Nella “Società” di Lino Musella e Paolo Mazzarelli la commedia umana dei nostri tempi ma rigorosamente in tre ottimi atti in bilico tra tragicomico; in “N.E.R.D.s” di Bruno Fornasari quattro fratelli confessano i propri bilanci affettivi misti nell’anniversario di nozze dei genitori: quasi una sit com
Per la prima volta (dalla fondazione, che risale nel 2009) la compagnia MusellaMazzarelli rinuncia al dittico composto, per l’appunto, da Lino Musella e Paolo Mazzarelli. I due, con grande coraggio, decidono di aprirsi a una forma di teatro più tradizionale rispetto alle precise (e invero applaudite) scelte binomiali dei tre spettacoli realizzati fino a oggi – Crack Machine, Due cani, Figlidiunbruttodio – e a una ricerca scenica praticamente definita.
Lo fanno con La società, un dramma di innegabile vocazione borghese che mette in scena tre amici, un lutto e una badante d’origini rumene. Al centro della scena e delle frustrazioni dei protagonisti c’è il locale lasciato in eredità dallo zio di uno di loro a tutti e tre. Vittorio ne vorrebbe fare un luogo di tendenza, Salvo – il nipote legittimo – un ritrovo culturale, Ugo ancora non sa cosa farne ed è succube del temperamento degli altri due.
Lo spettacolo, diretto da Musella e Mazzarelli e da loro stessi interpretato insieme a Fabio Monti e Laura Graziosi, rappresenta gradevole esempio di drammaturgia tradizionale; seppur meno ardimentoso rispetto ai lavori pregressi della compagnia, La società è uno spettacolo potenzialmente cattivo, che soffre qualche minima scelta a livello drammaturgico ma che sa bene come orientare i quattro personaggi principali, inclusa la badante Ljuba che prende di diritto il nome di battesimo alla proprietaria terriera del Giardino dei Ciliegi di Čechov.
E il teatro di Čechov è forse un buon metro di paragone – fatti, s’intende, i dovuti distinguo – per avvicinarsi alla messinscena di MusellaMazzarelli: non a caso, come in Tre sorelle, anche qui è un incendio a scuotere le coscienze. Una devastazione che riporta a un passato lattiginoso, che in La società si ripresenta come un flashback ingombrante ma necessario; è grazie alla scelta finale che definiamo i dolori dei protagonisti, i loro ricordi, i contrasti che li animano con ardore.
La società non è banale gioco al massacro, ma stabilisce il riaffermarsi, su tutto, della volontà di non ridurre ogni ambizione a macerie per spettri affamati. Di alimentare la forza dei sogni con le proprie abilità. Di vivere. Ed esplode qui la reale cattiveria del testo: dove abbiamo fallito? E perché? E i quattro attori sono uno più bravo dell’altro, con una piccola nota in più per Lino Musella, alle prese con il personaggio più grigio e “italiano”, un uomo che la mediocrità la mangia ogni giorno a colazione. Una prova d’attore praticamente ineccepibile, la sua. Tutti gli altri, tuttavia, si prestano perfettamente alle dinamiche di un racconto complesso nella sua apparente semplicità, ma che in realtà riesce a dire tanto in poco più di 90 minuti. E il finale, racchiuso nelle parole di una lettera intrisa di passato antico e irrisolvibile, è estremamente commovente. Il teatro giovane e di ricerca è bello e fa bene, ma quello che omaggia la tradizione in maniera tanto onesta merita in egual misura.
La società, di MusellaMazzarelli, al Teatro dell’Elfo fino al 17 maggio
La fratellanza pop dei N.E.R.D.(s)
In “N.E.R.D.s” di Bruno Fornasari quattro fratelli confessano i propri bilanci affettivi misti nell’anniversario di nozze dei genitori: quasi una sit-com
N.E.R.D.(s) è un acronimo che racchiude le iniziali dei nomi di quattro fratelli, quattro figli venuti a celebrare l’anniversario di matrimonio dei genitori in un agriturismo fuori città. C’è un laghetto con le papere, ci sono i palloncini, non mancano gli invitati né tantomeno la torta. Eppure qualcosa non torna. A uno sguardo attento non può sfuggire che quest’istantanea di ostentata serenità è, in realtà, solo la superficie delle cose: una fotografia che restituisce sì paesaggio e persone, ma non l’umanità che lo abita, non il suo guizzare pieno di debolezze, di imperfezioni, di slanci emotivi.Attenzione però a voler approfondire: una volta addentata la crosta indigesta delle ipocrisie, dei silenzi imbarazzati, delle occhiate insinuanti, il ripieno della verità potrebbe risultare altrettanto ostico (anche se più assimilabile). Meglio, allora, cautelarsi con qualche pillola ed evitare che il reflusso (N.E.R.D. sta anche per Non Erosive Reflux Disease) salga dallo stomaco al cuore, fino a farlo scoppiare.
Bruno Fornasari, co-direttore del Teatro Filodrammatici, scrive e dirige N.E.R.D.s – Sintomi, uno spettacolo dalle tonalità spiccatamente pop, la cui definizione corretta potrebbe essere quella di “sitcom teatrale”. Che la rappresentazione di Fornasari cavalchi con consapevole fierezza il mainstream televisivo, lo si intuisce fin dalla sigla (la hit di Bruno Mars Marry you) che apre le danze e dà il via a un carosello di sequenze-gag dove i quattro attori sul palco (Tommaso Amadio, Riccardo Buffonini, Michele Radice, Umberto Terruso) sono chiamati a interpretare tutti i personaggi del racconto.
Ciascuna di queste pillole teatrali, potenzialmente indipendenti tra loro (secondo lo schema ormai antico della “serialità verticale”), è satura di battute salaci, dialoghi brillanti dai tempi serratissimi (forse d’ispirazione Aaron-Sorkiniana: vedi alla voce The Newsroom), aforismi e situazioni degne di un Will e Grace diretto da Gabriele Muccino. Non manca nemmeno qualche tentativo di problematizzare il tutto attraverso introspettive elucubrazioni sull’educazione sentimentale omosessuale, sull’identità di genere, sull’etica, la famiglia e l’uso smodato di farmaci. L’errore sarebbe prenderle sul serio: N.E.R.D.s è intrattenimento puro, dove il ritmo, la corrività delle facezie, i movimenti scenici e la gestualità degli attori non sono altro che gli ingranaggi ben oliati di una giostra spensierata («Alla fine siamo solo un ordine casuale di frasi fatte»). Tutto è leggerezza, perfino la boutade estrema, inammissibile: «Credo di avere il cancro!» «Non è un buon momento neanche per me».
È un bene – vien da pensare uscendo dalla sala–: anche l’effimero vuole la sua parte! Poi però si fa strada una perplessità: mentre dei conigli giganti dell’inquietante sitcom che Lynch rappresentava in Rabbits (e in INLAND EMPIRE) ho ancora stampata un’immagine nitida, i contorni delle paperelle antropomorfe che abitano lo spettacolo di Fornasari sono già sfuocati. E ti viene il sospetto che la questione sia la stessa di cui si lamentano i personaggi di N.E.R.D.s quando parlano dei medicinali di cui abusano: la carenza di principio attivo.
N.E.R.D.s – Sintomi testo e regia di Bruno Fornasari, fino al 24 maggio al Teatro Filodrammatici