La vita delle donne, un’indagine mai finita

In Saggistica, Weekend

Tra sociologia e femminismo si muove ‘Passaggio di consegne. Il privato è politico, tutta la vita’ il saggio di Marina Piazza che raccoglie i suoi scritti frutto di ricerche sul campo nell’arco di 40 anni. Lavoro di cura, conciliazione, rapporto con il maschile, maternità, welfare, età della vita fino alla vecchiaia le parole chiave del suo lavoro

Si muove tra due poli, la sociologia a piedi scalzi ovvero lontana da posture troppo accademiche e il femminismo, inteso sia come lente sia come militanza, il libro di Marina Piazza, ultimo di una vasta produzione che ha indagato le differenti età delle donne dalle trentenni alla ‘nuova’ vecchiaia, l’età che ha colto quasi di sorpresa quelle che, socializzate nel ’68,  sempre si sono sentite ragazze.

E allora ecco in libreria  Passaggio di consegne, un saggio che raccoglie una serie di scritti in un arco temporale che va dal 1981 al 2024 all’ombra di un sottotitolo eloquente: “Il privato è politico, tutta la vita” e che mette a fuoco i diversi interessi di ricerca di Marina Piazza: delle età delle donne abbiamo già detto, e poi la relazione con l’altro, il maschile, la maternità, la conciliazione o condivisione, il lavoro di cura, le policies, le politiche che intorno a questi temi sono state messe in atto poco e male, salvo eccezioni. Il tutto con uno sguardo lungo e nutrito dalle competenze che l’hanno portate a fare molta ricerca sul campo e dunque a conoscere la vita delle donne – ascolto, dice, è per me la parola chiave – nel mentre si faceva, nel senso del tessere, la propria. Giovane donna  nel ’68 (lo racconta nel libro collettivo di Fondazione Badaracco Ragazze nel ’68) con interessi che spaziavano dalla Cina alla lotte sudamericane, poi l’irrompere del femminismo che, anche per lei, sovverte  dalle fondamenta l’architettura dell’esistente, la maternità,  gli incontri con il pensiero delle altre, Laura Balbo per esempio, l’esperienza del Griff, il seminario che le fa intravedere la possibilità di intrecciare ‘il mio percorso di donna e il mio desiderio di conoscere, la mia soggettività e la mia intellettualità’. E quel che vuole conoscere, indagare, che l’appassiona e la commuove, da allora ad oggi e che questo libro ben testimonia, è appunto la vita quotidiana delle donne, la loro forza e la loro fragilità, il loro essere ambivalenti, aprendo così, nei mondi che attraversano, delle faglie di complessità. E forse, consentite la battuta che tale del tutto non  è, anche complicandosela abbastanza questa vita…

Se infatti si chiede a Marina Piazza se è un destino delle donne questa ambivalenza, se non si scappa dall’essere ‘doppie’, mai intere, sempre qui e anche lì – nel privato, nel mondo della cura e sulla scena pubblica e nel lavoro per il mercato – la risposta è un convinto sì, che non riguarda solo le madri ma tutte le donne che portano anche nelle organizzazioni del lavoro uno scarto, un tempo diverso, una domanda differente. È il motivo per cui, sostiene Piazza, anche se tutto viene messo a profitto incluse le ‘soft skills’ femminili, le donne non sono mai del tutto valorizzate, perché farlo significherebbe cambiare in toto le strutture sociali e produttive, riconoscere l’interdipendenza e l’imprescindibilità del lavoro di cura, alla fine mettere in discussione il privilegio patriarcale. Vale per il mondo del lavoro, vale per i palazzi della politica di cui Piazza ha avuto esperienza interessante e faticosa, presiedendo per tre anni, nei primi del Duemila, la Commissione nazionale pari opportunità.

Passaggio di consegne è stato pensato ai tempi del Covid. In quella forzata separazione, in quel vedere e temere la fine, si è fatto strada il desiderio di raccontare alle giovani donne cosa è stato pensato, cosa è stato praticato dalla generazione che ha vissuto il femminismo degli anni ’70, che si è interrogata sulla propria identità e insieme che ha lottato per le conquiste che hanno fatto più civile e meno diseguale questo paese, dal divorzio all’aborto ai diritti conquistati sul lavoro e nelle famiglie. Non per fare un bilancio ma per disegnare una traiettoria che è individuale “vivere molte vita in una sola”  ma in costante  dialogo – c’è della fortuna a poterlo dire di sè – con le trasformazioni collettive e con le soggettività in campo. Il libro – scrittura scorrevole e riflessione nutrita anche da tanta letteratura – si muove cronologicamente e si divide in tre parti: la prima che, attraverso i testi, disegna l’approdo di Piazza al femminismo e alla sociologia, la seconda, più corposa, dedicata al lavoro che ha condotto per oltre trent’anni sui temi della conciliazione e della cura, la terza ed ultima alla riflessione che ha coinvolto, sotto la guida di Piazza, diversi gruppi di donne su una vecchiaia che ha nuove figure perché vi approdano donne che da giovani hanno rotto la trama già scritta della vita delle loro madri.

Ci sono persistenze, ci sono rotture, nuovi scenari così come nuovi femminismi? È interessante leggere questo libro, interrogare il pensiero di Marina Piazza tenendosi accanto queste domande: tantissimo è cambiato dagli anni ’70 a oggi, nel pubblico e nel privato, nuove generazioni abitano il mondo e sono portatrici di domande e conflitti che attraversano anche il mondo del femminismo. Tanto però sembra inscalfibile o quasi e Piazza confessa di avere ad un certo punto abbandonato l’enorme lavoro  fatto sulla conciliazione proprio perché le sembrava fosse poco compreso sia a livello della quasi inesistenti politiche pubbliche (e a vedere l’oggi, a dispetto delle retoriche nataliste, non si può che essere d’accordo) sia dal femminismo che lo leggeva come una pratica di mediazione che archiviava il conflitto. L’altro motivo sta proprio nel profondo cambiamento delle questioni in campo, nella precarizzazione del lavoro, nel suo sfilacciamento, nelle difficoltà crescenti che le giovani donne incontrano: “con una sintesi un po’ azzardata- scrive Piazza – è finito il lavoro è finita la maternità…”. Potremmo dire, dati alla mano,  che si è molto ridotta  e che questi numeri vanno letto anche come una sorta di sciopero delle donne: se le politiche di welfare – attenzione non ‘per le donne’, ma per tutti – latitano, se la richiesta del mercato del lavoro è sempre più ‘senza se e senza ma’ e divora spazi e tempi della vita in cambio di salari bassi e precarietà elevata, se la condivisione con il partner aumenta ma lo fa troppo lentamente ecco che giovani donne che hanno investito su se stesse ci pensano, rinviano o scelgono di non diventare madri.

Alla fine: Marina Piazza ha centrato con questo libro il suo obiettivo e in tante possiamo ritrovarvi pezzi del nostro percorso, del nostro lavoro, della nostra pratica femminista e, più in generale, della trama delle nostre vite. Ed è bella e ‘riassuntiva’ la semplice dedica di Passaggio di consegne che riporta là dove tutto è iniziato e per fortuna non finito perché ci sono le figlie, le giovani donne, le bambine e le loro vite da vivere e da raccontare: ‘A  tutte le donne che ho incontrato, a cui ho voluto bene, che mi hanno fatto scoprire cosa significa essere insieme”.  

In apertura : affresco minoico.

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