Lauriane Escaffre e Yvo Muller debuttano nella regia, dopo un Cesar vinto per il corto “Pile Poil”, con una storia di libertà e amore. Quello tra una donna delle pulizie e il custode dell’Accademia delle Belle arti, che si scelgono per vincere insieme la paura dell’età che avanza. E coronare un sogno di fuga fin troppo a lungo ritardato. Tra opere d’arte improbabili e seducenti, studenti creativi e professori boriosi
Poche storie sulla carta potrebbero sembrare più viste e prevedibili della vicenda di una donna francese di mezza età, dedita al marito e alquanto sprovvista di autostima, che riscopre l’amore e qualche sogno nascosto nei cassetti dell’inconscio tra le braccia di un nuovo collega di lavoro, bruttino anche più di lei, e da principio anche un poco scontroso al punto da meritarsi il soprannome di mammut. Invece Maria e l’amore, scritto e diretto da Lauriane Escaffre e Yvo Muller, debuttanti nella regia ma già vincitori di un Cesar nel 2019 per il corto Pile Poil, dribbla abilmente luoghi comuni, snodi telefonati della trama stando sempre sul filo del rasoio di una storia di gente e sentimenti che più comuni di così non potrebbero essere: la paura d’invecchiare, la voglia di evadere della propria faticosa realtà, la sempre repressa speranza di un fatto nuovo che sconvolga la vita, la fuga in un altrove tanto bello da essere fissato sulla foto di un manifesto turistico.
Maria (Karin Viard, esuberante ma misurata e convincente) è una donna dall’animo gentile, che tutto sommato ama il noiosissimo marito Philippe Uchan e accetta con gioia un nuovo lavoro in un luogo prestigioso, l’Accademia di Belle Arti di Parigi (che subito diventa una sorta di protagonista della storia, così monumentale ma anche imprevedibile). Farà con impegno la donna delle pulizie, ma subito s’imbatte nelle opere d’arte dei giovani studenti, talmente improbabili ai suoi occhi semplici che subito ne butta un paio nella spazzatura, rischiando il posto per questo gesto goffo, un po’ ignorante. Per ambientarsi in quell’ambiente snob, certo non inclusivo verso di lei (ragazzi a parte), chiede aiuto a Hubert (Grégory Gadebois, sornione e seduttivo nel suo non esser seduttivo) da sempre custode dell’accademia, e dei suoi piccoli e grandi segreti.
Maria ha una passione segreta, la poesia, che custodisce in un librino rosso sempre protetto nella sua borsetta, dove le sue rime sono quotidianamente appuntate. Perché nessuno le legga, in fondo. A dispetto di un inizio difficile quell’uomo con la passione del ballo, visibilmente ostacolata dalla stazza, l’affascina, e al tempo lo stesso l’attraggono quelle strane opere un po’ incomprensibili ma seducenti, e quegli studenti entusiasti e impauriti da professori forse un po’ cialtroni. Ora ha nuove prospettive, la libertà, la creatività e l’audacia, e finirà per metterle in pratica anche nella sua vita sentimentale.
Il racconto è ispirato dalla figura della nonna dell’autrice: “me la ricordo”, ha raccontato Escaffre, “come una donnina discreta, che parlava piano e camminava in punta di piedi. Maria è una di quelle persone che non siamo abituati a notare: la sua professione non è importante, la mette in una condizione di invisibilità, sebbene lei invece veda tutto”. Il film rende invece visibile Maria, che a contatto con l’arte si lascia andare alle sue emozioni, si apre alla vita, al punto da fare la modella e posare nuda, lei così incerta sulla sua bellezza fisica messa alla prova dal passare degli anni, per gli studenti dei corsi. E intanto il film si concede più di uno sberleffo verso un’arte contemporanea così opinabile, che nasce per caso, fin troppo dall’estro del momento, e finisce giudicata da che ne sa molto meno di quanto dichiara. Ma anche questa parodia, come del resto tutto il tono del racconto, è lieve, gentile: non vuole distruggere quanto dichiarare un’impotenza, di noi spettatori e spesso anche degli autori, nel definire e spiegare i nuovi, presunti o reali, capolavori degli artisti.
Nel senso della pellicola c’è poi anche un intento risarcitorio. Benché il 50% della popolazione femminile francese abbia superato i 50 anni, questa fascia di età sullo schermo è ben poco rappresentata, si arriva all’8% dei personaggi dei film. Percentuale bassa, soprattutto a paragone dei colleghi maschi coetanei, considerati ancora pieni di fascino e frequentati di più sullo schermo. “Ho accettato con entusiasmo il ruolo di Maria perché ero attirata dalla sua trasformazione”, sottolinea Karin Viard. “I film sono sempre buoni pretesti per evidenziare come le donne conquistino la loro libertà dopo una rottura dello status quo. È una lotta che appoggio pienamente: abbiamo diritto a reinventarci la nostra vita, e serve molto coraggio”.
Marie e l’amore, di Lauriane Escaffre e Yvo Muller, con Karin Viard, Grégory Gadebois, Noée Abita, Philippe Uchan, Lauriane Escaffre, Yvo Muller, Pauline Clément, Tania Dessources, Catherine Salée, Samire Sedira