Addio a Piero Scaramucci: oggi, giorno dell’ultimo saluto al giornalista e fondatore di Radio Popolare, riproponiamo il discorso che, non fosse stato censurato, avrebbe pronunciato lo scorso 25 aprile a Pavia e che venne trasmesso dall’emittente
Si può. Si può essere dei giornalisti dotati di rigore, senso critico e professionalità e, insieme, delle persone limpidamente schierate a sinistra, sul fronte dell’antifascismo e dei diritti. E si può, fino alla fine ed è un regalo dell’esistenza, conservare lucidità di analisi e saldezza di radici, politiche e umane. Anche nel conflitto, nella diversità di vedute, nei difficili tempi che stiamo attraversando e che, talvolta, ci portano a dubitare, a rivedere le nostre stesse posizioni.
Con un di più di ironia, una certa e temibile dose di incazzosità e una curiosità instancabile nei confronti della vita e delle forme della politica, Piero Scaramucci è stato tutto questo. Ed è stato per questo parte, in maniera autorevole e riconoscibile, del paesaggio umano migliore di Milano.
Oggi in tanti saremo alle 10,30 nella sala multifunzione del cimitero di Lambrate per salutarlo, riconoscendogli – ognuno per la sua parte, ognuno a suo modo – l’essere stato punto di riferimento di una comunità estesa, anche molta litigiosa, ma vitale e, tutto sommato, resistente.
Non vuole essere questo il luogo per ripercorrere ciò che Piero Scaramucci ha fatto, il suo lavoro giornalistico in oltre trent’anni di Rai a cominciare da quello sulla strategia della tensione e, da fondatore e direttore, della sua creatura, Radio Popolare. E quello che non ha potuto fare pur avendo in mano le carte migliori: per esempio il direttore della scuola di giornalismo che era al tempo in capo all’Ordine, nomina che saltò all’ultimo momento e peccato per chi, tra i giovani, avrebbe potuto imparare con lui e da lui.
Mille racconti e mille ricordi di una vita ricca, coraggiosa e generosa di sé sono possibili: alcuni sono sul sito della radio, altri si rintracciano su quello di Nuova Informazione, sua casa sindacale dopo essere stato tra i promotori di quella straordinaria esperienza che è stato il Gruppo di Fiesole.
Cultweek – alcuni di noi senior lo hanno avuto amico, riferimento, compagno di strada in tante vicende giornalistiche e sindacali – vuole invece ricordarlo con le sue stesse parole, quelle che avrebbe dovuto pronunciare lo scorso 25 aprile dal palco di Pavia, non fosse stato censurato dal comitato organizzatore che pochi giorni prima ritirò l’invito: troppo ‘connotato’ Scaramucci, aveva lamentato il presidente della Provincia. Il troppo connotato Scaramucci quel discorso lo pronunciò lo stesso, dai microfoni della ‘sua’ radio. Lo riproponiamo qui, salutandolo con tristezza e riconoscenza. E cercando di tenerci lontano da ogni retorica: questo non ce l’avrebbe proprio perdonato.
(Assunta Sarlo)