Eric Barbier ricostruisce, sulla base dei suoi scritti, l’incredibile vita di Romain Gary, eroe di guerra, diplomatico e scrittore tra i più importanti del Novecento francese, nato in Lituania nel 1914 e morto suicida a Parigi nel 1980. E lo fa, sono parole del regista, “mescolando continuamente il vero e il falso, il reale e l’immaginario”, in una costante dimensione onirica. Il suo tocco sornione e surreale tralascia i toni biografici, da cronaca quasi vera, per raccontare una favola tenera e divertente. Merito anche della prova dei due protagonisti, Pierre Niney, un Adrien Brody in versione Dalì, e l’eccellente Charlotte Gainsbourg, che per il film ha meritatamente vinto il César come miglior attrice
Paese che vai, Forrest Gump che trovi: La promessa dell’alba ha molto, moltissimo in comune con la monumentale epopea di Zemeckis. Non dal punto di vista del budget, forse (è pur sempre un film europeo), quanto nel racconto di una vita, sviluppato attraverso l’intreccio con la Storia con la esse maiuscola. Tratto dall’omonima opera letteraria di Romain Gary, il film del francese Éric Barbier (Le Dernier Diamant) attraversa, insieme al suo protagonista, alcune tra le tappe più importanti della storia di Francia (e non solo), dagli inizi alla fine del XX secolo, con tocco sornione, ironico e surreale. Sì, perché, ben lontana da ogni intento documentaristico, questa bizzarra recherche proustiana primi Novecento, dal vago retrogusto di Amélie, sceglie fin dalle prime battute di tralasciare i toni agio-biografici, da cronaca quasi vera, per raccontare una favola, tenera e divertente come tutte le favole dovrebbero essere.
Opera di fantasia, dunque? Non tutta, e meno di quanto ci si immagini: adattamento fedele del romanzo d’origine, la pellicola di Barbier ricostruisce l’incredibile vita di Romain Gary, eroe di guerra, diplomatico e scrittore tra i più influenti del dopoguerra francese, nato in Lituania nel 1914 e morto suicida a Parigi nel 1980. E lo fa, secondo le parole dello stesso regista, “mescolando continuamente il vero e il falso, il reale e l’immaginario”, così come il libro stesso “sublima e ricostruisce la memoria, per renderla epica e straordinaria”.
Barbier, fin qui specializzato in film ad alto budget e basso successo commerciale, questa volta sembra metterci lo stesso impegno (finalmente premiato, con merito, dal pubblico francese) nella cura dei particolari e nella scelta e ricostruzione di location magiche per colori e atmosfere. Il risultato è, anche stilisticamente, una costante dimensione onirica, in cui i ricordi diventano qualcosa d’altro, tra momenti e sfumature quasi da fumetto o da cartoon d’avventura d’altri tempi: impossibile, nei passaggi più concitati, legati a episodi di guerra e viaggi in paesi lontani, non pensare a strisce come Tintin o Blake et Mortimer, tra gusto per l’esotismo e personaggi caricaturali (pur senza mai esagerare).
In primis Pierre Niney, baffetti, nasone, corporatura ossuta e aria perennemente smarrita, un po’ Appuntamento a Belleville e un po’ Adrien Brody in versione Salvador Dalì: è lui a vestire magistralmente i panni del protagonista in età adulta, riuscendone a incarnare tanto la vena comica quanto quella più malinconica. Ma a sorprendere e accaparrarsi legittimamente le luci della ribalta è soprattutto Charlotte Gainsbourg, nomination ai premi Lumière e César come miglior attrice protagonista, e non potrebbe essere altrimenti: La promessa dell’alba è soprattutto la storia del rapporto tra Gary e la madre, presenza costante e ossessiva, ma anche unico punto fermo (del padre di Gary egli stesso racconta poco o nulla) e continua fonte di ispirazione e incoraggiamento. Guida inamovibile attraverso le diverse fasi del racconto, la monumentale interpretazione della Gainsbourg risulta a conti fatti la scelta più azzeccata, benché anche il giovane Niney le regga magistralmente il gioco in una totale e credibilissima sinergia tra i personaggi.
A lei, “mostro di vitalità e ostinazione”, Romain Gary promette di finire e dedicare il suo primo romanzo, Educazione europea, giudicato da Jean-Paul Sartre il miglior testo sulla resistenza francese. E sempre a lei resterà legato, tra devozione sincera e timorosa (ed esilarante) sottomissione per un personaggio tanto determinato quanto ingombrante, al punto da vivere ogni conquista come una rivincita per le sofferenze da lei patite. In tutto questo, La promessa dell’alba riesce ad essere un ritratto a tutto tondo senza alcun giudizio, se non quello della tenerezza per il rapporto profondo e indissolubile che lega genitore e figlio. Dall’inizio alla fine, nel bene e nel male.