In senso largo. La cantante inglese (che in realtà di anni ne ha 33) mai come in questo disco si mette a nudo. Un diario intimo tanto sincero da apparire spiazzante. I testi parlano senza filtri del matrimonio andato male, del dolore per la perdita, del senso di vergogna e di inadeguatezza nei confronti del figlio. Ma la loro forza espressiva rimanda a grandi interpreti come Joni Mitchell o Amy Winehouse
La tradizione lo dice chiaro, per Natale devono uscire i dischi importanti, quelli che vendono e che danno una boccata di ossigeno all’industria musicale. E per il 2021 il “dominus” è sicuramente il nuovo, quinto, album di Adele.
Album atteso (il precedente è del 2016) anche perché la cantante inglese ha impostato da subito un discorso quasi personale con chi la ascolta: ogni LP porta come titolo la sua età (in realtà per essere precisi l’età all’inizio della lavorazione del disco) ed è sempre un racconto diretto, emozionante, sincero del suo “stato”: e in questi anni Adele è diventata mamma, ma soprattutto ha affrontato un matrimonio e un divorzio lacerante, soprattutto per lei figlia di un padre sparito dalla scene quando era bambina e recuperato solo alla fine, dato che se ne è andato dalla vita terrena da poco. E inoltre dopo il divorzio Adele ha perso 45 chili, raggiungendo una forma non immaginabile qualche tempo fa.
Può un disco “dominus” essere anche un diario intimo, emozionante, quasi imbarazzante per la sua trasparente sincerità? La risposta è si. 30 è un disco per lo più lento, e che suona classico fin dal primo ascolto grazie alla sua voce, che fa diventare standard anche canzoni nuove.
La struttura dei brani è spesso simile: un intro di piano o comunque acustica, poi la sua voce sola e a seguire altri strumenti. Ma c’è sempre qualcosa che ti fa restare lì ad ascoltare la sua storia, forse semplicemente perché è anche la nostra.
La sincerità, dicevamo: ascoltandola mettersi a nudo nei testi che parlano senza filtri del matrimonio andato male, del dolore della perdita, del senso di vergogna e di inadeguatezza nei confronti del figlio viene in mente la forza espressiva di altre grandi donne della musica capaci di essere altrettanto sincere e dirette: in primis Joni Mitchell e i suoi racconti trasparenti, ma anche la rabbia di Alanis Morrisette e la dolce malinconia vintage di Amy Winehouse, che musicalmente è quella più vicina ad Adele.
Ascoltando l’album mi è anche venuto un parallelo con Mina: parlo della fase “in scena” della grande cantante italiana, quando negli anni 60 e 70 era al centro dell’attenzione del mondo e pagò pesantemente per le sue scelte personali (un figlio da un uomo sposato) fino a sfinirsi e a preparare il suo addio alle scene live e televisive.
Adele vive in un momento diverso e ha più forza della Mina di allora, e può permettersi di svelare al mondo tutta se stessa senza paura di essere messa alla berlina. Ma certe parole cantate con quella interpretazione mi hanno fatto pensare a quella donna che negli anni sessanta lottava per difendere se stessa e la sua vita. E poi le voci: diverse, ma entrambe capaci di vette clamorose e di una potenza espressiva semplice, incredibile, come dimostrato dal video che Adele ha registrato in casa, seduta in salotto a cantare To be loved, brano del disco.
L’album è ricco di cose, di autori, di suoni per lo più acustici e jazz, con qualche episodio più mosso (Can I get it), brani da autocoscienza (My Little love, con la voce del figlio e suo monologo finale) e singoli già diventati successi planetari: il primo è stato Easy on me, che si potrebbe tradurre come “Gentile con me”. Pezzo dedicato alla sua rinascita dopo il divorzio e che è accompagnato da un video diretto da Xavier Dolan (regista canadese autore di film capolavoro come Lawrence Anyways e Mommy) e che riprende la storia cominciata con un altro singolo Hello, il cui video era sempre a cura di Dolan.
Musicalmente parlando il disco è fatto di voce e suoni “di legno”, nel senso più nobile e caldo del termine. Tanto soul, ovvero la “casa” sonora di elezione della cantante. È incredibile pensare che nel 2021 un disco così suonato analogicamente e così privo di filtri ( sonori e mentali) possa andare in testa a tutte le classifiche, streaming compreso. Ma quando senti brani come Love Is a game che chiude tutto con tanta anima, beh sei contento che nelle charts e nelle radio stia andando.
L’album è bello, morbido e commovente. Forse dopo gli ultimi due anni siamo tutti un po’ più sensibili alla vita e alle sue incrinature e quindi sentire canzoni che ti scavano dentro colpisce di più. La voce di Adele ti prende e ti fa pensare a quello che hai dentro. Poi sta a ognuno scegliere quanto andare a fondo. Buon ascolto, e non abbiate paura di piangere, che fa bene certe volte.
Foto di copertina di Simon Emmett