A 5 anni dal brillante “Belluscone”, il regista lanciato da “Cinico tv” torna in “La Mafia non è più quella di una volta” ai suoi temi cari: potere, denaro, malavita, Sicilia. Con due partner che più diversi non potrebbero essere: la fotografa militante Letizia Battaglia, che tanti ammazzamenti ha mostrato in questi anni e Ciccio Mira, talent scout, che vuol organizzare una festa in onore di Falcone e Borsellino
Nel 2014, il regista satirico palermitano Franco Maresco ha realizzato Belluscone: una storia siciliana, che può essere forse meglio descritto come un mockumentary, in cui il registra cerca di dimostrare i presunti legami dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi con la mafia. Quella pellicola ha funzionato perché, anche se non ha mai potuto dimostrare la sua tesi specifica, ha chiarito che la cultura siciliana del silenzio e dell’autocensura, quando si tratta della mafia, non solo esiste ma è anche estremamente efficace. Il nuovo suo film La Mafia non è più quella di una volta, vincitore del Premio speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia, sembra una sorta di sequel di Belluscone: anche se come molti sequel corre il rischio di essere ripetitivo, cercando di riprendere ciò che ha funzionato nell’originale, l’essere costretto a raccontare una nuova storia non lo fa essere pedante.
Nel 2017, sono passati 25 anni dai brutali assassinii di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i famosi magistrati antimafia messi a tacere dalle persone che stavano cercando di perseguire. Durante quell’estate, Maresco esce tra le strade di Palermo per fare intervistare la gente che incontrava riguardo i due magistrati, ora considerati eroi e martiri nazionali. Ma non un solo intervistato è interessato a lodarli, anzi, alcune persone sono negative e altre addirittura iniziano a molestare Maresco e il suo cameraman. Una delle persone più deluse da questa mancanza di entusiasmo per l’eredità di Falcone e Borsellino è la schietta foto-giornalista Letizia Battaglia, che ha raccontato la mafia per decenni. E il film di Maresco si apre con la sfacciata 83enne Battaglia che, anche se non è stata ancora presentata formalmente, è già furiosa col regista perché non l’ha illuminata correttamente: peccato cardinale per un fotografo, ovviamente.
Gran parte del film si concentra sul tentativo di Ciccio Mira di organizzare una festa di strada, la sua specialità da talent scout, per commemorare gli omicidi di Falcone e Borsellino. Ogni volta che appare Mira, lo schermo passa dal colore al bianco e nero, in riferimento a un serial televisivo degli anni ’90, Cinico tv, realizzato da Maresco con Daniele Ciprì, scelta che forse compiace i fan più che un pubblico vasto. Maresco, fuori campo sia che stia conducendo interviste o che offra un commento in voiceover, cerca di capire perché Mira, che è stato arrestato per i suoi legami con la mafia, avrebbe messo in scena uno spettacolo per le persone che hanno cercato di perseguire il crimine organizzato. Ma, qui come altrove, i tentativi di Maresco di strappare un po’ di umorismo dalle situazioni sembrano stanchi, e per chi ha visto il suo lavoro precedente, eccessivamente familiari.
Il problema principale del film, tuttavia, non è che ampi tratti di esso non sono divertenti o raggiungono solo la risata più spiccia. Ci sono state satire intelligenti, come quelle di Sabina Guzzanti, che usano l’umorismo surreale per attaccare gli apologeti mafiosi e i collaboratori di Cosa Nostra nei più alti gradi del potere pubblico. Ma la questione è anche strutturale: Maresco ha scelto Mira e Battaglia come due protagonisti, ma non sembra sapere cosa fare con loro e con i due ovvi opposti che rappresentano. La Battaglia si percepisce soprattutto come una risorsa sprecata, e scompare più volte, forse perché è troppo intelligente per essere costantemente presa in giro, a differenza dell’infinito gruppo di Mira, di (presunti) talenti e collaboratori.
La mafia non è più quella di una volta, di Franco Maresco, con Letizia Battaglia e Ciccio Mira