Pop, rock, country-rock, hip hop, folk, punk, jazz, classica: i nuovi album, le ristampe, gli eventi musicali significativi
GLI APPUNTAMENTI
Mercoledì 22 novembre
Classica. Filarmonica della Scala. Musiche di Dvorak e Gershwin, dirige Christoph Eschenbach, al piano Tzimon Barto. Ore 20, replica giovedì 23.
Rock. I losangelini Xiu Xiu al Magnolia, ore 22.
Electropop. Jane Weaver alla Salumeria della Musica, ore 21.
Classica. Quartetto Prometeo, musiche di Sciarrino e Ravel. Teatro Gerolamo, ore 20.30.
Giovedì 23 novembre
Rock. Lydia Lunch & Cypress Groove. Cox 18, ore 21.30.
Campioni italiani. Roy Paci & Aretuska, Magnolia, ore 21.
Venerdì 24 novembre
Contemporanea. Prima mondiale di Ti vedo, ti sento, mi perdo di Salvatore Sciarrino. Dirige Maxime Pascal, Teatro alla Scala, ore 20.30, replica domenica 26.
Sabato 25 novembre
Classica. Exaudi Vocal Ensemble. Musiche di Monteverdi, Tomkins, Gervasoni, De Wert, Sciarrino. Teatro Gerolamo, ore 15 e 20.30.
Lunedì 27 novembre
Contemporanea. Alvin Curran, Teatro Out-Off, ore 21.
Classica. Federico Nicoletti al piano, musiche di Chopin, Rachmaninov e Ravel, Auditorium Gaber, ore 21.
Classica. Enrico Pompili e Alessandro Deljavan al piano. Musiche di Schubert, Liszt, Castiglioni, Debussy, Strauss jr., Ravel e Chopin. Conservatorio, ore 20.30.
Musiche di frontiera. Ara Malikian, Teatro Dal Verme, ore 21.
Martedì 28 novembre
Classica. Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks. Musiche di Bruckner, dirige Mariss Jansons. Serata in memoria di Umberto Veronesi. Teatro alla Scala, ore 20.
POP & ROCK
Canzoniere Grecanico Salentino – Quannu te visciu/ Lu giustacofane/ Pizzica de sira/ Alora/ Subbra e sutta
Pizzica goes global. Nato a Lecce nel 1975, diciannove album all’attivo con questo Canzoniere (****), il Canzoniere Grecanico Salentino è uno strepitoso ambasciatore della nostra tradizione modernizzata con giudizio, che pare quasi lambire i territori dell’hip hop per poi distendersi in ballate ammalianti e in una trascinante attitudine alla danza. Realizzato tra Lecce e New York con un produttore americano, Joe Mardin, e con ospiti di prestigio come il chitarrista Justin Addams e Piers Faccini, Canzoniere ha scatenato l’entusiasmo della stampa americana (New York Times, New Yorker) e inglese (Observer, Independent). Mi unisco agli applausi. La band è formata da Mauro Durante (voce, percussioni, violino), Alessia Tondo (voce), Silvia Perrone (danza), Giulio Bianco (zampogna, armonica, flauti e fiati popolari, basso), Massimiliano Morabito (organetto), Emanuele Licci (voce, chitarra, bouzouki) e Giancarlo Paglialunga (voce, tamburieddhu). Ho scelto su YouTube assieme a Lu giustacofane, unico video del nuovo album disponibile, alcuni brani precedenti che danno l’idea della loro contagiosa vitalità.
Hasa-Mazzotta – È tiempu/ Aux souvenirs/ Capufrisca/ 25 trecce/ Cu ti lu dissi
Ancora Puglia, ancora Salento con il magnifico Novilunio (****), registrato negli studi Real World di Peter Gabriel, musica d’autore contemporanea innervata di Sud e Balcani, memore della Francia, contaminata con la colta contemporanea. La propongono il violoncellista albanese Redi Hasa, da vent’anni trapiantato in Puglia – fra le sue collaborazioni Ludovico Einaudi e Robert Plant – e la cantante salentina trapiantata in Francia Maria Mazzotta, già nel Canzoniere Grecanico Salentino. Interplay perfetto fra strumento e voce, levità e struggimenti, una voce diafana che quando è il caso azzanna e morde (la bellissima versione di Cu ti lu dissi di Rosa Balistreri). Pura magia.
