L’orma. Una proposta editoriale per capire l’Europa

In Interviste, Letteratura

Abbiamo parlato con Andrea Cortellessa e Lorenzo Flabbi della casa editrice L’orma, la sua storia, la sua politica editoriale, il ruolo delle collane, la situazione degli esordienti nel panorama letterario ed editoriale italiano

C’è tanto di personale nella costruzione della piccola casa editrice indipendente L’orma.

Prima di tutto il nome: acronimo dei nomi propri dei due fondatori, Lorenzo Flabbi e Marco Federici Solari, e poi anche il titolo della collana di punta: Kreuzville,  ovvero crasi di Kreuzberg e Belleville, quartieri molto frequentati e amati da Lorenzo e Marco.

Kreuzville come luogo letterario. Qual è stata la vostra esperienza e come viene rappresentata nei romanzi?
Lorenzo: Nei due quartieri che danno il nome alla Kreuzville abbiamo a lungo vissuto. A Belleville ho passato sette anni anche molto felici, e a Kreuzberg, dove Marco e io abbiamo abitato un paio d’anni, è dove abbiamo maturato e poi definito quel progetto che è poi diventato L’orma editore. Uniti in un unico nome i due quartieri diventano un luogo simbolico dell’Europa in cui viviamo, con tradizioni antichissime e commistioni recenti, dove si alternano una chiesa del Settecento e un ristorante magrebino, un venditore di kebab e il vecchio tracciato del Muro, la casa dove è nata Edith Piaf e un negozietto cinese di chincaglierie. E da questa altalena di emanazioni “tra virtù e degrado”, tra incensi, spezie e gas di scarico, nasce l’odore dell’Europa in cui siamo immersi. La Kreuzville vuole raccontarlo attraverso quelli che per noi sono i migliori testi che si stanno pubblicando adesso in francese e in tedesco.

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Francia e Germania, il primo pensiero va a due paesi che condividono una multirazzialità difficile, forse meno risolta di quella inglese, cosa produce questa difficoltà in campo letterario?
Lorenzo: Abbiamo scelto quei due quartieri proprio perché rappresentano esempi riusciti di integrazione e stratificazione culturale: Belleville è nata come cittadina indipendente dalla capitale, a cui è stata annessa solo nella seconda metà dell’Ottocento, e poi a una forte componente ebraica si è sovrapposta dapprima quella araba e kabhil, in prevalenza mussulmana, e poi quella di origine asiatica, cinese in particolare. Diversissimo eppure simile è il percorso di Kreuzberg, quartiere del centro della Berlino tra le due Guerre, poi periferizzato dalla presenza del Muro, divenuto operaio, con una forte presenza turca, ma anche cantiere delle più esplosive esperienze di resistenza giovanile a matrice punk, ora ampiamente internazionalizzato: in entrambi i casi siamo lontano dalle frizioni presenti ad esempio nelle cités della banlieu di Parigi, non si tratta di ghetti, ma di zone che interrogano le contraddizioni del reale e a volte riescono a sintetizzarle in maniera straordinaria. Che è per l’appunto quanto chiediamo alla letteratura che poi vogliamo pubblicare.

Kreuzville ha anche una “sorella maggiore”, come viene definita sul vostro sito, si chiama  Kreuzviille Aleph, e “raccoglie opere e autori cruciali della cultura moderna per ricostrui­re il paesaggio vivace, luminosissimo, a tratti segretamente insidioso, del nostro passato.“  Qualche esempio? (Borges?)
Lorenzo: Chiamiamo la Aleph la “sorella maggiore” della nostra collana di contemporanea perché in essa vi pubblichiamo testi che sono in diversa maniera germinativi proprio della contemporaneità: abbiamo aggiunto Aleph al nome Kreuzville sia come riferimento alla prima lettera dell’alfabeto ebraico, e quindi simbolo di inizio e radice, sia per riferirci al punto in cui si concentrano tutte le cose descritto nella famosa Finzione di Jorge Luis Borges (che – va da sé – è ovviamente un nostro nume tutelare). Un esempio perfetto, e per certi versi monumentale, è I giorni e gli anni di Uwe Johnson: un libro decisivo che ha esercitato un’influenza incalcolabile sulle successive generazioni di scrittori tedeschi. Scritto in più di un decennio attraverso gli anni Settanta del Novecento, è un affresco meraviglioso che interpella il nostro presente quanto quello dell’annus mirabilis, il 1968, in cui si svolgono i fatti narrati. E poi Annemarie Schwanzenbach, con quel suo Gli amici di Bernhard che tratteggia una Lost Generation ante-litteram gaudente e sfrontata, o la coltissima irriverenza che François Weyergans ha confidato a Franz e François, il suo libro più autobiografico e impietoso. Si tratta sempre di testi che hanno avuto un ruolo decisivo nelle rispettive culture letterarie e che in Italia non sono mai arrivati (o che, come nel caso dal Sade de I crimini dell’amore o dell’imminente Marcel Aymé de Il romanziere Martin, ci sono arrivati male, o incompleti e meritavano dunque nuove traduzioni e più pertinenti commenti). E poi c’è Annie Ernaux. 

