“La casa delle estati lontane”di Shirel Amitaï fa rincontrare dopo tanti anni, nella dimora avita in cui sono nate, le protagoniste del film. Costrette a scegliere se venderla o no, finiranno per riscoprire la forza del loro rapporto, a contatto con un mondo esterno che è sempre più minaccioso…
La casa delle estati lontane di Shirel Amitaï, passato a Milano al Festival dei Diritti Umani (22 documentari e 5 film in anteprima) racconta la storia di tre sorelle francesi che dopo anni di lontananza si ritrovano in Israele, la terra della loro infanzia, per una questione di eredità. Le giovani donne si rincontrano dopo la morte dei genitori, che le costringe a decidere cosa fare della vecchia casa ad Atlit.
Cali, la sorella di mezzo, è inamovibile sulla scelta di vendere, e inizia a buttare i vecchi cimeli di famiglia, ormai inutili e dimenticati: la sua priorità è prendere i soldi che le spettano per comprarsi un appartamento a Parigi, e allontanarsi il più presto possibile dai ricordi e dalle sorelle, ultime testimoni di un legame familiare che la giovane sembra voler rifuggire. La sorella maggiore, Darel, ha una famiglia che l’aspetta, ma sembra essere risucchiata dalla quotidianità e dai lavori casalinghi che il vecchio rudere richiede, sempre più convinta, al contrario, di non vendere. Asia, la minore, un’eterea ragazzina che guarda al mondo cogli occhi dell’innocenza, si fa convincere facilmente dai discorsi della sorella maggiore. L’incontro iniziale si tramuta quindi presto in uno scontro dialettico molto acceso, che porta le tre donne alla rottura.
Ma la scissione della relazione familiare tra le protagoniste ha un contrappunto negli avvenimenti che accadevano nell’ottobre del 1995 in Israele: in quel periodo, conclusosi tragicamente con l’assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin, c’era infatti un fervore palpabile, dato dalla speranza di una pace vicina, molto diffusa. Così le mura della casa di Atlit, dall’interno della quale osserviamo la maggior parte delle vicende, diventano anche dei veri e propri confini, a evocare la contrastata storia del rapporto tra israeliani e palestinesi che la regista vuole comunicare.
E la struttura della storia narrata sembra in continuo antagonismo con gli avvenimenti storici del paese in cui è ambientata: se all’inizio del racconto le tre protagoniste si trovano in conflitto per una questione di proprietà, e invece fuori dai loro confini domestici sembra che la pace stia davvero per arrivare dopo anni di guerra e morte, nel finale assistiamo a un ribaltamento. Con la morte di Rabin per mano di un estremista israeliano, avvenuta il 4 novembre 1995, il popolo torna ad essere smarrito e a non vedere altra soluzione se non tornare sulla strada della violenza, mentre le tre sorelle non perdono la loro privata speranza, decidendo di restare unite, ritrovandosi l’una nell’altra.
“La pace può avere inizio solo quando si conosce e si occupa il posto giusto”, dice la regista Shirel Amitaï che con questa sua opera prima mette in scena una storia partendo dalle sue stesse origini e dai suoi ricordi; nata in Israele, ha lasciato la sua terra natia per non tornarci più se non in tempo di pace. Nel 1995 anche Amitaï ha creduto, come molti in tutto il mondo, che fosse arrivato quell’agognato momento in Palestina e Israele potessero convivere senza conflitto, ma, come magnificamente mostrato nella pellicola, alla morte di Rabin tutti persero le speranze. E lei non sentì più né il motivo, né la forza, per tornare nel suo paese.
La casa delle estati lontane è una commedia che parla di legami umani tra i più forti, come quello tra sorelle, e insieme della tragedia di un sogno infranto per milioni di persone, che hanno subito, e che continuano a subire, il tormento di una guerra che non mostra prospettive di conclusione. Forse, nonostante abbia deciso lei stessa di restare all’estero, lontana dalla sua terra d’origine, continua a sperare in un’altra fine. Come le protagoniste del film. E come tutti noi.
La casa delle estati lontane di Shirel Amitaï, con Géraldine Nakache, Judith Chemla, Yael Abecassis, Arsinee Khanjian, Pippo Delbono