Un monumentale Jim Broadbent interpreta in “L’imprevedibile viaggio di Harold Fly” di Hettie MacDonald un anziano signore che decide di percorrere 800 chilometri a piedi per ritrovare, e forse salvare, una vecchia amica che rischia di morire. Un piccolo uomo stanco, paralizzato dai sensi di colpa, che si lancia in una scommessa assurda: perché a volte bisogna cambiare per sentirsi vivi
Harold (Jim Broadbent), protagonista di L’imprevedibile viaggio di Harold Fry di Hettie MacDonald, vive nel Devon, nel sud dell’Inghilterra, un’esistenza rassegnata e spenta accanto a Maureen, una moglie (Penelope Wilton) che ha smesso di amarlo tanti anni prima. Queenie, di cui in passato era stato amico, abita a Berwick-upon-Tweed, 800 chilometri più a nord, e la sua vita sta per spegnersi definitivamente nell’hospice dove è ricoverata. Il tumore che l’ha consumata è di quelli che non lasciano scampo e sembra le restino solo pochi giorni di vita, che lei usa per scrivere una lettera d’addio a Harold. Proprio questa lettera, non una mail come ormai fanno tutti – una lettera da scrivere, affrancare e imbucare al primo ufficio postale, come ormai non usa più – riuscirà a risvegliare Harold dal suo lungo sonno. Spingendolo a compiere un gesto insensato e al tempo stesso incredibilmente pieno di senso: uscire di casa e semplicemente partire, a piedi, per raggiungere Queenie e salvarla.
Se Harold fosse un uomo religioso, dotato di una fede luminosa e granitica, avrebbe le sembianze di un voto questo suo mettersi in cammino per impedire a Queenie di morire, per compiere un miracolo rovesciando le previsioni della scienza. Ma Harold non possiede alcuna fede, e nemmeno solide convinzioni: è solo un piccolo uomo stanco, da troppo tempo paralizzato dai sensi di colpa e rinchiuso nella sua vita come dentro il guscio di una tartaruga. Un uomo che un giorno decide di fare una scommessa assurda, perché si rende conto che a volte bisogna proprio cambiare per non morire.
L’immenso Jim Broadbent, nei panni di Harold, riesce a trasformare questo personaggio in una persona, qualcuno che ci piacerebbe incontrare nella vita vera, al tavolino di un bar, in una vecchia stalla, in mezzo alla brughiera, in una tenda, sotto le stelle, su una panchina in riva al mare. Riesce a infondere forza ed emozione a una sceneggiatura (firmata da Rachel Joyce, autrice del romanzo da cui il film è tratto) che spesso arranca e a una regia modesta. Hettie MacDonald ritorna al grande schermo dopo una lunga carriera televisiva ma la sua mano non è all’altezza della forza poetica di questa storia di risveglio e di speranza nonostante tutto, e tende ad affastellare figurine e cartoline, trasformando un lungo, magnifico viaggio di scoperta e riscoperta in una monotona carrellata di villaggi inglesi, tutti ugualmente pittoreschi e grigi, uguali l’uno all’altro. Il risultato è un film gradevole, a tratti commovente, ma che resta ben più piccolo di quel che avrebbe potuto essere.
L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, di Hettie MacDonald, con Jim Broadbent, Penelope Wilton, Earl Cave, Linda Bassett, Daniel Frogson