Uno spettacolo sul primo calcio a un pallone, in piena Guerra Mondiale, nel cortile di una fabbrica di armi. Il primo calcio di una donna
FOTO: La squadra delle operaie della fabbrica di munizioni AEC – Beckton, Londra © IWM (HU70114)
Ci sono prime volte “storiche” di cui ognuno di noi costruisce un aneddoto molto personale: la prima volta in cui qualcuno ha acceso una lampadina elettrica, il primo volo in aereo, il primo passo sulla luna … Ecco, se avessi dovuto immaginare la prima volta in cui una donna ha tirato un calcio a un pallone, me la sarei immaginata esattamente come l’ha descritta Stefano Massini nel suo Ladies Footbal Club, un libro che è diventato uno spettacolo teatrale per la regia di Giorgio Sangati.
Prodotto dal Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Ladies Football Club è andato in scena al Teatro Studio Melato, in una cornice con spettatori ridotti che non ha perso nulla della sua raccolta bellezza. In un monologo crescente che si tramuta in più voci e più personaggi, Maria Paiato racconta una storia potente, ispirata a fatti storici ma permeata di realtà romanzesche che tratteggiano incredibili ritratti femminili e ci restituiscono la tenacia con cui durante la Prima Guerra Mondiale si doveva andare avanti.
Tutto comincia in un giorno d’aprile del 1917, subito dopo la rivoluzione russa e qualche mese prima della disfatta di Caporetto, nel cortile della Doyle & Walker Munizioni di Sheffield: una normale pausa pranzo, un gruppo di operaie e un pallone abbandonato tra loro. A volte gli ingredienti di un grande cambiamento sono pochissimi ma la loro combinazione è fatale. Dieci donne si uniscono alla prima compagna che ha tirato un calcio al pallone e si sfidano al gioco che fin da bambine hanno visto fare ai fratelli, agli amici, ai futuri mariti. In quel gioco ritrovano la leggerezza di un tempo senza guerra e riassaporano la certezza di poter contare sulle proprie forze.
Con quel primo calcio cade la prima tessera di un domino che le travolgerà, guidandole nel tentativo di cambiare le regole. Ognuna di loro comincia a ritagliarsi un proprio ruolo, qualcuna persino contro la propria volontà, e tutte si allenano, costanti, dedicando le pause pranzo a quella corsa sfrenata che è allo stesso tempo agonismo, gioco liberatorio e gioventù. Tutte hanno una storia, una vita alle spalle che la Guerra ha tranciato di netto, e tutte nel 1917 lavorano per produrre munizioni da inviare al fronte. Qualcuna di loro è sola, qualcuna pensa al marito in guerra, qualcun’altra evita il marito che il fronte le ha restituito sordo e mutilato. C’è chi predica la rivoluzione e semina idee anti capitalistiche, chi si appunta citazioni dalle riviste femminili per vestire la propria solitudine di un tessuto intellettuale, chi non mette freni alla propria forza e sfrutta la corporatura per prevaricare… Ad accomunarle ci sono quel pallone e quella voglia di corrergli dietro.
Le undici operaie si uniscono in una squadra ufficiale, il Ladies Football Club, e inizia così la loro avventura: notate dal padrone della fabbrica, vengono coinvolte in una serie di sfide in cui saranno costrette a fare i conti con le proprie paure. Si ritaglieranno con coraggio un posto d’onore nel calcio di quegli anni bui della Guerra, misurandosi con la realtà che speravano di dimenticare correndo sul campo, senza capire se fossero più amare le sconfitte o le vittorie. Peccato che, al ritorno degli uomini dal fronte, al ritorno dei veri giocatori,dei professionisti, il loro primo impulso sia quello di rimettere le donne al loro posto, a bordo campo: ringraziarle certo, per la buona volontà, ma richiamarne l’antitesi al maschile, per sminuirne le capacità. Per loro, essere donna è sempre voce del verbo guardare e non, come invece hanno dimostrato le operaie del Ladies Football Club, voce del verbo giocare.
“Il campo da calcio non era un campo da calcio, era un posto strano, bellissimo e terribile, dove accadono chiaramente cose che là fuori si nascondono”