Tra le rocce e i ghiacci della lunga dorsale montuosa che accompagna il paese si conclude la trilogia del grande regista. Dopo il deserto di Atacama e il tema della luce e l’acqua che fronteggia la costa, si parla della terra ma anche degli ultimi 50 anni di storia del Paese, delle mille proteste degli attivisti, della voglia dei ragazzi di sapere cosa è successo e perché. E di parlarne finalmente senza paura
A completamento della sua trilogia di documentari, meditativa e profondamente personale attorno al tema del tempo, della memoria e del rapporto con i paesaggi mozzafiato del Cile, e attraverso la sua travagliata storia umana, Patricio Guzmán dirige La Cordigliera dei sogni, un’esplorazione allusiva e inquietante dell’impatto culturale della caratteristica geologica più spettacolare del paese: la sua spina dorsale montuosa innevata. Venendo dopo l’esplorazione del deserto di Atacama e il cielo notturno di Nostalgia per la luce e l’indagine sull’impatto dell’acqua sulla vasta costa cilena in La memoria dell’acqua, la “Cordillera”, più rocciosa e rigida, sembra forse la meno espansiva e sorprendente delle tre. Ma questo la rende una voce autonoma altrettanto potente, al limite dell’essenziale.
Questa trinità della tarda carriera di Guzmán è un risultato straordinario nel cinema dello schema nascosto e della connessione sorprendente e inaspettata. La Cordigliera dei sogni completa il tema degli elementi – cielo, acqua, terra – e fonda la poesia visiva di Guzmán in strati di roccia, magma e ghiaccio. Le Ande cilene corrono quasi per tutta la lunghezza del paese e, dato quanto è stretto il Cile, le vette sono visibili da quasi tutte le regioni, anche da quelle della costa. E così hanno fornito uno sfondo inevitabile, anche se poco considerato, all’infanzia di Guzmán a Santiago, come ci racconta con la sua voce fuori campo familiare e melodica, una sorta di meccanismo di risposta pavloviano per coloro che hanno familiarità con il suo lavoro. Ma le montagne sono contraddittorie: in quanto icona nazionale adornano i loghi di scatole di fiammiferi e marchi di cibo in scatola, ma in realtà sono terribilmente indifferenti alle vite e alle morti che accadono sotto il loro sguardo. Sono anche letteralmente ambivalenti: l’Argentina rivendica gran parte della loro parete orientale, e solo la parte meridionale della Cordigliera (che deriva dallo spagnolo, per “cordicella”) che si estende fino alle Montagne Rocciose, è in territorio cileno.
Molti degli intervistati, tra cui artisti, un vulcanologo, uno scrittore e un cameraman che ha dedicato la sua vita a registrare le immagini della protesta cilena, ricordano come le vette invalicabili della catena montuosa abbiano un effetto sia protettivo che isolazionista. Come un muro incredibilmente grande e naturale, hanno scoraggiato l’invasione e l’aggressione dei vicini del Cile per secoli. Ma hanno anche contribuito a periodi di stagnazione, e un’interiorità che Guzmán affronta con astuzia e senza sentimentalismi.
Su immagini costellate da panorami fluttuanti di ghiacciai e da passi innevati, il regista ancora una volta intreccia i ricordi personali con la storia del passato aggrovigliato e traumatico della sua nazione. Il personaggio che ricorre più spesso è Pablo Salas, un regista e cameraman che ha accumulato un enorme archivio di filmati che documentano decenni di proteste di strada, eventi, azioni di attivisti; un progetto che Guzmán ammira con una punta di rammarico, poiché non vive in Cile dal suo arresto nel 1973 durante le prime fasi del golpe di Pinochet. Tuttavia, mentre riflette sulla nuova ondata di giovani cileni che raggiungono la maggiore età con una curiosità sfacciata per la loro storia, che invece le generazioni precedenti hanno dolorosamente soppresso, suggerisce che potrebbe essere giunto il momento che sia il suo orologio biologico che quello di Salas finiscano il loro lavoro.
Così il Cile comincia a ricordare. E questa trilogia è molto più di un atto di testimonianza. È una memoria vivente e storica, talvolta un’indagine filosofica che al suo termine sembra riportare Guzmán dove tutto ebbe inizio, in una Santiago irriconoscibile da quella che lasciò, anche se circondata dalle stesse montagne immutabili. In un film che sembra un ritorno a casa.
La Cordigliera dei sogni, documentario di Patricio Guzman