Passioni e Oratorio di Bach si eseguono spesso solo a Pasqua. Eppure in queste partiture non mancano valori musicali che trascendano la simbologia religiosa
Passioni e Oratorio di Bach: una certezza della Settimana Santa. Le note del compositore tedesco in questi giorni sono risuonate da Berlino a Milano, da Versailles a Montecarlo (passando per Varese, Vicenza, Mantova…), tanto per citare solo alcune città. A Milano è laVerdi che ormai da alcuni anni propone Passioni (quest’anno secondo Matteo) e Oratorio.
Perché così spesso solo a Pasqua? Il valore universale di queste immense partiture suggerirebbe di rappresentarle più di frequente anche al di fuori delle canoniche festività.
Che significato può avere oggi l’esecuzione e l’ascolto di questi capolavori musicali?
Soffermiamoci sulla Passione secondo Matteo, certamente il più significativo tra i brani eseguiti: scritta da Bach nel 1727, si inserisce nella tradizione luterana della Passionmusik, ovvero l’esecuzione, il venerdì santo, di una cantata più o meno ampia (in questo caso monumentale, con le sue tre ore circa di musica) che rievoca, attraverso la narrazione evangelica intercalata da riflessioni poetiche originali, le fasi salienti dell’arresto, condanna, tortura e morte di Cristo. La Passione fu poi riutilizzata da Bach per qualche altro venerdì santo, per poi essere dimenticata. È stato Mendelssohn a riesumarla dopo cent’anni, nel 1829 a Berlino, contribuendo così non solo alla riscoperta di Bach ma anche a una fruizione moderna, concertistica, di una musica nata per tutt’altro contesto: un ibrido tra concerto e rito ancora oggi riproposto e funzionante, a giudicare dall’affluenza di pubblico a questi eventi.
Insomma, cosa ci portiamo a casa oggi dopo aver sentito la Passione e l’Oratorio di Pasqua? Solo una bella esperienza estetica o qualcosa di più? Certo, siamo davanti a un affresco drammatico d’impressionante intensità emotiva, a una musica totalmente “trasparente” nel rievocare quell’evento, al punto che forse non è neanche necessario capire più di tanto le parole (ricordo ancora la commozione dei miei primi ascolti, a quindici anni, senza capire una parola di tedesco e senza avere la possibilità di andare a cercare una traduzione), ma questo non può farci dimenticare la natura originale di queste composizioni.
Forse, allora, più che dare per scontate delle certezze di fede come al tempo di Bach, queste Passioni e l’Oratorio di Pasqua (come altri capolavori simili) – che si abbia o meno il dono della fede – ci pongono davanti a uno degli interrogativi più grandi della storia, che Dostoevskij sintetizzava così: «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo?» Forse anche la musica di Bach può aiutarci a trovare qualche frammento di risposta a questo interrogativo.
La musica, sì, perché è attraverso di essa che Bach ancora ci parla, condensando in queste pagine tutta la tradizione di un’epoca, trasfigurata dal suo genio: e allora ecco il sapiente uso della retorica musicale per mettere in risalto ogni sfumatura del testo e ogni sentimento, i composti e maestosi corali, voce più di ogni altra che al popolo si rivolge, la drammaticità delle arie (quanto di più operistico Bach abbia scritto) e la varietà dei timbri, e infine la dolcezza delle melodie unite a un contrappunto di altissima fattura.
Sarebbe bello poter ascoltare più spesso tutta questa meraviglia in concerto.
Nell’attesa ecco alcuni suggerimenti per le edizioni “di riferimento” da ascoltare e riascoltare tutto l’anno.
Come è facile immaginare, le incisioni della Passione secondo san Matteo e dell’Oratorio di Pasqua sono tantissime; abbiamo scelto tre interpretazioni per brano, cercando di fornire una panoramica più ampia possibile delle possibili scelte interpretative.
Passione secondo san Matteo BWV 244
Otto Klemperer
Storica interpretazione del 1961 che, se ormai è lontana dalle ricostruite sonorità barocche alle quali siamo ormai abituati, è certamente di un’intensità che ha pochi eguali.
Otto Klemperer – J.S. Bach: St. Matthew Passion
Nikolaus Harnoncourt
Per il direttore tedesco la Passione è come un testo di meditazione al quale ritornare periodicamente: numerose, infatti, sono le incisioni della Passione (1970, 1981, 1985, 2000). Strumenti antichi, tempi più agili e un’asciuttezza quaresimale il suo segno di fabbrica.
Massaki Suzuki
Chiudiamo il trittico segnalando l’incisione del 1999 del giapponese Suzuki, al suo debutto con questo momumento, ma già perfettamente a suo agio e dentro la drammaticità della narrazione bachiana.
Bach St Matthew Passion – Suzuki
Oratorio di Pasqua BWV 249
Tra le incisioni dell’Oster-Oratorium segnaliamo quella di Philippe Herreweghe (che ha inciso anche varie pregevoli versioni della Passione secondo Matteo) con il suo Collegium Vocale Gent (Rapidshare, 2008); andando a ritroso, Ton Koopmann alla guida del Amsterdam Baroque Orchestra & Choir (Erato, 1998); per i più curiosi di confronti filologici, infine, val la pena sentire un Lorin Maazel d’annata (Philips, 1966).
Philippe Herreweghe – J.S. Bach: Oster-Oratorium