Machiavelli avrebbe applaudito: dopo 5 secoli il regista Jurij Ferrini e l’Ensemble Diagonale hanno riproposto all’Elfo lo spettacolo nella sua integrità
Nel cartellone di MITO di quest’anno La mandragola di Machiavelli con le musiche originali composte da Philippe Verdelot (1470?-1522?) si presentava come un evento di particolare interesse. Scopo dell’operazione era quello di «riproporre lo spettacolo nella sua integrità dopo ben cinque secoli»: il testo della commedia con le musiche per i cori posti da Machiavelli come intermezzi della commedia stessa. Operazione portata a termine al Teatro Elfo Puccini sabato 12 settembre da Jurij Ferrini (regista dell’allestimento, nonché attore nei panni di Nicia) con il suo Progetto U.R.T (Unità di Ricerca Teatrale), coadiuvato sul versante musicale dal giovanissimo Ensemble Diagonale diretto da Carlo Pavese.
L’allestimento visto sabato sera si potrebbe definire quasi una rappresentazione in forma di concerto, tanta era l’essenzialità della messa in scena, con attori e cantori seduti in semicerchio sul palco (come in una formazione orchestrale) che si alzavano e sedevano al loro turno di recitazione/canto. La Mandragola scorre bene anche in questa veste minimalista, tanta è la forza del testo machiavelliano, e anche i madrigali composti da Verdelot colpiscono per la loro bellezza (e per la più che buona esecuzione dell’Ensemble Diagonale).
Ma il recupero delle musiche di scena di uno spettacolo teatrale non è mai un’operazione di mera filologia teatral-musicale: cambiando le condizioni della rappresentazione non è sempre detto che le musiche possano essere riproposte allo stesso modo. Bisogna innanzitutto osservare che i cori scritti da Macchiavelli non sono semplici musiche di scena, ma delle scene della commedia stessa, una riflessione corale che nel clima di comicità dal retrugusto amaro della pièce assurgono, per contrasto, quasi al rango di coro tragico.
Ecco allora che nello spettacolo due aspetti sembrano non funzionare perfettamente: l’integrazione drammaturgica dei cantori nello spettacolo e la comprensione del testo dei cori. Fatto salvo lo stupore dello spettatore all’apparire dei cantori all’alzarsi del sipario, nel procedere degli atti la ‘forma-concerto’ della drammaturgia sembra estraniare proprio l’ensemble vocale. Per quanto riguarda, invece, la comprensione del testo cantato (pur pronunciato nitidamente dai cantori) sarebbe forse bastato stampare il testo dei pochi madrigali nell’esile programma di sala.
Un’ultima annotazione: a conclusione della commedia l’Ensemble Diagonale intona un altro madrigale di Verdelot, non compreso in quelli del Machiavelli: si tratta della prima strofa della celebre canzone di Petrarca Italia mia, benché ’l parlar sia indarno: bellissimo il testo e altrettanto l’esecuzione, ma, esattamente, qual era il nesso con La Mandragola?