La band milanese si è presentata a JazzMi con un programma nuovo di zecca (E.P. incluso). Groove, ritmo, energia, ironia senza tempo e naturalmente raffinati richiami alla musica afroamericana. Tanti gli omaggi: a Miles Davis, Herbie Hancock, John Lurie ma anche a Lucio Dalla e Piero Umiliani. Intanto la rassegna milanese continua…
Dove vanno i Calibro 35? Secondo me non lo sanno, consapevolmente, neanche loro. Sono queste le premesse al concerto che i quattro hanno affrontato lunedì 21 al teatro Dal Verme per Jazzmi, la rassegna dedicata alla musica afroamericana che attraversa Milano in questo inizio autunno.
Il nuovo E.P. Jazzploitation non aiuta molto a chiarire le idee: il primo dei quattro brani è Chaser, tratto dal gigantesco repertorio di Piero Umiliani e facente parte della colonna sonora del film noir erotico Il corpo, quindi una scelta del tutto in linea con il repertorio storico della band. Poi però arriva una citazione raffinata ed intelligente (come sempre nello spirito dei Calibro) ovvero Ascenseur per l’échafaud di sua maestà Miles Davis. Quindi jazz al suo massimo, se consideriamo la forza evocativa di Miles Davis che nel 1958 arriva a Parigi e compone per il primo lungometraggio di Louis Malle la colonna sonora del film omonimo. La leggenda narra che Davis arrivò solo con la tromba, suonò con musicisti francesi e americani davanti allo schermo improvvisando una serie di capolavori in una sola notte di registrazioni, e facendo innamorare di lui Jeanne Moreau, protagonista del film.
Beh, quando Enrico Gabrielli si mette a riprodurre la tromba di Davis con il suo flauto… viene paura. Quelle paure che assomigliano al timore di un sacrilegio. Poi però tutto funziona. La magia non è la stessa e non potrebbe esserlo, ma il pezzo trattiene l’atmosfera magica dell’originale, traslando con rispetto la creatività di Davis. Chapeau.
L’E.P. prosegue con qualcosa di italiano e molto nazionalpopolare, nella sua raffinatezza: la sigla di un ciclo di film su RaiUno composta da Lucio Dalla nel 1986. Si chiama Lunedì Cinema e di jazz non ha nulla, se non l’improvvisazione vocale di Dalla nell’originale, che qui è riprodotta con grande stile dal cantautore Marco Castello. Bella nella sua capacità di rispettare l’originale, ma non aiuta a capire il percorso jazz che i Calibro (forse) vogliono tracciare.
Quarto e ultimo brano: è Nautilus, composizione del pianista jazz Bob James. L’originale – del 1974 – suona come un danzatore che vi entra in casa con le pattine e vi fa qualche dolce evoluzione sui pavimenti lucidi. Quella dei Calibro 35 invece è la versione di chi vi entra in casa con gli anfibi, ma con quegli scarponi ai piedi riescono a farvi anche il tip tap, tanto sono convincenti nel loro suono antico e moderno al tempo stesso.
Con queste premesse, lunedì entro al teatro Dal Verme, sapendo di inseguire un senso che sarà difficile da raccontare perché fatto di groove, ritmo, energia e ironia senza tempo e senza spazio prestabilito.
I Calibro hanno preparato una produzione originale per Jazzmi. Palco sgombro, solo strumenti e alle spalle schermo gigante con immagini live mixate ad immagini di repertorio anni settanta.
La band come consuetudine va come un treno in corsa, con una scaletta fatta di richiami jazz – da Herbie Hancock a John Lurie oltre al già citato Miles Davis – ma sempre con la consapevolezza di andare oltre un genere o uno stile. E infatti sullo schermo ad inizio concerto appare la scritta “Ogni riferimento a generi musicali realmente esistenti è puramente casuale”, una dichiarazione di intenti che il concerto spiega in tutta la sua completezza. I Calibro 35 vanno oltre i generi: tutto è filtrato dal loro punto di vista, che è quello di quattro musicisti eccezionali che leggono ogni brano inserendo quella strana ansia da colonna sonora di film “de paura”, a cui aggiungono grande ironia e grande amore per i suoni e gli strumenti vintage.
Anche quando affrontano standard jazz come Harlem nocturne riescono a metterci il graffio della loro cifra stilistica, e la dolcezza della melodia diventa qualcosa di inquietante, come se ci fosse sempre qualcosa che non può essere il lieto fine a chiudere il racconto.
Il tutto suonato magistralmente da Massimo Martellotta alle chitarre e tastiere, da Fabio Rondanini alla batteria e ovviamente Enrico Gabrielli alle tastiere e ai fiati, oltre che Roberto Dragonetti eccellente ospite al basso. Non vanno dimenticati Tommaso Colliva alla produzione e direzione artistica e Matteo Castiglioni che si occupava del lavoro legato alle immagini. Non è chiaro se quello al Dal Verme sia stato un concerto unico o se poi i Calibro porteranno in giro questo spettacolo, nel caso non perdetelo.
Continua invece la rassegna JazzMi: molti appuntamenti, ne citiamo alcuni. Domani sera all’Alcatraz proiezione evento di Stop making sense di Jonatan Demme dedicata a un grande concerto dei Talking Heads. Alla serata sarà presente Jerry Harrison, tastiere e chitarra della band. Il 25 ottobre al Conservatorio Stefano Bollani e Iiro Rantala, 26 e 27 al Blue Note il mitico Billy Cobham, l’1 novembre in Triennale Bill Frisell.
In copertina: Calibro 35 (Foto @ Stefanino Benni)