L’American saga di Costner, una vera cattedrale nella prateria

In Cinema

“Horizon” è il suo quarto film da regista, e qui è pure interprete, sceneggiatore e produttore. In circa tre ore di un kolossal che si annuncia monumentale (4 pellicole, da spezzettare forse in miniserie tv) il bel Kevin sceglie per sé il ruolo del più veloce pistolero del west. Ma non è il protagonista assoluto, dividendo lo schermo con star come Sienna Miller, Sam Worthington, Luke Wilson e Giovanni Ribisi, forse in futuro uno degli antagonisti principali della storia. Che dispensa chiacchiere e proiettili, tra splendide immagini, battute epiche e sparatorie cowboy contro indiani in vecchio stile.

A voler azzardare un paragone un po’ forzato, Horizon – An American Saga – Capitolo 1 sarebbe il Salvate il Soldato Ryan di Kevin Costner: cinematograficamente magnifico nella forma, e allo stesso tempo incredibilmente retorico nei contenuti; capace di regalare un incipit da urlo nei primi 45 minuti, per poi rallentare e perdersi per strada, nonostante il fortissimo senso di déjà-vu. Inutile sorprendersi, poiché la quarta fatica da regista del volto di capolavori indimenticabili come Gli Intoccabili, JFK e Balla coi Lupi (e di altre pellicole molto più dimenticabili, soprattutto dietro alla macchina da presa) è un’apoteosi hollywoodiana in tutto e per tutto, nel bene quanto nel male. Battute epiche che trasudano autocompiacimento, insegnamenti morali di facile comprensione, arguzie di coppia con tanto di musica da commedia romantica in sottofondo, equamente alternate a duelli e sparatorie cowboy contro indiani in vecchio stile.

Siamo lontani anni luce dalla complessità di trame, personaggi e argomenti di perle del genere western più recente e meno pretenzioso, come l’ottimo Hostiles di Scott Cooper, ma anche lo stesso Balla Coi Lupi del 1990. Anzi, l’esordio di Costner alla regia, capace di portare a casa sette meritatissimi Oscar e tre Golden Globes (tra cui miglior film, sceneggiatura, regia e fotografia) aveva dalla sua la capacità di coniugare il fascino della frontiera alla John Ford con il pensiero rivoluzionario del versante crepuscolare anni ‘70 di film come Soldato Blu o Piccolo Grande Uomo. Stavolta, invece, è proprio sul piano del messaggio che la star californiana lascia più che perplessi: in un generico e semplicistico inno alla non-violenza, Horizon prova a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, concentrandosi sull’esaltazione del mito del Far West in salsa american dream. I padri colonizzatori sono tutti poveri reietti in cerca di rivalsa (o legittima vendetta), l’esercito in giubba blu agisce soltanto per servire e proteggere, e l’unico indiano buono è quello che spinge per la coabitazione pacifica e non quello che, pur con la brutalità dell’esasperazione, difende ciò che è suo o che non è di nessuno.

Fortunatamente non c’è solo questo, anzi. Di carne al fuoco Costner ne mette tanta, tantissima, al punto che poi gli serve quasi un’ora e mezza (sulle tre complessive di questo primo capitolo) per cominciare almeno a unire tutti i puntini. Di certo non gli mancano il tempo o i mezzi per farlo: nei piani dell’attore 69enne, stavolta anche regista, sceneggiatore e produttore, la vicenda dovrebbe svilupparsi addirittura in quattro capitoli, tutti della durata di 180 minuti circa, da spezzettare eventualmente poi in miniserie televisiva dopo l’esordio nelle sale. In effetti, fin qui, l’epopea costneriana sembra fortemente influenzata dal format seriale per il piccolo schermo, affannandosi ad ammucchiare facce, dialoghi, trame e sottotrame da sceneggiato che poco hanno a che vedere col prodotto cinematografico, e finendo talvolta inevitabilmente per “annacquare il whiskey”, per dirla alla maniera dei suoi personaggi.

Ma Costner non è l’ultimo arrivato, e si vede, eccome. Da buon vecchio volpone della macchina da presa, in qualche modo riesce comunque a non annoiare (quasi) mai, costruendo un universo che, come da regola del binge watching, allo scorrere dei titoli di coda lascia la voglia di saperne di più, o di averne ancora un po’, perlomeno per capire dove voglia andare a parare e con quali margini di miglioramento. Forse anche per questo, in un lontano Ovest in cui chiacchiere e proiettili volano quasi in egual misura, il suo deus ex machina decide di non ritagliare per sé il ruolo più appariscente: nei panni del burbero pistolero più veloce del West, è ovviamente uno degli eroi della storia, ma non il protagonista assoluto (per ora) e anzi, forse l’unico main character della pellicola ad agire più di quanto parli. E non è che ne abbia bisogno, visto che il carisma con cappellone e pistola è rimasto quello dei tempi belli, ed è comunque un punto di partenza più che sufficiente.

A tenere in piedi con lui questa ambiziosa cattedrale nella prateria pensa poi un resto del cast non troppo appariscente ma validissimo, che annovera tra le sue fila l’usato garantito di nomi come Sienna Miller, Sam Worthington, Luke Wilson, Michael Rooker, Jena Malone, Abbey Lee e Giovanni Ribisi, quest’ultimo presentato solo di sfuggita ma destinato a diventare uno degli antagonisti principali della saga, forse a cominciare proprio dal capitolo 2, previsto nelle sale da metà agosto. La pista è lunga, la carovana è in marcia: riuscirà ancora una volta il vecchio cowboy a portarla a destinazione?

Horizon – An American Saga – Capitolo 1 di Kevin Costner, con Kevin Costner, Sienna Miller, Sam Worthington, Luke Wilson, Michael Rooker, Jena Malone, Abbey Lee, Giovanni Ribisi, Danny Houston, Michael Angarano, Jamie Campbell Bower

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