Sabina Vannucchi racconta la vicenda, in vari modi autobiografica, di una ragazzina benestante di Pistoia che a 11 anni prende un treno, da sola, per andare a Roma. In viaggio diventa amica di una quasi coetanea rom, che più diversa da lei non potrebbe essere: sveglia, povera, ma senza istruzione. insieme impareranno tante cose, e la fuga di Silvia darà anche un nuovo equilibrio alla sua famiglia
Cosa succede a una bambina di undici anni se scappa di casa per prendere un treno diretto a Roma, senza aver nessuno da cui andare? Come riesce a cavarsela prima che qualcuno la riporti indietro? Di questo parla La fuga, in cui la regista Sandra Vannucchi rielabora un episodio della sua infanzia. Silvia (Lisa Ruth Andreozzi) vive a Pistoia con i genitori Pietro (Filippo Nigro) e Giulia (Donatella Finocchiaro); quest’ultima soffre di una depressione clinica che la costringe costantemente a letto, e ciò impedisce al padre di mantenere la promessa che aveva fatto, di portare tutti in vacanza a Roma. Così Silvia prende una decisione drastica: fugge di nascosto e sale su un treno diretto verso la capitale. Lungo il tragitto, fa amicizia con la giovane rom Emina (Emina Amatovic), e questo legame avrà un forte impatto su entrambe.
Dunque lo spunto viene dalle realtà: a dieci anni la regista prese davvero un treno, da sola, per Roma, all’insaputa dei genitori, ma a differenza della protagonista fu subito acciuffata alla stazione da suoi parenti romani. Anche lei aveva una madre che soffriva di depressione, e infatti a motivare la sua fuga non era solo la promessa non mantenuta di andare a vedere la capitale, ma anche la frustrazione nel vedere le condizioni di lei. Nel film, infatti, la fuga della bambina funziona da evento scatenante, che portando caos e panico in famiglia spinge però anche la madre a ristabilirsi.
Un altro aspetto che viene descritto con cura, una volta che Silvia arriva a Roma, è il confronto tra due mondi, il suo e quello di Emina: quando vede da vicino la realtà degli zingari (alcune scene sono state girate in un vero campo rom), è gradualmente costretta a mettere da parte il suo carattere di bambina viziata, mentre di contro, grazie al loro incontro, Emina inizia a capire l’importanza dello studio come mezzo per aspirare a una vita migliore di quella che gli prospettano i genitori costringendola a mendicare. Così questo incontro ha effetti positivi su entrambe.
Nigro e la Finocchiaro, già noti al grande pubblico, dimostrano un notevole talento, lei in particolare si trova a interpretare un ruolo impegnativo: infatti la depressione del suo personaggio è una vera patologia, di cui non tutti capiscono la portata. Molto brava anche la giovane e promettente Andreozzi, che dimostra di avere un futuro davanti a sé, come la Amatovic, che nella realtà è davvero una ragazza rom. Ma se sul versante della recitazione il film è fatto molto bene, lo stesso non si può dire su quello della sceneggiatura: infatti, sebbene l’idea di partenza fosse buona, i dialoghi sono spesso piatti, e mancano momenti che suscitino emozioni forti nello spettatore, siano esse di tristezza o divertimento.
Inoltre, il messaggio che la regista vuole trasmettere, di potenziale amicizia tra la cultura rom e la nostra, appare fin troppo ottimista, tanto da essere smentito nella realtà: infatti, nel 2015 la Amatovic era a bordo di un’auto che investì una donna filippina alla periferia di Roma, ma i passeggeri che erano con lei lasciarono la donna ferità, a terra, senza aiutarla. Un po’ meglio Vannucchi se la cava sul fronte della regia, in particolare per la fotografia che muta radicalmente a seconda della location: a Pistoia troviamo immagini grigie, statiche, mentre a Roma c’è molto più movimento, illuminazione, a simboleggiare il cambiamento di stato d’animo della protagonista.
La fuga di Sandra Vannucchi, con Donatella Finocchiaro, Filippo Nigro, Lisa Ruth Andreozzi, Madellena Halilovic, Andrea Atzei, Alessio Spagnoli, Dario Andreozzi, Linda Cerabolini