è così famoso, forse era considerato troppo occidentalizzato, manierista, decadente. Negli Stati Uniti invece è da sempre apprezzatissimo e – aspetto fondamentale nel mercato dell’arte – è sempre stato collezionato, forse perché in lui c’è qualcosa di pop.

Tenjiku Tokubei (Tenjiku Tokubei) Serie senza titolo di stampe di guerrieri pubblicate da Kawaguchi, circa 1826-27, Masao Takashima Collection

Merito dunque della Permanente che, per la prima volta in Italia, gli dedica una mostra monografica, aperta dal 4 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018: 165 stampe che illustrano tutti i suoi temi e l’evoluzione del suo stile, tutte provenienti dalla prestigiosa Masao Takanashima Collection.

E merito al bel catalogo, curato da Rossella Mengazzo (edito da Skira), che è in formato orizzontale, rilegato in tela blu con riprodotto in copertina il muso gigantesco di una balena e un feroce samurai, minuscolo come un insetto a confronto col mostro, che l’arpiona volando dall’alto di un’onda immensa. Una scena del genere ci immette subito nel clima.

Anche il formato orizzontale del catalogo, oltre che elegante ed evocativo del Giappone, è molto adatto a riprodurre i trittici, cioè la successione di tre stampe, con cui Kuniyoshi predilige rappresentare le scene di lotta, ma anche i paesaggi e gli interni di case. Può così sviluppare il senso di dinamismo delle sue scene. Diorama. Cinemascope.

Asahina Yoshihide combatte con due coccodrilli nel mare nei pressi di Kamakura Kotsubo osservato da Minamoto Yoriie(Minamoto no Yoriie kō Kamakura kotsubo no umi y”ran Asahina Yoshihide shiy” no wani o torau zu), 1843, Masao Takashima Collection

Anche l’allestimento della mostra con pareti di colore diverso per ogni stanza che riprende i colori dominanti delle stampe ha un effetto gradevole, non invadente. Le stampe inoltre sono solo appoggiate alla sfondo nero del supporto e non inquadrate dai passe-partout che ne nascondono i contorni; possiamo così apprezzarle nella loro integrità.

I temi che Kuniyoshi tratta sono quelli tipici dell’ukiyoe, Il Mondo Fluttuante, sono quelli che richiede la nuova ricca borghesia emergente, che ama gli attori del teatro kabuki, le fascinose geishe delle case da tè del quartiere di piacere di Yoshiwara alla periferia di Edo, i paesaggi e le vedute dei luoghi più pittoreschi, le mete dei pellegrinaggi, le taverne nei posti di sosta.

Anche in questi soggetti tradizionali Kuniyoshi ci mette la sua cifra particolare. Esaspera il carattere drammatico degli attori, ne deforma i corpi tatuati di mostri avviluppandoli in una lotta mortale con fantasmi spaventosi.

Perfino i paesaggi diventano inquietanti, con rovesci di pioggia taglienti come fili d’acciaio, nuvole minacciose ottenute per sovrapposizioni ondulate di fasce colorate di blu, marrone e bianco,  lampi che attraversano diagonalmente le immagini come in una scarica infinita, onde del mare di una varietà di blu cangianti che diventano artigli minacciosi.

Anche l’espediente di abbassare la linea dell’orizzonte aumentando la sensazione di ampiezza dello spazio è derivata dall’influenza della pittura europea, come la visione prospettica, estranea alla tradizione giapponese. Un mix di horror e realismo che ci paralizza dalla paura è l’enorme scheletro bianco evocato dai poteri della principessa Takiyasha.

Lo scheletro sovrasta tutta la scena e occupa due dei tre fogli del trittico, incombendo spaventosamente. Vediamo solo lui, lo scheletro, su uno sfondo nero, con la spina dorsale flessuosa piegata sulle sue prede, che sta per artigliare le sue vittime, feroci guerrieri ridotti a topolini insignificanti. A dare maggior realismo alla scena e quindi a inquietare di più, Kuniyoshi dipinge le ossa con precisione, a chiaro-scuro, prendendo a modello i manuali di anatomia olandesi.

Fa paura ma è veramente una buona persona(Mikake wa kowai ga tonda ii hito da), circa 1847, Masao Takashima Collection

Kuniyoshi è inesauribile nella sua ricerca di novità e sperimentazioni attraverso le illusioni ottiche e i giochi d’ombre, molto popolari grazie alle lanterne magiche e alle camere oscure importate dall’occidente.

Sono sorprendenti le sue piccole figure di animali, uomini, erbe, che nell’ombra proiettata ne creano più grandi, ma l’invenzione che l’ha reso famoso come l'”Arcimboldo del Giappone” è quella di volti la cui fisiognomica è costruita con l’assemblaggio di tanti piccoli omini raggomitolati.

Proverbi illustrati [con i gatti] (Tatoe zukushi no uchi), 1852, Masao Takashima Collection

L’ultima sala è dedicata ai gatti, la passione di una vita. Ce n’è per tutti i gusti: leziosi che fanno le fusa in braccio a una bella geisha, certi sono travestiti da eroi, da mendicanti, da principesse, altri giocano coi fili di lana, altri ancora minacciano i pesciolini rossi.

Anche l’orrorifico Kuniyoshi era tenero coi micetti.

 

Kuniyoshi. Il visionario del mondo fluttuante, a cura di Rossella Menegazzo, Museo della Permanente, fino al 28 gennaio.

Immagine di copertina: Utagawa Kuniyoshi, La principessa Tamatori ruba il sacro gioiello dal Palazzo del Drago, 1853, Masao Takashima Collection.

 

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