Billy Bragg – Why we build the wall/ Saffyah smiles/ Not everything that counts can be counted/ Full English brexit
Lo avevamo lasciato a girare le ferrovie d’America e a recuperare train songs assieme a Joe Henry (il bellissimo Shine a light del 2016) e lo ritroviamo immerso nell’attualità politica. Niente di nuovo per Billy Bragg, classe 1957, esordi militanti tra folk e punk nel 1983 – un curioso incrocio tra i Clash e Woody Guthrie, del quale musicherà i testi inediti nel 1998 assieme ai Wilco – e una fiera appartenenza laburista che lo ha accompagnato lungo il corso della vita e della carriera. Nel minialbum Bridges not walls (****), sei canzoni e 22 minuti appena, i bersagli sono la deriva a destra (The sleep of reason), la battaglia di una vita contro razzismi e fascismi (Saffyah smiles, sulla ragazza di origine pakistana che a Birmingham sfida l’estrema destra con un sorriso, la storia la trovate qui: https://www.vice.com/it/article/8qjw3z/saffiyah-khan-la-ragazza-che-ha-messo-a-tacere-i-razzisti-inglesi), Donald Trump (Why we build the wall) e la Brexit, alla quale è dedicato il gioiello finale, con l’anziano proletario che si lamenta perché i vicini di casa immigrati bevono il caffè invece del tè e misurano in metri anziché in piedi. E perché «nobody’s listening to me».
Chris Hillman – Bells of Rhymney/ Here she comes again/She don’t care about time/ New Old John Robertson
Chi si rivede, Chris Hillman. Losangelino, 72 anni, fondatore dei mitici Byrds e figura chiave nella nascita e nell’evoluzione del country-rock, molto aveva fatto in diversi sodalizi a due e a tre e in diverse formazioni storiche (Flying Burrito Brothers, Manassas, Desert Rose Band), poco e abbastanza di routine a suo nome. Ora rimedia con questo Bidin’ my time (****), ultima fatica produttiva del prematuramente scomparso Tom Petty (anche chitarrista eccelso, ma questo lo sapevamo: ascoltatelo comunque in Here she comes again). Lo affiancano nell’impresa gli antichi compagni David Crosby e Roger McGuinn, e a tratti sembra di risentire il suono dei Byrds. Gran bel suono, nostalgia canaglia.
MUSICHE RITROVATE
Francesco Guccini – Canzone per un’amica/ Canzone di notte n. 2/ Autogrill/ Chacarera del 55
È più presente che mai da quando si è ritirato. Lui, Francesco Guccini, giura che la musica ormai gli dà fastidio, che non suona più la chitarra neppure con gli amici, che il periodo in cui faceva il cantautore è morto e sepolto. Però va in giro a raccontare di quando cantava, mentre escono a getto continuo inediti e antologie. L’ultima, deliziosa, è il cofanetto L’Ostaria delle Dame (****1/2), che raccoglie in sei cd tre concerti degli anni ’80. Concerti intimi, per meno di cento persone, L’Ostaria delle Dame fondata da Guccini nel 1970 assieme a un frate domenicano è stata a Bologna un luogo leggendario dove si tirava tardi a cantare, mangiare e bere, giocare a carte. Le registrazioni, Guccini dice il vero, sono fresche e gradevoli, Flaco Biondini alla chitarra non perde un colpo e la verve del Maestrone, i suoi aneddoti e le sue tirate, fanno il resto. Consigliato, quasi meglio dei concerti posteriori ai Palasport.