Ho letto i bellissimi libri di Annie Ernaux che hai tradotto. L’idea di occuparsi anche delle traduzioni fa parte del progetto iniziale o è stata in qualche modo una necessità?
Lorenzo: Era senz’altro parte del progetto iniziale. Addirittura con Marco abbiamo cominciato a pensare al progetto di una casa editrice nei mesi in cui stavamo traducendo insieme un testo assai particolare, linguisticamente contorto ma molto gratificante, le poesie di Ciaran Carson. Personalmente poi mi sono occupato molto dell’aspetto teorico della traduzione, in particolare di quella di poesia che è strettamente correlata alle nozioni di influenza, imitazione, riscrittura, e ho dedicato a questi temi buona parte della mia attività di studioso e di docente, in particolare a Paris III tenendo corsi di quella che i francesi chiamano traductologie e che ha molti punti di contatto con la disciplina che in Italia si preferisce spesso definire con il nome di Translation Studies che proviene dal mondo accademico americano. Ciò che fa Annie Ernaux alla lingua francese è qualcosa di unico, la pialla, la stira, la distilla, e sapevo che cimentarsi nel tentativo di fare la stessa cosa con la lingua italiana sarebbe stata un’esperienza impagabile che volevo vivere personalmente. La sua precisione di scrittura attinge a un rigore etico che in qualche maniera si trasmette a chi le legge, e poiché la traduzione è in prima battuta una testimonianza di lettura, quando traduco Ernaux imparo anche come essere una persona migliore.

L'orma_Lorenzo e Marco
Lorenzo e Marco

Una delle vostre collane è interamente dedicata a E.T.A. Hoffmann. Una passione condivisa da te e Marco?
Lorenzo: Sicuramente. Da noi due e da Matteo Galli, che dirige la collana e che su Hoffmann aveva già in precedenza scritto tra le pagine più dense che la germanistica italiana abbia dedicato a questo mostro sacro della letteratura tedesca. Con Marco volevamo da subito cimentarci nell’edizione completa di un classico portando nella cura degli apparati un’esigenza di innovazione che deriva dalla nostra esperienza di ricerca, e abbiamo trovato in Matteo l’esempio perfetto dello studioso pronto a scardinare quegli schemi che si cristallizzano quando ci si assuefà alla consuetudine accademica. Di Hoffmann mancava un’edizione autorevole, nessun Meridiano, nessun’opera completa se non quel tentativo parziale rappresentato da un Millennio Einaudi degli anni Sessanta e introvabile già da decenni. Era il banco di prova perfetto per mettere il nostro lavoro al servizio della comunità dei lettori: c’era una lacuna da colmare, o in altri termini un territorio di ricerca ancora vergine.

La collana dedicata ai testi italiani è curata da Andrea Cortellessa e si chiama “fuoriformato”.  Fuori da cosa?
Andrea Cortellessa: «Fuori formato» è un’espressione che conosce chi frequenti le biblioteche. Che dedicano appositi scaffali a quei libri che appunto per dimensione fisica, materiale, non riescano a trovare collocazione negli scaffali “di serie”, diciamo. Si tratta ovviamente di una metafora che intende rispondere a quella trasformazione, che in molti abbiamo avvertito negli ultimi decenni, di determinati generi letterari di nobilissima tradizione – a partire dal romanzo – in format editoriali prodotti a loro volta in serie dall’industria editoriale, senza alcun riguardo per le specificità tematiche e soprattutto formali di ciascun autore e, soprattutto, dei singoli testi. Se l’editoria tradizionale manipola e amputa certi testi per adattarli ai propri contenitori (ancora una volta, tanto in senso materiale, fisico, che di scrittura), fuoriformato – che è stata pubblicata dal 2006 al 2012 dall’editore Le Lettere di Firenze e che dal ’13 è stata rilevata da Lorenzo e Marco delL’orma, che avevo avuto occasione di presentare a Le Lettere in qualità di ideatori della collana di saggistica Sguardomobile – parte dalla volontà contraria: di adattare forme e dispositivi della pubblicazione alla specificità di ciascun testo. Per questo motivo non osserva alcuna uniformità di veste grafica né appunto di formato, e spesso ospita allegati in forma di cd, dvd ecc.  Qualcuno potrebbe dire che è la negazione del concetto di collana; a me piace pensarla piuttosto come una sua evoluzione, una sua metamorfosi. Esattamente come quei generi letterari di cui si parlava: i quali non vengono affatto censurati o conculcati, da fuoriformato, ma solo incoraggiati a divenire quello che sono (per dirla con un cattivo maestro che ha inventato tante belle formule).

