Apre domani “Controra”, prima personale dell’artista Teresa Antignani (Isernia, 1991) che racconta, attraverso un ciclo di opere realizzate con le tecniche del riuso e della scultura, i simboli e le lotte della sua terra. Un lavoro complesso, intenso e sapientemente estetico, dal forte sapore sociale e antropologico, che “riluccica” di cultura antica per veicolare contenuti di impegno civile e attivismo contro il femminicidio e l’ecocidio, che affliggono il Mezzogiorno d’Italia e non solo.
Nel Mezzogiorno d’Italia la “controra” è l’ora del giorno quando il sole è troppo alto e il caldo troppo feroce per poter uscire. “Dopo mangiato, tutti a coricare”, come racconta Lina Wertmüller nel suo film I basilischi del 1963. Ma qualcuno non dorme, perché “nella testa continuano a girare domande senza risposta” e quell’immobilità è metafora di passività colpevole, di incapacità di reagire a un mondo depredato, saccheggiato, stuprato da neanche tanto metaforici maschi dominanti che, come fanno scempio del corpo femminile, fanno a brandelli il corpo fisico e naturale di quei luoghi, la cui pace è apparente, pesante e rovente come quella della controra.
Teresa Antignani è un’artista non ancora trentenne nata in Molise ma naturalizzata a Presenzano, nel casertano, nel cuore della terra dei fuochi, delle centrali e dell’omertà. E non dorme. Troppo forte l’amore che la lega alla sua terra, lei che è parte di quello stesso paesaggio e di quella stessa cultura, anima e corpo. Studi brillanti in Belle Arti a Milano, tornata a casa Teresa prende il megafono e, in quella controra, urla, sveglia la gente, la porta a lottare sui piani paralleli del diritto e della dignità, dell’ecologia e del riscatto femminile, sul piano dei valori assoluti, contro quel ginocchio d’oltre oceano che non permette di respirare, che uccide. I can’t breathe, perché mi stai schiacciando il collo; perché la tua mano sulla bocca per farmi tacere mi strozza; perché lo scempio della terra, dei fuochi o delle acque che sia, toglie l’aria, inquina le falde, uccide la cultura e l’identità.
Un impegno civile, quello di Teresa Antignani, che va però oltre il megafono, oltre le mafie, oltre quella classe politica ‘che se ne fotte’ e diventa una questione di metodo, che permette alla sua solida visione strutturale, sociologica e antropologica, di far da sostegno a tutte le istanze, siano del Corpo, della Terra o dell’Arte. I colori e i simboli, il “riluccichio” culturale che costella il Sud, il Barocco napoletano, l’oro, i broccati, la cartapesta sono il materiale grezzo da cui prende a piene mani, in un atto che è solo apparentemente estetico. Come una sacerdotessa di un qualche culto arcaico, Teresa Antignani disgrega e ricompone gli elementi del suo mondo culturale, trasformando il fare artistico in un atto assolutamente politico. E lo fa attraverso la tecnica del riuso, dell’esaltazione dello scarto, della ricomposizione quasi sciamanica del corpo smembrato che torna rinnovato e potente, con lo sguardo aperto verso un passato e un futuro cristallizzati in un momento presente di atavica bellezza.
Come un oracolo, Teresa Antignani non regala soluzioni ma indica con veemenza la direzione da seguire, verso quel gnōthi sautón, conosci te stesso, inteso come coscienza della propria identità, individuale e sociale. Verso una consapevolezza che non si può più rimandare. Che non si può più soffocare nella canicola insopportabile della controra.
Teresa Antignani, CONTRORA, dal 23 settembre al 15 ottobre 2020, Galleria Lorenzo Vatalaro, piazza San Simpliciano, 7, Milano. Opening mercoledì 23 settembre alle ore 18.00.
Immagine di copertina: Medea, impossibilità di accesso al vivere, 2020, polimaterico, cm 340 x 340 (particolare)