Edoardo Bennato – È stata tua la colpa/ La fata/ Dotti medici e sapienti/ Il grillo parlante/ Il gatto e la volpe
Compie quarant’anni Burattino senza fili (*****) di Edoardo Bennato, la rilettura antiautoritaria di Pinocchio che nel 1977 con un milione di copie vendute fu il disco più fortunato dell’annata, scalzando dal primo posto in classifica persino l’intoccabile Lucio Battisti. L’album è invecchiato bene, anzi non è invecchiato affatto. Grazie alla buccia sonora ricchissima (grandi strumentisti napoletani come Ernesto Vitolo, Tony Esposito e Robert Fix, ma anche il virtuoso Roberto Ciotti al dobro: ascoltatelo in Il grillo parlante). Alle musiche molto più sottili e sofisticate, a riascoltarle, dei rock ‘n’ roll a presa rapida di Il gatto e la volpe, si faccia caso all’andamento da opera buffa di Dotti, medici e sapienti. E, soprattutto, grazie ai testi e alla voce graffiante del “rinnegato” Edo che rifiuta di diventare un “ragazzo perbene”: lo farà anche nel successivo Sono solo canzonette eleggendo a eroe di riferimento Peter Pan. Per il quarantennale esce un’edizione deluxe dell’album con 14 bonus track mentre in concerto Bennato, introducendo Il grillo parlante, aggiunge perfido: «Che comico». Aveva visto giusto, aveva visto lungo: già quarant’anni fa, il grillo parlante era «un profeta di varietà».
Bob Dylan – Slow train/ Gotta serve somebody/ Covenant woman/ Dead man, dead man
Nuova puntata, la numero 13, per i Bootleg series di Bob Dylan: gli inediti, le alternate take, le versioni live, insomma tutto quel che non è finito nei dischi ufficiali. Stavolta, con Trouble no more (****), va in scena il periodo “cristiano” dal 1979 al 1981, uno dei più irritanti anche per i fedelissimi, che vedevano all’improvviso un cantore dei dubbi e delle lacerazioni trasformarsi in un profeta delle certezze e dei dogmi granitici. La musica però era grande musica (soprattutto Slow train coming del 1979, prodotto dal grande Jerry Wexler che aveva lanciato il meglio del soul, e con Mark Knopfler alla chitarra, ma anche i successivi Saved e Shot of love contenevano cose egregie e avevano musicisti stellari), e ho come il sospetto che quella rapida conversione poi svanita nel niente fosse per Dylan un modo per accostatrsi al gospel e alla musica nera. Trouble no more, otto cd, contiene comunque 100 registrazioni inedite e 15 inediti assoluti. Un buon bottino.
JAZZ
Stefano Bollani – Amarcord/ Il buono, il brutto e il cattivo/ Azzurro/ O mio babbino caro e Mattinata
Cartoline formato esportazione. L’ottimo Stefano Bollani con il suo trio, e con l’ausilio di alcuni solisti dei Berliner Philharmoniker, propone “il meglio” di ciò che fa Italia, musicalmente parlando. Nino Rota e Monteverdi, Morricone e Rossini, Puccini Leoncavallo e naturalmente Paolo Conte. Che dirne? Mediterraneo (***), live from Berlino, non avvince e non convince. Un’operazione sul filo del kitsch, uno “spaghetti e mandolino” appena più colto. Ciò detto, Bollani che rifà Azzurro in trio, senza gli inutili e ingombranti archi dei filarmonici berlinici è una certezza. Fosse soltanto un po’ più selettivo nelle frequentazioni e un po’ meno bulimico…
CLASSICA
Krystian Zimerman esegue Franz Schubert
Enfant prodige, vincitore del concorso Chopin nel 1975 a soli diciott’anni, il polacco Krystian Zimerman è davvero, non lo si dice per lode di routine, tra i migliori pianisti in attività. Specializzato in Chopin e Beethoven, il pianista prediletto da Leonard Bernstein affronta ora per la Deutsche Grammophon le ultime Sonate di Franz Schubert, la D 959 e la D 960. Lui dice di essere stato “impaurito” da questo confronto, ma di essersi deciso prima che fosse troppo tardi. Sono due sonate mirabili ed estreme, che il musicista viennese compose come presentendo la fine precoce, a 31 anni. E mirabile è anche l’esecuzione di Zimerman (****1/2), senza sbavature né addolcimenti né forzature melodrammatiche, come di chi scruta il gorgo a ciglio asciutto. Su YouTube, purtroppo, queste sonate non compaiono. Ho rimediato con uno degli Improvvisi.