Il testo di Magdalena Barile diretto e interpretato da Elena Russo Arman con Maria Caggianelli Villani è in scena all’Elfo fino al 20 febbraio
FOTO © LAILA POZZO
Proseguendo un teatro a tematica civile Lgbtq+, Elena Russo Arman, in una produzione del Teatro dell’Elfo in scena in sala Fassbinder fino al 20 febbraio, si cimenta nella storia di quella che viene considerata una delle prime omosessuali nell’Inghilterra primo Ottocento, la gentildonna Anne Lister, soprannominata Gentleman Jack.
Che coronò un suo ideale di libertà sessuale, celebrando il proprio mito e matrimonio con la sua vicina, un’ereditiera danarosa che finanzia non sempre le migliorie del castello. Tutti questi storici gossip vengono dai diari privati della gentildonna aspirante scrittrice – pare somigli a Liala… -, materiale scritto in gran parte in un codice segreto da lei inventato e decifrato decenni dopo la sua morte, in quanto l’argomento era ovviamente tabù.
Chi davvero in Gran Bretagna sdoganò il tema dell’omosessualità femminile fu una grande scrittrice, Radclyffe Hall, che nel 1928 scrisse un magnifico libro che squarciò molti veli e perbenismi, Il pozzo della solitudine. Qui siamo in una zona letteraria più pop, tanto che questa love story ha ispirato anche una acclamata serie tv della BBC-HBO di Sally Wainwright dal titolo esplicativo di Gentleman Jack. Nessuna mi ha mai detto no.
Arman, che aveva già pregato Magdalena Barile di scrivere un testo su misura per questa storia (che fu presentato l’anno scorso al Festival Lecite/Visioni al Filodrammatici) ora lo ripresenta nella sua “casa” artistica in un allestimento più compiuto di cui lei è anche regista oltre che interprete accanto a Maria Caggianelli Villani.
Invece di prendere di petto la società vittoriana, si ricorre ad un ben noto espediente teatrale, quello del doppio: le due donne che si incontrano all’ora del the e del temporale in una brughiera piovosa, prima di diventare le dame di circa due secoli fa, sono una professoressa di oggi di letteratura inglese, corso su romanticismo ottocentesco in zona Brontë e affini, e una sua allieva, dichiaratamente lesbica, che ha scritto una tesi molto sfacciata sulle tendenze sessuali di quelle eroine da cime tempestose, ipotizzando che le sorelle Brontë fossero tutte lesbiche, che Jane Austen fosse un travestito e Virginia Woolf un uomo, mentre se mai era George Eliot che era una donna, in quell’epoca di segretissimi abbracci.
I rapporti tra la prof. e l’allieva sono tesi e difficili ma, dopo il sogno del passato con vestimento e travestimento in diretta, le cose si capovolgono e improvvisamente la prof. decide senza preavviso neanche per la platea di sciogliere le catene e di proporre una seratina presso al camino alla ragazza che è ormai delusa, avendo anche scoperto le ex magagne sentimentali e letterarie della signora.
Molto mélo nella zona attuale, mentre sarebbe stato più curioso indagare sul passato, nella parte proibita dei sentimenti, magari aizzando il sense of humour, ma la somma delle due oppose seduzioni dà vita comunque a uno spettacolo di effetti e affetti suggestivi, un gioco di parallelismi e rimandi in cui si parla di arte e di sesso, di esami e letteratura, in cui le due attrici sono affiatate, misurate e convinte portatrici di un messaggio di liberi tutti che oggi sembra desueto ma che torna vivo quando si pensa al regime liberticida inglese: vedi la storia di Oscar Wilde che l’Elfo ha così ben indagato e poi raccontato. Ed è interessante la commistione tra vita, impulsi e letteratura.