Con “La vendetta di un uomo tranquillo” Raùl Arévalo, già protagonista di un altro bellissimo noir spagnolo, “La isla minima”, passa alla regia facendo di nuovo incetta di Goya, gli Oscar iberici. Il suo racconto di un giustiziere casuale e “quotidiano”, in una Madrid in crisi sociale ma che resta lontana dai grandi fatti pubblici, mostra un ritmo impeccabile e grandi protagonisti: Antonio de la Torre, Luis Callejo e soprattutto Ruth Diaz, premiata anche alla Mostra di Venezia
C’è una nuova frontiera nel cinema spagnolo: il thriller. E il rilancio di uno dei generi canonici del cinema classico, hollywoodiano e non, segnala che la padronanza raggiunta dai cineasti iberici, soprattutto giovani, nell’usare i meccanismi del noir si abbina a una notevole capacità di mostrare quanto si può raccontare, in filigrana, della realtà (in termini sociali, culturali, politici) attraverso le trame del giallo. Seguendo il percorso di splendida creatività che va da Nemico pubblico a Ossessione.
ll thriller recente, declinato in versioni anche molto diverse, metropolitano e non, attuale e con ambientazione storica, ha raccontato molto. Per esempio la transizione post-franchista in La isla minima (dieci Goya, l’Oscar spagnolo, vinti nel 2014, tra cui film, regia, script e i due protagonisti) di Alberto Rodriguez con Javier Gutiérrez e Raùl Arévalo, splendido esempio di strana coppia di poliziotti impegnati a indagare su un serial killer di adolescenti in un paesino sperduto, in cui il reazionario, violento epigono della dittatura appena morta fa squadra litigiosissima con il giovane e aperto investigatore all’europea, proiettato nella nuova Spagna.
Qualcosa dice del paese contemporaneo, dilaniato dalla crisi che rende molti più disperati e pochi arricchisce, anche il meno apprezzato Desconocido (2015) di Dani de la Torre con Luis Tosar e ancora Gutiérrez, un giallo forse più convenzionale ma dal ritmo ansiogeno, in cui un dirigente di banca, simbolo di un’avida classe media in ascesa, apprende da una telefonata che nella sua auto, con la quale sta portando a scuola i figli, c’è una bomba a tempo che li ucciderà tutti se non pagherà una cifra astronomica, simbolo spropositato dell’assurdità di un’economia finanziarizzata senza limiti.
Ora è in uscita La vendetta di un uomo tranquillo di Raul Arevalo, che passa qui da attore a regista con lusinghieri, vincendo a sua volta quattro Goya (per il miglior film, regista esordiente, attore non protagonista, sceneggiatura) grazie a un tessuto narrativo che dà spazio anche a toni di commedia e melò: e utilizzando al meglio un’ottima compagnia di attori in cui spiccano Antonio de la Torre, Luis Callejo e Ruth Diaz, premiata a Venezia 2016 come miglior attrice. Ma i comprimari non sono da meno.
È un thriller spietato, dai tempi ferrei, con qualche debito d’ispirazione celebre ma senza le sbavature iper-realiste e ultra-sanguinolente di molti noir d’oggi, che riporta in primo piano una figura chiave anche in altri generi di cinema (il western, per esempio), quella del giustiziere. In questo caso mosso, come dice il titolo, da un’irrefrenabile impulso vendicativo, avendo perso la moglie amatissima in una rapina di balordi in banca. Andrà a rintracciarli un per uno, di alcuni fingendosi pure amico in una quotidianità che sembra sempre sul punto di esplodere, e imbattendosi strada facendo in un amore impossibile e qualche amara sorpresa. Fino allo show-down finale.
Un killer casuale ma non per questo meno efficiente e determinato, che vive in una Madrid minima quasi come la isla, lontana e abbastanza impermeabile ai grandi fatti che hanno cambiato la vita pubblica spagnola in questi anni, ma non al sicuro dalle sue conseguenze quotidiane. Una periferia dell’anima che genera una voglia di giustizia senza regole né certezze, in cui, come nei grandi noir della classicità americana, di veri vincitori, anche solo morali, non c’è neanche l’ombra.
La vendetta di un uomo tranquillo di Raùl Arevalo, con Antonio de la Torre, Luis Callejo, Ruth Diaz