Il non breve “The Beast” di Bertrand Bonello è in anticipo sui tempi, come lo erano le pellicole di Antonioni. Racconta il ripetersi, in tre fasi e circostanze lontane, dal 1910 al 2044, di un incontro: quello tra l’ottima Lea Seydoux, pianista eccelsa, e George McKay, predestinato ad essere un amore mai del tutto raggiunto. Questo strano connubio tra fantasy e melodramma, che contiene in sè un potente meccanismo di introspezione psicologica, si presenta come un testimone del mistero del futuro. E al cinema non c’è niente di più affascinante di un allarme che ancora non capiamo del tutto
Ci sono film che a volte arrivano in anticipo sui tempi, nel senso del comune senso del pensare, dell’intuire, del sentire: del resto è impossibile capire sempre tutto e subito, si può essere anche diacronici sia di cuore che di testa, come è successo con Antonioni ai tempi della sua presunta “incomunicabilità”, autore che viene in mente vedendo questo The Beast, straordinario viaggio nel tempo. E la bravissima Léa Seydoux con quello sguardo perso nel passato e nel futuro (il presente è solo un’illusione), che vediamo perdersi in tre vite e tre epoche, a questo punto ci fa pensare a volte alla cara Monica Vitti, mentre l’idea di affittare narrativamente una figura femminile per farla attraversare a nome di tutti spazio e tempo richiama anche il nuovo Sorrentino di Parthenope, anche se in modi diversissimi.
Ufficialmente, il tema del faticoso ma vitaminico film del talentuoso Bertrand Bonello (girò la vita di Saint-Laurent e prima Il pornografo, ora su Prime Video) è l’arrivo dell’intelligenza artificiale. “La bestia”, The Beast, che si ispira nel titolo anche a un romanzo di Henry James nella giungla, racconta tre epoche nella vita di Lèa, pianista eccelsa: prima nel 1910, alle prese con la dodecafonia di Schonberg, poi nel 2014 parlando della Butterfly, infine nel 2044, coccolata da una bambola, con una voce artificiale, in preda a strumenti meccanici, come aveva previsto Fellini nel suo magnifico Casanova. Il destino di questa donna, che finisce con un grido di aiuto e di infelicità, inascoltato come quello dell’Anima buona di Sezuan, è di redimersi, di espiare le emozioni e le passioni precedenti, ora che abbiamo la A.I. Ma il melò (strano connubio, fantasy e melodramma) vuole che incontri sempre lo stesso uomo predestinato ad essere un amore mai completamente raggiunto, quindi simbolo dell’impossibilità di coronare il desiderio, interpretato da un perplesso George McKay, che correva nell’unico piano sequenza di 1917 di Sam Mendes.
Il film di Bonello è lungo (2 ore e 40’), a volte inutilmente, ed anche misterioso in alcuni passaggi, ma regala momenti di commozione e di luminosità intellettuale ed emotiva proprio pensando al destino comune di un’epoca mai stata così tanto in transizione verso qualcosa di ignoto. Il film, che accavalla spazio e tempo, musiche (importantissime, le pesanti e le leggere, come in un juke box del tempo) e toilettes, strade e catastrofi (la Senna che copre Parigi) è soprattutto l’angosciosa premonizione di un evento che ci travolgerà: l’annuncio dell’arrivo dell’intelligenza artificiale che parlerà per noi, cancellerà tutte le emozioni per dare la precedenza agli algoritmi, alla voce metallica che viene da un congegno e non dall’anima o dalla coscienza. Intanto seguiamo le costanti dell’incontro fatale e impossibile con l’uomo del desiderio infranto, finendo, per dirla con Handke, in un’infelicità senza desideri.
Film bello proprio nel suo irrisolto mistero, nei suoi lunghi sguardi rivolti al pubblico, debitore dell’amor fou della nouvelle vague di Truffaut, mentre il fantasy diventa un potente meccanismo di introspezione psicologico: ma sentiamo che The beast ci farà in futuro da testimone, ha dentro, con pause e sguardi, il mistero del futuro che non sempre coincide con il progresso, che a sua volta non ci è sempre amico. E al cinema non c’è niente di più affascinante di un allarme che non riusciamo a capire del tutto, la seduzione dell’imprevisto, tornando a un’emozione che forse non è compresa nel listino dell’intelligenza artificiale.
The Beast, di Bertrand Bonello con Léa Seydoux, George MacKay, Guslagie Malanga, Dasha Nekrasova, Martin Scali, Elina Lowensohn, Philippe Katherine, Parker Henry, Tiffany Hofstetter, Jiselle Henderkott