In attesa del secondo atto che avrà luogo il 12 aprile, ecco una riflessione sulla prima parte della mostra personale di Christian Holstad ‘Salve’ curata da Gioele Melandri presso il Museo Civico Luigi Varoli di Cotignola (RA). Il progetto intreccia la pratica dell’artista con il programma di valorizzazione della cartapesta promosso dal museo e dal curatore.
Lo scorso 9 marzo ha inaugurato presso il Museo Civico Luigi Varoli di Cotignola (RA) il primo atto di ‘Salve’, una mostra personale di Christian Holstad a cura di Gioele Melandri. Il museo dedicato all’artista Luigi Varoli, celebre per le sue maschere in cartapesta, ha trasformato questa tecnica nel suo segno distintivo e principale elemento di ricerca. Il curatore della mostra ha un legame molto stretto con l’istituzione; nei diversi anni in cui ha lavorato al suo interno ha attivato un programma volto a indagare e valorizzare la cartapesta, materiale spesso considerato meno prezioso di altri guardando la storia dell’arte. Grazie a questo assiduo impegno e a una ricerca specifica dedicata agli impieghi di questa tecnica nell’arte contemporanea, Melandri è riuscito ad aprire le porte di un piccolo museo di provincia a grandi artisti internazionali volenterosi di confrontarsi con il particolare contesto.
Quest’ultimo caso è emblematico dell’importanza dell’attivazione di pratiche artistiche in siti culturali considerati marginali nel contemporaneo. Quando un artista del calibro di Holstad, abituato ad esporre nelle più celebri gallerie e rassegne internazionali, si presta a un progetto di questo tipo, significa che dovremmo iniziare a ripensare gli equilibri del sistema e le nuove necessità culturali davanti alle quali esso si deve adattare.
‘Salve’ è la presentazione ufficiale di Holstad al territorio dove vive e lavora da ormai qualche anno, nonché la prima mostra che realizza in un’istituzione pubblica romagnola. ‘A flutter of butterflies atop debris to reach our gentle heights’ è il titolo dell’atto I. Entrati nello spazio, notiamo sulla sinistra una serie di corde da macellaio che penzolano da palloncini in cartapesta volati fino al soffitto. Realizzati con pagine di cronaca del New York Times, al lavoro iconico dell’artista sono state aggiunte lettere e simboli colorati: ‘Salve’ è la prima parola che leggiamo, e verrebbe quasi voglia di ricambiare il saluto che l’artista rivolge ai visitatori.. Sulla destra si slancia ‘Gentle Parade’, installazione composta da carrelli della spesa deformati, stelle filanti e farfalle in cartapesta: materiali di scarto che agglomerati e trasformati rimandano a temi cari all’artista, una riflessione sulla società dei consumi e sui conseguenti rifiuti che essa produce.
Le farfalle che raggiungono il soffitto quasi a volerlo trapassare, riprese nel titolo e in un altro lavoro in mostra, donano però all’opera una connotazione inedita che veglia sull’intero progetto: il concetto di gentleness, gentilezza e delicatezza. Non necessariamente la risposta rivoluzionaria a un mondo ingiusto deve essere quella della forza e aggressività; Holstad ci suggerisce come in un pianeta fatto di guerre e pugni serrati si possa ancora rispondere con gentilezza, atteggiamento decisamente in controtendenza ma necessario per gestire più pacificamente le nostre esistenze e imparare a vivere in una comunità. L’artista fa un parallelismo con la pasta fresca – piatto tipico del luogo in cui ora vive – la sua tenerezza una volta addentata e la delicatezza che ci vuole per prepararla dovrebbero essere esemplari di un atteggiamento più cordiale, un possibile esercizio da sviluppare nel quotidiano. Sul pavimento in un angolo due trash cans, sempre circondati da stelle filanti e da un palloncino ‘caduto’ per terra. In fondo alla sala sulla destra un quadretto perfettamente illuminato recita nuovamente ‘Salve’, scritta realizzata con gusci d’uovo che ricorda i pavimenti a “mosaico seminato” assai diffusi in Emilia-Romagna.
All’inaugurazione nessun prosecco versato in eleganti flute o buffet minimali dai quali è impossibile sfamarsi, si è preferita una cena alla sagra di paese, seduti su lunghe panche di legno in attesa di mangiare cappelletti al ragù preparati da un’affiatata squadra di sfogline. Si brinda con un bicchiere di vino rosso della casa, si ride di tutto gusto, e ci si raccontano storie ad altissima voce perchè si sa, nelle sagre c’è un bel baccano. Melandri – in grandissima sintonia con Holstad – ci ricorda che siamo a Cotignola, non a Parigi o New York, e non c’è alcuna pretesa di esserlo. La scaltrezza sta proprio nell’essere in grado di valorizzare le qualità del contesto senza finzioni di nessun tipo. Ed è decisamente questo che spicca: l’autenticità della mostra, del luogo, delle persone, l’autenticità di Holstad che raccontando del progetto e della comunità artistica intorno a lui si commuove durante un discorso tenuto la sera dell’inaugurazione. La seconda parte della mostra, ‘Hello’, dedicata ai disegni dell’artista realizzati con carta di giornale, avrà luogo il 12 aprile presso il Museo Varoli e gli spazi della Chiesa del Pio Suffragio.
In copertina: Christian Holstad, Salve, 2023-24, carta giapponese, gusci d’uovo, colla, ph. Stefano Tedioli (dettaglio)