La compagnia O.M.T. – Officina Manutenzione Teatrale – presenta la Trilogia della Confessione, spettacolo liberamente tratto da “La confessione”di Walter Manfrè, opera in tre atti divisi in due momenti autonomi: Atto intimo e Atto privato, andati in scena alla Basilica di Santo Stefano Maggiore lo scorso 10 febbraio, e Atto pubblico, che si terrà sabato 24 febbraio al Cineteatro Maria Regina Pacis di Milano. Il progetto, nato durante la pandemia, vuole rispondere al bisogno, avvertito da tutti, di vicinanza e intimità, tentando di abbattere la prossemica teatrale convenzionale tra spettatore e attore per lasciarsi sorprendere dal calore e dalle potenzialità della relazione umana.
Milano, sabato 27 Gennaio, l’indicazione per le prove aperte della Trilogia della Confessione della compagnia O.M.T. – Officina Manutenzione Teatrale, recita: “Basilica di Santo Stefano, prove aperte ore 21.00”. Arrivo con mezz’ora di ritardo immerso nella rediviva nebbia del centro di Milano. Da una delle porte si affaccia un uomo che mi invita ad entrare.
La basilica si presenta vetusta, l’intonaco caduto da alcune pareti si contrappone allo stucco usato per riempire alcuni spazi. Il silenzio è totalizzante e impone allo spettatore un religioso quanto obbligato passo leggero. Le gambe si muovono con leggerezza, ricercando le vie di fuga tra le lastre di marmo che fungono da pavimentazione.
Gli ospiti sono sei, le prove stanno per iniziare, a piccoli passi il gruppo di visitatori si muove verso l’altare. Un prete vestito di stracci ci intercetta e sugli scalini ha inizio la sua recita rumorosa.
Incalzanti sin da subito, le parole dell’uomo appaiono ciniche e potenti, con il procedere della performance dure e urlate.
Io non so cosa guardare, rimango in contemplazione, mi sfiora la guancia e mi invita a sedermi su di una delle panchine dove avrà luogo il confessionale. Non replico, mi fido delle sue indicazioni e mi siedo.
Gli attori vestiti di stracci raggiungono gli spettatori già seduti sulle panche da chiesa, una donna mi affianca, la fisso senza che il mio volto mi tradisca, sono in contemplazione.
Il silenzio viene interrotto dalla donna: “Io faccio la pescivendola”.
Arrossisco e smetto di guardarla, inizio invece a fissare il cristo crocifisso che ho di fronte, è una scultura a dimensioni reali.
Io lo fisso, lui mi fissa. Rimango in silenzio.
La donna continua a guardarmi mentre parla, non reggo il peso dello sguardo.
L’attrice è brava e mi regala la sua sofferenza senza che io abbia nulla da restituire se non il mio tempo e la mia completa attenzione.
Il suo monologo continua e le sue confessioni diventano sempre più personali, mi parla di come il suo banco al mercato offra sempre pesce fresco, si definisce una donna giusta.
Aveva un figlio, che ha dovuto abbandonare per mancanza di liquidità, il figlio ora è grande e fa l’avvocato, ha frequentato le migliori scuole e si è fatto uomo, ha regalato grandi soddisfazioni alla sua famiglia affidataria ma nulla alla “vera” madre, che presa dal desiderio di maternità sceglie di presentarsi un giorno nello studio del figlio.
Il rapporto tra loro due nasce in quel momento, un rapporto occasionale, i due iniziano a studiarsi, all’amore incondizionato di una madre si contrappone il giudizio del figlio. Gli anni di privilegio lo hanno annebbiato, reso giudicante, dal suo castello d’avorio vede l’utero che lo ha partorito come un ostacolo e non un vanto.
Come in ogni dramma familiare l’allontanamento inizia dal figlio.
“Puzzi da far vomitare! ti si sente da lontano”.
La follia si insinua nella coppia inacidendo la madre che patisce il tradimento come se una parte di sè diventasse ora intollerabile. Il ragazzo muore in un lago di sangue, accoltellato dalle mani generatrici della madre, che scomunica il figlio. Con gli ultimi sforzi il figlio le dedica la più pura delle parole: mamma.
Sono ormai 5 minuti che fisso Cristo, sono stanco e, per quanto il dialogo si sia consumato tra me e la donna, non riesco ad escluderlo.
Lui mi guarda sanguinante dall’alto, io replico sanguinante dal basso.
Io spettatore sono tenuto a rimanere fermo mentre lo spirito della donna si allontana e si dà il cambio con un altro, anche questa volta femminile.
Il mio senso di imbarazzo non demorde e continua ad impedire il contatto visivo, intorno al mio collo un giogo mi blocca sul volto di cristo, ormai mio confidente personale, e io divento un ponte che collega la sofferenza di una donna al confessore più “clemente”.
La seconda messa in scena ha inizio, una figura psicotica ed incapace di fare affidamento sulla sua memoria si concede a mano a mano.
Un ricordo violento di una donna fragile, un ricordo pesante di una donna leggera.
La storia narrata è difficile da riportare, perché vuole essere tale, ti trascina nella stanza annebbiata che racchiude il ricordo.
E’ un altra storia di violenza, un’azione indefinita si è compiuta in una stanza, e le parole sofferte dell’attrice la raccontano.
La donna si alza, e raggiunge il resto delle anime nella navata centrale della chiesa.
Il loro tempo con me è finito, tiro un sospiro di sollievo e vengo invitato a raggiungere un punto all’ingresso.
Nella stessa posizione nella quale si sono ritrovati all’inizio, i visitatori sono tenuti a rimanere in silenzio e composti, ammirando l’espiazione dei peccati di queste anime tradite, con le quali abbiamo dovuto condividere una dispiacevole mezz’ora.
Usciti dall’ingresso in silenzio, la nebbia di Milano torna protagonista, regalando a tutti un po’ di tempo per riflettere.
Sebbene i posti per visitare la mise en scène siano ormai esauriti, sabato 24 Febbraio la trilogia si concluderà con l’Atto pubblico al Cineteatro Maria Regina Pacis. Non potrò non andarci.
Compagnia O.M.T. – Officina Manutenzione Teatrale, Trilogia della confessione, per la regia di Stefania Zito e Riccardo Meroni, con la collaborazione di ACLI Milanesi, liberamente tratto da “La confessione” di Walter Manfrè.
Atto intimo e Atto privato: si sono tenuti sabato 10 febbraio alla Basilica di santo Stefano Maggiore a Milano;
Atto pubblico: si terrà sabato 24 febbraio ore 21:00 al Cineteatro Maria Regina Pacis in via Emanuele Kant 8 a Milano. Ingresso a offerta libera fino a esaurimento posti, prenotazione consigliata.