“Why the Devil Must Have All the Good Tunes?” è una partitura scritta dal compositore americano John Adams per la giovane pianista cinese, che in questo cd la interpreta con tocco brillante e coinvolgente. A dirigere la Los Angeles Philarmonic un Gustavo Dudamel abilissimo nel mescolare linguaggi musicali diversi
Per chi ancora non lo conoscesse, John Adams è uno dei compositori americani più famosi attualmente in circolazione. Yuja Wang, per parte sua, una delle pianiste più controverse. Nell’autunno del 2020 la Deutsche Grammophon ha pubblicato l’album Why the Devil Must Have All the Good Tunes? in cui Gustavo Dudamel dirige uno degli ultimi lavori scritti da Adams, un concerto per pianoforte pensato e costruito appositamente per la intrepida virtuosa della tastiera. L’accoglienza è stata favorevole fin da subito, entusiastica perfino, con recensioni positive provenienti un po’ da ogni dove.
Ma la pubblicazione di questo CD è soltanto la fine di una storia iniziata nel 2018 e di cui oggi possiamo godere i frutti, senza dubbio tra i più gustosi del difficile anno che si è appena concluso. Infatti la data di composizione del concerto (niente meno che una commissione della Los Angeles Philarmonic) anticipa di due anni quella della pubblicazione dell’album. Dopo una prima rappresentazione, una seconda esecuzione venne programmata per il 2019 nella Walt Disney Concert Hall, quando venne registrato dal vivo. Infine, lo scorso autunno è uscita l’incisione, dando la possibilità a tutto il mondo di ascoltarlo.
Il primo movimento – Gritty, Funky, But in strict Tempo – è una forza della natura. Adams è conosciuto soprattutto per la sua abilità (tipicamente americana, verrebbe da dire) di mescolare e mettere insieme linguaggi musicali diversi e questo movimento ne è uno straordinario esempio. Il pianoforte attacca con la parafrasi di un riff di blues del Texas alla Dr. John o Henry Mancini sicuramente memorabile, lasciando intendere il tono sul quale si dispiegherà l’intero movimento. Ma le suggestioni non arrivano soltanto dalla musica popolare o leggera: in queste prime pagine risuona il neoclassicismo di Stravinsky, il suo concerto per pianoforte o il Capriccio per pianoforte e orchestra, così come echi della modalità bartókiana.
Per quanto l’opera figuri come un concerto per pianoforte, se volessimo attenerci alle diciture tradizionali potremmo meglio considerarla una sinfonia concertante. Il solismo dello strumento raramente prende il primo piano, sebbene la sua scrittura sia a tratti sorprendentemente difficile. Una scrittura brillante e virtuosistica che si mescola e si confonde morbidamente con il resto dell’orchestra. Una scrittura cucita su misura per Yuja Wang, la pianista cinese che ha creato tanto scalpore tra i musicofili più bigotti. La tecnica strabiliante della Wang la rende l’esecutrice ideale per un repertorio in cui l’aspetto meccanico della condotta ritmica ha una parte cosi significativa. Il pianoforte risponde alle sue dita e la si vede saltare sullo sgabello tale è l’intensità della sua interpretazione.
Sul podio sta Gustavo Dudamel, direttore capace di leggere questa partitura in profondità, interiorizzarla e restituirne un’esecuzione coesa e intelligente. La sapiente scrittura musicale di Adams, visibile tanto nell’orchestrazione colorata e pirotecnica quanto nella condotta formale e drammaturgica, fa sì che l’ascoltatore non si perda mai nell’ascolto, ma lo segua quasi come si segue un film. Il primo movimento è seguito da altri due, seguendo lo schema tradizionale tripartito di veloce – lento – veloce. Lo stile in questi rimane lo stesso del primo, proseguendo l’atmosfera neoclassica, con gli echi di una tonalità presa alla… leggera, ritmi sghembi e accenti storti. Yuja Wang chiude l’album con una incisione di China Gates, un brano del primo stile “minimalista” di Adams (scritto nel 1977) dai toni rilassanti e cullanti, tipici di una certa deriva di questa estetica.
Tre musicisti che riuniti hanno avuto la possibilità di incidere un album assolutamente frizzante e coinvolgente, per altro di un repertorio contemporaneo solitamente poco frequentato. Un ottimo modo per concludere gli ascolti del 2020, uno spazio alla musica contemporanea dato da una grande etichetta con altrettanti grandi interpreti.