“La battaglia di Hacksaw Ridge” mette in scena un’incredibile figura realmente vissuta, quella di Desmond Doss (il bravo Andrew Garfield): cresciuto in un’America rurale e violenta, sfidando l’opinione di tutti e disarmato per motivi di fede, si arruola per andare al fronte. Nel Pacifico, parteciperà, salvando da morte certa 75 commilitoni, a una delle battaglie più cruente della Seconda Guerra Mondiale, quella di Okinawa. Senza sparare un colpo. Un film forte, sincero, assoluto
Nell’America rurale degli anni incastrati fra le due guerre mondiali la violenza è pane quotidiano, una normalità diffusa che non desta particolare scandalo e si nutre di ignoranza e di alcol. La famiglia di Tom Doss (Hugo Weaving) non fa eccezione, e infatti lui picchia a sangue moglie e figli ogni giorno che Dio manda in terra: al mattino perché il sole è sorto e alla sera perché è tramontato. In questo banale inferno quotidiano, fra i boschi della Virginia, cresce Desmond Doss, che a dieci anni sembra non saper far altro, per difendere le proprie ragioni in un litigio col fratello più grande, che dargli un mattone in testa, rischiando seriamente di ammazzarlo. Ed è con l’immagine di Desmond intento a pregare, terrorizzato dall’idea che avrebbe potuto provocare la morte del fratello, che si chiude il primo dei tre atti in cui è diviso La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson.
Nel secondo atto scopriamo che Desmond (ora col volto di Andrew Garfield) è diventato un pacifista radicale, proprio mentre l’America precipita nell’imbuto nero della guerra dopo l’attacco a tradimento dei giapponesi alla base di Pearl Harbor. I giovani americani sembrano tutti mossi da un unico desiderio: indossare una divisa e servire la patria. Anche in questo la famiglia Doss non fa eccezione: il padre aveva combattuto nella prima guerra mondiale, i figli corrono entrambi ad arruolarsi nella seconda. Ma Desmond a questo punto dimostra di non essere affatto come tutti gli altri: cristiano avventista e obiettore di coscienza, vuole essere un soldato ma non vuole imbracciare un fucile, a nessun costo. Una scelta che i suoi compagni trovano incomprensibile, e che i suoi superiori giudicano intollerabile. Subirà ogni genere di sopruso nei duri mesi di addestramento, e finirà anche davanti alla corte marziale.
Anche chi rispetta la sua scelta di pacifismo non arriva a comprendere perché voglia a tutti costi essere un soldato, e gli viene offerto ogni genere di scappatoia per rinunciare alla divisa e tornarsene a casa tranquillo. Ma con la radicale testardaggine dei puri di cuore, dei pazzi, di coloro che davvero sono guidati da una fede assoluta, Desmond non sente ragioni: resiste a ogni pressione, a ogni possibile dubbio e alla fine conquista il diritto di partecipare alla guerra insieme ai suoi commilitoni, ma completamente disarmato. E nel bel mezzo di una delle battaglie più sanguinose della seconda guerra mondiale, quella di Hacksaw Ridge, sull’isola di Okinawa, Desmond combatte a modo suo, prodigandosi come soccorritore e portando a termine un’impresa che ha del sovrumano: riesce a salvare settantacinque compagni da morte certa.
È una storia vera, quella di Doss, obiettore di coscienza che rifiutò l’uso delle armi ma fu insignito della Medaglia d’Onore dal presidente degli Stati Uniti Harry Truman. Una storia che non poteva non colpire Mel Gibson, da sempre regista affascinato da personaggi capaci di affrontare qualunque battaglia come un percorso iniziatico, eroi fuori dalla norma guidati prima di tutto dalla fede, dalla convinzione assoluta che ci sia un modo e uno solo per compiere il proprio destino. Non a tutti piace questo afflato profondamente religioso e fondamentalista che pervade i film di Mel Gibson, ma ancora una volta non si può fare a meno di riconoscere la forza trascinante di questa idea di cinema, tradizionale nell’impostazione ma al tempo stesso dirompente, disturbante, come di solito il cinema hollywoodiano si guarda bene dall’essere.
Rigorosamente diviso in atti, il film di Mel Gibson nella terza parte si rivela uno dei film di guerra più violenti che siano mai stati girati. Un vero e proprio pugno nello stomaco dello spettatore, con alcune scene che si fa fatica a guardare. Gibson non si è mai tirato indietro quando si è trattato di mettere in scena la violenza, e il suo fondamentalismo lo si vede anche da questo. Niente sconti o scorciatoie, a grandi passi verso l’epica, in nome dello spettacolo ma soprattutto della fede, senza mai dimenticare le emozioni. Può anche non piacere l’idea di mondo e di umanità (e soprattutto di religione) che lo guida, ma non si può fare a meno di ammirare la forza delle sue convinzioni e la capacità di trasformarle in cinema. Un cinema vibrante, emozionante, a tratti urticante, sempre sincero.
La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson, con Andrew Garfield, Hugo Weaving, Teresa Palmer, Rachel Griffiths