Che cosa passa questa settimana al convento delle sette note? Zibba e Slowdive all’Alcatraz, i russi Huun-Huur-Tu, virtuosi del canto armonico, al Santeria, Divertimento Ensemble alla Palazzina Liberty. All’Elfo prende il via con il titolo “Crossroads” il consueto e interessantissimo festival di contemporanea di Sentieri Selvaggi
Bentornati Sentieri Selvaggi
«Il titolo di questa stagione ci ricorda come da sempre gli incroci, le intersezioni, gli incontri e a volte gli scontri siano la caratteristica distintiva dei programmi di Sentieri Selvaggi». Carlo Boccadoro parla di Crossroads, la nuova stagione 2018 dell’ensemble Sentieri Selvaggi di cui è direttore artistico: sette concerti all’Elfo Puccini dal 5 marzo al 31 maggio. Lunedì 5 marzo alle 21 il concerto inaugurale, “L’arco dei suoni”, con musiche del britannico Mark-Anthony Turnage (Returning, per il cinquantesimo anniversario di matrimonio dei suoi genitori), di Franco Donatoni (un Sestetto finora assai poco eseguito) e di John Adams (Shaker loops nel 1978 nel quale, spiega il libretto di sala, «si possono notare ispirazioni molteplici: mentre il termine loop indica la tecnica della tape music, la parola shaker ha la polisemica funzione di indicare il tremolo musicale ma anche la danza degli Shaker, di cui Adams ha lontane memorie d’infanzia).
Quelli che si guardavano la punta delle scarpe
I “tuffatori lenti”, da Redading, Inghilterra – Slowdive significa questo – furono assieme ai Ride gli esponenti di punta di uno stile che fra il 1989 e il 1995 ebbe estimatori estatici e detrattori accesi, lo “shoegaze”, alla lettera guardarsi la punta delle scarpe. Glielo affibbiarono i giornalisti musicali, per quel loro modo intimistico di porgersi, pochi e misurati movimenti sul palco, lo sguardo rivolto in basso, tutto il contrario dell’estroversione se non dell’enfasi di band come gli U2. Loro si guardavano la punta delle scarpe perché in realtà tenevano d’occhio i pedali delle chitarre: sul gioco degli intrecci, vocali e strumentali, e sull’uso della distorsione e del riverbero gli Slowdive – tre chitarre, basso e batteria – avrebbero costruito il loro sognante wall of sound e le loro fortune. Sciolti a metà degli anni ’90 – i fondatori Neil Halstead e Rachel Goswell avrebbero proseguito con i Mojave 3 –, gli Slowdive si sono riformati a sorpresa nel 2014 per suonare dal vivo e nel 2017 hanno pubblicato un nuovo disco (Slowdive, titolo minimal) dopo oltre vent’anni di silenzio. Domenica 4 marzo suonano all’Alcatraz, ore 21.
Divertimento Ensemble alla Palazzina Liberty
Se Milano è una delle città di riferimento per la musica colta contemporanea, una ragione c’è. Si chiama Divertimento Ensemble, fondato nel 1977 da Sandro Gorli che tuttora lo dirige. Quarantun anni di attività, oltre mille concerti, sedici cd incisi, più di cento autori che hanno composto espressamente per loro sono il palmarès di questa eccellente realtà milanese. Attiva, oltre che nei concerti, anche nello stimolo alla creatività giovanile e nella didattica. Mercoledì 28 febbraio alla Palazzina Liberty, ore 20.30 (prove aperte alle 17.30), nell’ambito di Rondò 2018, Divertimento Ensemble esegue musiche del pisano Francesco Filidei, di Vittorio Montalti compositore in residence 2018, e della giapponese Yu Kuwabara segnalata all’International Workshop for Young Composers 2017. Secondo appuntamento domenica 4 marzo presso la Galleria d’Arte Moderna, ore 11, per la serie “Autoritratti”, con autori e brani scelti dai solisti dell’Ensemble, stavolta l’oboista Luca Avanzi e il percussionista Elio Marchesini. Qui sotto, qualche campione della loro attività discografica e concertistica.
Zibba dal Club Tenco al pop sofisticato
È appena uscito Le cose: l’ultimo album, l’ottavo della sua carriera, del ligure Sergio Vallarino in arte Zibba. È tante cose insieme, Zibba: cantautore blasonato (con Come il suono dei passi sulla neve nel 2012 ha vinto il premio Tenco) e interprete sanremese (2014, con la bella Senza di te). Autore per sé e per altri (Eugenio Finardi, Cristiano De André, Patty Pravo, ma anche Emma e Max Pezzali) e compositore a quattro mani con colleghi più che affermati (Jack Savoretti, Jovanotti, Tiziano Ferro, Alex Britti). In Le cose si propone cantante pop sofisticato, moderatamente black, giudiziosamente funk, con ospiti assortiti (Britti e Marco Masini, Elodie e Erica Mou, Chantal e David Blank, Diego Esposito), relegando gli umori più cantautorali nelle ultime tracce. Lo si può ascoltare giovedì 1 marzo all’Alcatraz, ore 21, data inaugurale del suo tour.
Spotify, traccia 4 di “Le cose”
Huun-Huur-Tu, le voci nomadi di Tuva
Canto armonico. In inglese “throat singing”. Una tecnica vocale ancestrale e sciamanica in uso nella minuscola repubblica russa di Tuva ai confini con la Mongolia – ma anche in molte repubbliche centroasiatiche, in Mongolia e in Tibet, fra i nativi americani, fra gli Xosa del Sudafrica. Da noi, fanno qualcosa di simile i “cantos a tenores” sardi, e in diplofonie triplofonie e flautofonie si era esibito, nel pionieristico e stupefacente Cantare la voce (1978), lo sperimentatore Demetrio Stratos. In che cosa consiste il canto armonico? Nello sfruttare le risonanze che si creano tra le corde vocali e la bocca, emettendo contemporaneamente la nota e l’armonico relativo, e riuscendo spesso a “tenere” più note. Negli anni scorsi è stata oggetto di culto devoto presso i circuiti avantgarde la più grande delle virtuose di canto armonico, Sajncho Namcylak. Oggi è la volta dell’ensemble mongolo Huun-Huur-Tu, quartetto di musica xoomej (è il più noto degli stili di canto armonico di Tuva) attivo dal 1992, forte di collaborazioni prestigiose (con Ry Cooder, Frank Zappa, Kronos Quartet e Chieftains) e da qualche anno presente nel circuito dei festival italiani. Canti di cavalli e steppe, canti per entrare in contatto con gli spiriti. Con inevitabili contaminazioni contemporanee. Gli Huun-Huur-tu si esibiscono sabato 3 marzo al Santeria Social Club, ore 21.