Furono tanti i musicisti ebrei finiti nei campi di concentramento o costretti a fuggire. Erwin Schulhoff e Hanns Eisler non fecero eccezione. La loro musica, eseguita dall’Orchestra Verdi diretta da Timothy Brock, si potrà ascoltare all’Auditorium domani sera. Per godere ma anche per non dimenticare
Hanns Eisler, Erwin Schulhoff: entrambi compositori, entrambi ebrei (tedesco il primo, ceco il secondo), entrambi perseguitati e, purtroppo, entrambi sconosciuti ai più. È il destino di molti artisti anche talentuosi (come i nostri due) vissuti all’epoca delle leggi razziali.
Meritoria dunque l’iniziativa dell’Orchestra Verdi che, in occasione della Giornata della Memoria, nel programma dei concerti del 24, 25, 27 gennaio (diretti da Timothy Brock all’Auditorium) associa i due musicisti ai giganti Wagner e Beethoven.
Erwin Schulhoff (1894 – 1942) venne indirizzato alla carriera musicale alla tenera età di 7 anni grazie alla raccomandazione di Antonín Dvořák, e fu presto riconosciuto come bambino prodigio. Compì studi di composizione e pianoforte e divenne ben presto celebre vincendo premi e concorsi importanti in entrambi i ruoli. Se i suoi primi modelli furono gli ultimi grandi romantici (Schumann, Brahms), già nel 1906 rimase folgorato dalla moderna Salomè straussiana e tra il 1908 e il 1910, dopo aver studiato con Reger a Lipsia, perfezionò il proprio linguaggio musicale. I suoi orizzonti si aprirono anche al mondo modale tipico della musica francese quando, nel 1913, prese alcune lezioni da Debussy. Dopo aver accumulato un bagaglio di conoscenze tanto ampio non può sorprendere la libertà con cui egli si avvicinò alla composizione, lasciandosi affascinare e ispirare da diversi linguaggi e inserendoli nella propria opera, in un catalogo di brani che appare oggi vario e colorato, come una teca di esotiche farfalle.
Schulhoff si trovò al centro della scena culturale tedesca negli anni Venti ed entrò in contatto con la Seconda Scuola di Vienna e con quella degli artisti dadaisti berlinesi, incappando in un conflitto di estetiche che lo spingerà a trovare una propria via, dopo aver composto opere vicine a entrambe le correnti.
Al pittore George Grosz, che gli fece conoscere i primi dischi di jazz americano, dedicò le Fünf Pittoresken op. 31, che mostrano l’influsso che quelle incisioni ebbero sulla sua musica. Con la Sinfonia n. 2 tornò a guardare alla tradizione con meno astio e concepì pagine velate da uno spirito e una chiarezza quasi neo-classiche. Particolarmente curioso appare oggi il terzo movimento, un foxtrot dal colore blues, inserito in un contesto sinfonico dal profilo generalmente più accademico: una breve sinfonia che mostra un interesse spiccato per l’intricata elaborazione tematica, frutto di una mano capace e matura.
A causa delle sue origini ebraiche, Schulhoff a partire dagli anni Trenta si vide sempre più ostacolato nella produzione della propria musica e, non riuscendo a trovare altra fonte di guadagno che sporadiche apparizioni alla radio come pianista jazz, cadde in ristrettezze economiche sempre maggiori. Nel 1941 venne deportato a Wülzburg, in Baviera, dove morì l’anno seguente.
Così come Schulhoff si convertì, poco a poco, a un linguaggio più comprensibile e che potesse rivolgersi ad un pubblico maggiore di quello che si dedicava all’ascolto dell’avanguardia, anche Hanns Eisler (1898 – 1962), dopo aver studiato per quattro anni con Arnold Schöenberg e averne assimilato almeno in parte la poetica, giunse a comporre una musica più tradizionale e allo stesso tempo meno elitaria. Intorno alla metà degli anni Venti intraprese un percorso di semplificazione del proprio “linguaggio” in linea con le proprie idee politiche ma che gli costò l’amicizia del maestro. A partire dal 1933 la sua musica fu bandita dalla Germania e per lui iniziarono lunghi anni di esilio passati in giro per l’Europa e l’America, dove si impegnò, attraverso la musica, a svolgere un’azione di propaganda antifascista.
Dopo aver voltato le spalle alla musica dodecafonica, avulsa, secondo lui, dalla difficile realtà storica che lo circondava, si dedicò alla composizione di canzoni e marce che divennero celebri tra i gruppi politici di sinistra in Europa – Roter Wedding, Der heimliche Aufmarsch, Stempellied, Kominternlied, Solidaritätslied e Einheitsfrontlied sono classici del movimento socialista. Nella sua lunga carriera intrattenne una fruttuosa collaborazione con Bertold Brecht che portò alla nascita di grandi opere come Die Massnahme, Die Mutter, Galileo. Niemandsland è una breve suite per orchestra tratta dall’omonimo film del 1931 diretto da Victor Trivas, il secondo che il compositore si ritrovò a musicare. In queste pagine si sente il gusto modale e politonale di certa musica di genere di Shostakovich. Un’orchestrazione ironica e sfacciata mette in risalto i diversi colori della colonna sonora, contribuendo a dare vita alle immagini della pellicola.
Immagine di copertina © Paolo Dalprato