Logo L'orma

Gli esordienti italiani, giovani o maturi che siano, incontrano molte difficoltà di fronte alla prima pubblicazione, gli editori non vogliono rischiare, dicono. Una collana con questo nome non dovrebbe aver paura di un’opera prima.
Andrea: Non sono affatto d’accordo. Non credo sia mai stato tanto facile quanto oggi, per un autore inedito, trovare la strada della pubblicazione. Non solo nella forma dell’autoedizione in rete, e neppure nella forma della pubblicazione cartacea a pagamento, che c’è da sempre, ma proprio dell’edizione in una collana tradizionale. Il numero esorbitante delle novità letterarie immesse ogni anno sul mercato dall’editoria italiana sta lì a dimostrarlo. Specialmente i poeti si sono abituati a saltare ogni forma di “allenamento”, o diciamo formazione, quale in passato era considerato farsi conoscere per gradi, attraverso pubblicazioni sempre più organiche sulle riviste, eccetera. C’è un’impazienza, e spesso un’arroganza, in chi comincia a scrivere oggi, che è a tutti gli effetti incoraggiata da un sistema editoriale che ha fame di divorare (e poi quasi sempre stritola e cestina) la carne fresca degli esordienti. Che poi pubblicare equivalga a farsi leggere davvero, questo è ovviamente tutto un altro discorso. Fuoriformato nella sua prima serie ha pubblicato degli esordi, come quello di Sara Ventroni, ma si trattava di un’autrice che conoscevo da anni, avevo ascoltato leggere dal vivo un’infinità di volte, era uscita su riviste, aveva vinto premi eccetera. In diverse occasioni abbiamo pubblicato opere seconde di autori che solo in seguito hanno incontrato la fama, come Francesco Pecoraro. Un accesso alla pubblicazione leggermente più duro di quanto oggi sia lecito attendersi, a mio modo di vedere, può solo fare bene a un giovane autore.

L’offerta de L’orma si sviluppa in modo molto diverso rispetto al mondo editoriale a cui i lettori sono abituati. Come nasce il progetto e qual è la sua idea di fondo?
Che tipo di lettori avete in mente?
Lorenzo: Come noi, esistono anche altre realtà editoriali che credono, con convinzione, che siano molte le persone che hanno sete di proposte serie, articolate, non infantilizzanti, belle. I nostri lettori sono quelli, disposti ad allargare il loro sguardo sul mondo anche attraverso i libri che pubblichiamo noi.
Ciò che si muove in Europa è interessante proprio perché plurale, disomogeneo, variegato nella lingua e nel pensiero. Francia e Germania sono i territori in cui abbiamo vissuto, quelli in cui si è maggiormente allargata anche la nostra comunità di affetti e di competenze. L’aspetto più avvilente del mainstream è la sua tendenza a ridurre il pubblico a una realtà omogenea, sempre uguale a se stessa, sia in spiaggia che al lavoro, sia nei momenti di euforia che in quelli di disperazione, uniformando non soltanto i diversi individui tra di loro, ma soprattutto le differenti emozioni e ragionamenti presenti nella vita di ciascun individuo.

E’ vero, come dicono in molti, che la concentrazione editoriale sempre più imponente, abbia in realtà aperto uno spazio all’editoria indipendente?
Lorenzo: Davvero non lo so, è una domanda più grande di me, mi spiace. L’unica cosa che mi viene in mente è che gestendo colossi si lasciano per forza aperti grandi spiragli che a volte si possono tradurre in carenza di proposte o in un appiattimento ad alcune tendenze egemoniche. Per le realtà indipendenti e serie questo vuol dire che con relativa facilità potremo avere in catalogo libri decisivi.

L’orma è nata dall’amicizia tra te e Marco, come avete trasformato un’amicizia in una collaborazione professionale?
Lorenzo: È stata la cosa più naturale del mondo. Prima facevamo ore improbabili parlando di tutto, ora continuiamo a farlo ma a fine serata possiamo dirci di aver lavorato come matti.

Immagine di copertina © Beatrice Tomasi

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