Quale migliore occasione di un matrimonio per darsi appuntamento? Le forze ancestrali lo sanno bene: Amore, Morte, Discordia adorano questi momenti umani per incontrarsi e sparigliare destini. Non è l’Olimpo, ma la una corte di un indefinito deserto; non è Edipo ma Tsongor. Ma il valore della parola data, che cambia la sorte, è ancora una potentissima magia, e l’epica, che Gaudé chiama a banchetto, è potente, vendicativa, smagliante. E sorprendente.
Massaba è una reggia nel deserto. Si erge, maestosa, come un miraggio che ondeggia nel calore della sabbia. Di quale deserto si tratti, poco importa. La geografia della vicenda, così come le sue coordinate temporali, sono rimesse alla fantasia del lettore. Basti sapere che a Massaba non è una giornata qualsiasi. Il palazzo reale e la città intera sono in fermento: Samilia, la bella figlia di re Tsongor, è stata promessa a Kuame, il principe delle Terre del Sale, e le nozze sono alle porte. I doni destinati alla sposa si accumulano per le strade e per le piazze, l’abbondanza sembra sgorgare da ogni angolo di quella città in festa.
Eppure, su Massaba incombe un cattivo presagio. Lo sa bene l’alto e fiero Katabolonga, fedele consigliere di re Tsongor e ufficiale portatore dello sgabello d’oro. All’alba, mentre è intento a compiere il suo abituale giro di ricognizione attraverso i fastosi saloni del palazzo reale, egli è colto da un presentimento che si trasforma presto in un’ineluttabile consapevolezza: quel giorno dorato che stava cominciando sarebbe stato l’ultimo per re Tsongor.
La Moira, che regola i conti e che si diverte a prendersi gioco degli uomini, si presenta quel mattino alle porte di Massaba, nelle vesti scure di un nomade viandante: si tratta di Sango Kerim che, allevato come un figlio alla corte di re Tsongor, è di ritorno a casa dopo anni di vagabondaggi per onorare un antico patto d’amore che lo lega a Samilia. Egli è deciso a reclamare la mano della principessa e a stravolgere così le imminenti nozze e, se necessario, il destino dell’intera città. Due pretendenti innamorati per una sola principessa. Il pomo della discordia è presto gettato e una guerra spietata e logorante scoppia a Massaba.
Ripubblicato lo scorso ottobre da E/O Edizioni e premiato con il Premio Goncourt des lycéens nel 2002, La morte di re Tsongor di Laurent Gaudé è un avvincente romanzo dal tono epico che riesce a incantare il lettore. L’autore, già vincitore del prestigioso Premio Goncourt nel 2004 con il romanzo Gli Scorta, riesce a costruire una storia dai confini sfumati, come lo sono i contorni di un sogno o di un’antica leggenda raccontata intorno a un samovar. Quello tratteggiato dall’autore è un universo vivido, popolato da esseri fantastici: ci sono gli Striscianti, come Katabolonga, le amazzoni, capeggiate dalla spietata Mazebù, l’esercito dei Cinerini e il solitario cavaliere del fiume, che ha urlato e pianto così tanto da aver perso per sempre la voce. In questo mondo immaginario, sospeso forse tra l’Africa e il Medio Oriente, i personaggi hanno la consistenza delle ombre e sono sospinti da una forza tragica che li governa e che ne definisce il destino.
I temi toccati nel corso della narrazione sono svariati: vengono chiamate in causa le forze ancestrali che scuotono l’animo umano. Eros è uno dei grandi motori che in primo luogo determinano l’innescarsi delle vicende. Segue Thanatos, gemella contraria di Eros, che sin dalle primissime pagine si affaccia inesorabile alle porte di Massaba e prende con sé il re della città. Per Tsongor la morte però è soltanto un velo che lo separa dal mondo dei vivi: di fatto il sovrano continuerà, suo malgrado, ad essere presente alle vicende di Massaba e ad assistere alla sorte che toccherà la sua famiglia.
La Morte è il filo rosso che attraversa tutta la narrazione e mostra il suo volto più crudele e insensato nella guerra che imperversa a Massaba. La furia cieca degli eserciti di Sango Kerim e di Kuame ne dimostra tutta l’irrazionalità della quale è emblematico il riso folle delle Cagne da guerra, la ferocia dell’esercito di Masticatori di qat, la lotta spietata tra i due gemelli Sako e Danga. Eppure, in un certo senso, questa irragionevolezza è una conseguenza della razionalità umana, due volti inseparabili di una medesima natura. La morte, così come la guerra, infatti scaturiscono dalla ferma volontà di rispettare patti e promesse, dal desiderio di mantenere la parola data e salvare l’onore. È un patto di morte e fedeltà quello che lega Tsongor a Katabolonga, così come una promessa d’amore unisce Samilia a Sango Kerim; la parola data, allo stesso modo, intreccia il destino Samilia e quello di Kuame, così come un giuramento tra padre e figlio guiderà il destino errabondo di Suba. Laurent Gaudé costruisce un mondo tanto solido nei valori e nel rispetto dell’onore, quanto folle nella distruzione che è in grado di provocare.
Come nella più classica tradizione epica, così ne La morte di re Tsongor non c’è spazio solamente per la guerra – argomento che comunque risulta ampiamente trattato: anche il tema del viaggio e dell’avventura costituiscono una parte importante del romanzo. In questo caso il protagonista è Suba, il più piccolo tra i figli di re Tsongor, designato dal padre per portare a compimento una difficile missione che lo costringerà ad abbandonare la città natìa per percorrere in lungo e in largo le strade del mondo conosciuto, spingendosi fino ai suoi limiti. Sono particolarmente ben costruiti gli scenari che il giovane Suba attraversa, così come i personaggi che egli incontra lungo il suo cammino: arrivano all’immaginazione del lettore come dei lampi di fantasia, delle fotografie viventi strappate a mondi paralleli. Forse Suba è uno dei pochi personaggi del romanzo che arriva a comprendere, non senza fatica, perseveranza e sacrificio personale, attraverso il suo lungo viaggio, la vera personalità di suo padre, re Tsongor, così come le molte sfaccettature che definiscono l’animo umano.
Non minore attenzione viene riservata dall’autore alla costruzione dei personaggi femminili, di grande importanza per l’economia della trama: innanzitutto la misteriosa e dolce Samilia, che acquisisce forza proprio quando la vita sembra schiacciarla, le donne di Massaba che accompagnano Suba all’inizio del suo viaggio, la potente amazzone Mazebù e la saggia regina di pietra della città di Saramina.
La morte di re Tsongor è un breve romanzo carico di magia che riesce nello stesso tempo ad essere realistico in quanto non si compie in un disegno perfetto: le vicende prendono spesso una piega inaspettata, che sorprende sia il lettore che gli stessi personaggi.