Al suo quinto film (anche) da regista il grande attore francese vira decisamente sul noir ispirandosi alla storia vera di un avvocato a fine carriera impegnato, in una città di provincia del Sud tra tori e paludi, in un caso ambiguo e scivoloso. Il cui protagonista (ottima anche la prova di Grégory Gadebois) è un uomo mite, un padre di famiglia affettuoso accusato di aver ucciso la moglie. L’indagine e il processo riserveranno al legale (e al pubblico) più di una sorpresa e un colpo di scena
Jean Monier, protagonista di La misura del dubbio diretto e interpretato da Daniel Auteuil, è un avvocato di lungo corso che da qualche anno ha però deciso di tenersi lontano dalle aule dei tribunali. L’ultimo cliente che si è trovato a difendere ha rappresentato infatti una pessima esperienza, e lo ha indotto a interrogarsi amaramente sul diritto alla difesa che deve essere riconosciuto a tutti, anche a chi si è reso colpevole delle peggiori nefandezze. Quando per puro caso si ritrova ad assumere la difesa di Nicolas, un padre di famiglia accusato di aver ucciso la moglie, i fantasmi del passato sembrano radunarsi tutt’intorno, con esiti imprevedibili e potenzialmente molto dolorosi. Il caso si trascinerà per anni, il processo si farà drammatico, e, tra un colpo di scena e l’altro, la ricerca della verità si rivelerà un sentiero tortuoso, costellato di giravolte, trappole, bruschi cambi di prospettiva.
Auteuil, apprezzato attore con all’attivo una carriera strepitosa, iniziata a metà degli anni 70, non è la prima volta che decide di accomodarsi anche dietro la macchina da presa. Le fil, questo il titolo originale del film, di cui Auteuil firma anche la sceneggiatura insieme a Steven Mitz, è il quinto titolo come regista e sembra voler segnare una discontinuità. Dopo una serie di adattamenti di testi teatrali (di Marcel Pagnol e Florian Zeller), l’attore francese si è rivolto alla cronaca, portando sul grande schermo la storia vera raccontata in un libro di successo dall’avvocato penalista Jean-Yves Moyart, sullo sfondo di una Francia di provincia dai toni noir, in un sud popolato di tori, corride e paludi (dell’inconfondibile Camargue).
Ha confezionato così un legal thriller che forse non riesce a essere sorprendente, ma in compenso mantiene esattamente quello che promette, tra movimenti lenti della macchina da presa, primi piani significativi, incisivi flashback e battute taglienti. Un cinema old fashion, che si pone orgogliosamente al di fuori di mode e tendenze, si ispira a una storia vera e cerca di riflettere con onestà e passione sul rapporto spesso ambiguo tra verità e giustizia, senza schierarsi mai in modo manicheo e appoggiandosi sulla bravura di un cast impeccabile per misura ed efficacia.
Auteuil si muove con la tranquilla sicurezza di un grande professionista, sia dietro che davanti alla macchina da presa, e ha l’intelligenza di scegliersi un co-protagonista talmente bravo da potergli quasi fare ombra: Grégory Gadebois. Nei panni del mite, enigmatico Nicolas questo caratterista visto in tanti film francesi ma fino a oggi sempre rimasto in secondo piano rivela una tempra da protagonista, lavorando di cesello e riuscendo a costruire un personaggio tutt’altro che banale e capace di svelare, inquadratura dopo inquadratura, una complessità ben più inquietante di quella che inizialmente ci si potrebbe aspettare.
La misura del dubbio di Daniel Auteuil, con Daniel Auteuil, Grégory Gadebois, Sidse Babett Knudsen, Alice Belaïdi, Suliane Brahim